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Aldino, il tuo spirito correrà domenica sulle strade della "Diecimiglia del Garda" PDF Stampa E-mail
Lunedì 31 Luglio 2017 17:00

 

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Insegnava; scriveva, tanto e bene, articoli per riviste, libri per tramandare la storia dello sport toscano; faceva del bene assistendo chi soffriva e aveva bisogno d'aiuto, non era Papa ma un precursore di Jorge Mario Bergoglio, venuto dalla Pampa argentina, nella concreta applicazione del Vangelo. Neppure suo fratello Alessandro, che pur di mestiere custodisce i Sacramenti e li celebra ogni giorno, aveva il passepartout del suo animo. Collezionava, grande esperto di fumetti, raccolta completa e originale di Tex, ma anche tutti gli altri "classici" delle strisce; una invidiabile raccolta di libri storici e artistici su Firenze, il suo guscio che amava e odiava per la deformazione che subiva giorno dopo giorno. Il nucleo familiare all'Isolotto, rione nato dal progetto INA Casa e inaugurato dal sindaco Giorgio La Pira nel 1954. Aldo era ironico, talvolta sarcastico,  al punto da far girare i cabasisi, un "maledetto toscano" per dirla con il signor Curzio. Correva, pedalava durante la settimana, faceva esercizi fisici ogni santa mattina, prima di una colazione come si deve, poi mangiava, anzi si alimentava come diceva lui, come un passerotto. La corsa: per se stesso, non ha mai preso parte ad una camminata a pagamento, non per tirchieria ma per precisa scelta.

Di Aldo Capanni, lui sì, proprio lui, si potrebbero enumerare tanti altri "profili" della personalità e dell' opera. Ci fermiamo sullo sport, che già da solo costituisce un tomo molto voluminoso. Insegnante di educazione fisica, in seguito tecnico di atletica leggera, con una spiccata vocazione allo studio, all'approfondimento, alla divulgazione. Dà vita, con pochi altri, al Centro Studi A.S.S.I. Giglio Rosso di Firenze, ci mette anima e corpo, e anche quattrini, per acquisire libri e riviste da tutto il mondo, per stampare una rivista tecnica, a ciclostile  prima  a stampa poi...e infine defunta, après moi le déluge. Si butta a capofitto nella storia e nella ricerca. Pubblica opere sportive nuove, complete, con l'aiuto dell'amico Piero Massai, ex atleta, allenatore, responsabile tecnico federale per i giovani, funzionario alla Amministrazione provinciale di Firenze dove c'è una signora Assessore allo sport che conosce il significato del sostantivo "cultura": Elisabetta Del Lungo. Anni di rigorose ricerche alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, in Piazza dei Cavalleggeri, a un soffio d'aria da quel gioiello architettonico che è Santa Croce. Biblioteca che fu una delle mete preferite di Bruno Bonomelli, che finiva sempre a farsi rimbrottare per il suo vocione pavarottiano. Aldo è il motore instancabile di queste ricerche, pur se altri vi partecipano. Atletica, ciclismo, pallacanestro, pallavolo, calcio, il progetto era una storia completa dello sport fiorentino. Poi sconfina anche in altre terre toscane, per analoghe ricerche. Con l'amico Paolo Allegretti mette in cantiere il Museo del Basket, a Lucca, una incompiuta.

Poi, un giorno, passa sulla Autostrada del Sole un rompiscatole, si trovano all' autogrill di Firenze Nord; il subdolo figuro gli parla di un progetto: un gruppo di amici che si dedichino alla storia dell'atletica italiana per proseguire il lavoro di BiBis il quale aveva sempre rifiutato di mettere ordine nelle sue ricerche , e diede in pasto  ad una atletica che non lo meritava solamente un paio di libri sulla corsa campestre e, negli anni '40 - sul finire - e '50 - la prima metà - delle chicche statistiche che nessuno, dicesi nessuno, ha neppure eguagliato. "Avremo solamente delusioni e amarezze" fu il tagliente commento,  ma sapeva bene quello che diceva. Comunque, in quel momento, nacque l'Archivio Storico dell' Atletica Italiana, che in seguito si chiamerà A.S.A.I. Bruno Bonomelli. Di quella banda di scapestrati illusi fu il primo segretario ininterrottamente fino a quando..., appunto, fino a quando...

Ci ha raccontato un amico che fu raggiunto dalla telefonata di don Alessandro mentre stava scendendo le scale della Library del British Museum, a Londra. "Aldo non ce l' ha fatta", erano i primi giorni di gennaio del 2007. Aldino, per gli amici, si era sentito male durante una conferenza sullo sport in una cittadina sui colli di Lucca. Diagnosi feroce, ferri del chirurgo, una lotta durata pochi mesi. Per dire chi era Aldo Capanni: pur con quella brutta bestia addosso, aveva chiuso la contabilità dell'A.S.A.I., aveva lasciato tutto in ordine, intransigente fino alla fine, verso se stesso e verso gli altri. Un gigante fra i pigmei.

Nella Assemblea annuale dopo poche settimane, Elio Forti, socio, organizzatore di una gara podistica che ha avuto davvero momenti di gloria, propose di ricordare Aldo intitolandogli il trofeo per i primi tre classificati della "Diecimiglia del Garda". 2017, son dieci anni che Aldo ci ha salutato, ma a Navazzo, domenica prossima, gli amici del GS Montegargnano e dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli" lo ricorderanno ancora, non senza commozione. Cosa sia la "Diecimiglia del Garda", soprattutto cosa sia stata in anni ormai consegnati al libro dei ricordi, lo potete leggere da soli, se ne avete voglia, andando su questo indirizzo https://www.diecimigliadelgarda.net/.

Noi ricorderemo Aldino con la pubblicazione, a partire dai prossimi giorni e fino alla fine dell'anno, di alcuni suoi scritti, ripresi da quel "Di tutto un po'", libro che egli si dedicò in occasione dei suoi cinquantanni. Abbiamo proposto a don Alessandro questa iniziativa che ha avuto la sua "benedizione", urbi et orbi.

Codicillo: se qualcuno dei nostri soci che vivono nel Lombardo Veneto, ma non solo, volessero salire domenica a Navazzo, lago di Garda, sarebbe un bel gesto. Noi ve lo abbiamo detto, voi fate come volete.

Le foto a corredo: i tre trofei messi in palio dall' A.S.A.I. Bruno Bonomelli e la copertina del programma della "Diecimiglia del Garda".

Ultimo aggiornamento Martedì 01 Agosto 2017 11:19
 
Una frase di Bruno Munari: complicare è facile, semplificare è difficile PDF Stampa E-mail
Giovedì 27 Luglio 2017 16:00

 

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Abbiamo scelto come titolo una frase di un grandissimo artista come Bruno Munari e la dedichiamo all'amico che ci affianca in questa bella avventura. Quello che vedete riprodotto è l'elegante segno grafico, uscito dalla fantasia di Roberto Scolari, che accompagnerà d'ora in poi gli organizzatori del progetto "Sognando Olympia", una iniziativa nata lo scorso anno e che ha coinvolto organizzatori, atleti, amministrazioni comunali, di una ampia zona del lago di Garda, ma non solo. Dio ci guardi e scampi dal ripetere una volta di più come, perchè, quando, chi fu l'ostetrica che aiutò il parto, chi ne fa parte, cosa vuol essere, e via salmodiando. La novità è questo logo che da ora in poi farà da marchio indelebile alle molteplici iniziative che entreranno in questo contenitore. Tempo fa avevamo dato in pasto le quattro proposte grafiche di Roberto, abbiamo seguito la "moda" di fare una specie di sondaggio, la "base" va ascoltata dicono in questa democrazia acciaccata e basata solo su finzioni che chiamano (imbroglioni) reality, e infine, fedeli alle poco meditate letture del visconte di Tocqueville, del barone di Montesquieu, e di tutti gli eredi della tradizione democratica che sta andando a farsi catafottere, ci siamo inchinati (alcuni con musi lunghi, normale, oggi se non la pensi come me minimo ti insulto) alla volontà della maggioranza, abbiamo deciso nel rispetto dell'opzione che ha raccolto più consensi. Amen.

Il segno grafico è bello, elegante, "pulito", accattivante. Sia lode e merito all'autore: Roberto Scolari. Post scriptum: Roby, cosa avrebbe detto il Maestro Martino Gerevini? Noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, tu meglio degli altri, ci siamo chiesti: che materiale avrebbe usato per "Sognando Olympia"? Carta? Vecchi caratteri di stampa? Plastica? Lattine usate? Lui, grande amico, ricambiato, di Munari, era il massimo interprete della semplificazione. Un "bravo" te lo avrebbe detto, non credi?

Ultimo aggiornamento Giovedì 27 Luglio 2017 17:58
 
Nasce a Madrid il campionato spagnolo di campo a través: era il 6 febbraio 1916 PDF Stampa E-mail
Lunedì 24 Luglio 2017 09:00

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Pubblichiamo la seconda, e per noi conclusiva, parte della ricerca di Ignacio Mansilla sulla nascita della corsa (cui era dedicata la prima parte, pubblicata il 15 luglio) e della corsa campestre in Spagna. Qui di seguito, potete leggere, con un po' di attenzione e pazienza, in castellano, la storia del primo campionato di cross e di altre gare della epoca, la seconda decade del XX Secolo. Due notazioni: portarono a termine quella prima edizione 49 corridori, niente male, e il successo fu ampiamente illustrato da atleti catalani, oltre al vincitore, Pedro Prat, secondo fu José Erra, quarto Adrían Garcia e quinto Rosendo Calvet. Non stupisce, soprattutto avendo letto il piccolo ma significativo libro di Alberto Maluquer "Carreras a pié", pubblicato a Barcellona nel luglio del 1916 da "La Biblioteca Los Sports" (copia di questa rara pubblicazione è disponibile presso la Biblioteca internazionale dell'atletica, a Navazzo di Gargnano, www.collezioneottaviocastellini.com). Scrive Maluquer:"El mayor éxito pedestre para Cataluña fué el Campeonato de España corrído en Madrid...". Con quei risultati individuali Cataluña trionfò nettamente nella classifica a punti per la Coppa Rodríguez Arzuaga.

E nella nostra allungata penisola cosa avveniva pedestremente chiacchierando? Facciamo raccontare da Bruno Bonomelli attingendo dal suo (edi Emanuele Carli prima e di Enrico Arcelli dopo) "Corsa Campestre, scuola di campioni" (due edizioni: 1966 e 1974), nel quale, a pagina 26, ci informa:"Il Regolamento tecnico federale varato dalla Federazione Podistica Italiana, allora sotto la presidenza dell'on. prof. Attilio Brunialti, all'art. 65 comma f), sotto il titolo «Campionati Italiani», recita infatti che sarà organizzato stabilmente a Roma un campionato di 12 km corsa ad ostacoli (cross country). Sennonchè i dirigenti atletici del tempo decidono di varare il primo campionato italiano di una specialità chiaramente invernale, in piena calura, e precisamente il 6 giugno del 1908. A loro scusante aggiungeremo che tale competizione faceva parte integrante del programma dei campionati italiani delle specialità podistiche, che ebbero appunto luogo a Roma dal 31 maggio al 6 giugno 1908. Le colline verdeggianti dell'Acqua Acetosa e dei Parioli videro però in azione solamente quattro concorrenti, di cui uno - Brunner - si ritirò. Il percorso era di 14 chilometri. Vinse il notissimo corridore romano, allora 23enne, Pericle Pagliani, della Società Podistica Lazio, in 49:12. Secondo fu Mario Semiani, della Sempre Avanti Cavaria, e terzo il fiorentino Olinto Bitetti".

Per ora niente altro, se non un ringraziamento all'amico spagnolo. Gracias Ignacio!

Nelle due foto a corredo: a sinistra, Pedro Prat, primo campione di Spagna di corsa campestre; nell'altra, una immagine affascinante della "carriera a pié", probabilmente la prima della quale si ha notizia, celebrata il 9 dicembre 1898 a Barcellona, organizzata dal professor Jaime Vila, del Ginnasio Tolosa, il quale preparava i suoi alunni anche attraverso la corsa. Si corse su circa 14 km dalla sede del Ginnasio, sito in Calle del Duque de la Victoria fino la Barrio de Sarriá. Partirono alle 5 del mattino. Narra Alberto Maluquer che i partecipanti, una volta arrivati e fatta colazione, ripartirono per una escursione in...bicicletta! In pratica era nato il Duathlon!

 

A lo largo del primer capítulo hemos visto como lo que durante el siglo XIX era una actividad espóradica fruto de las apuestas entre particulares poco a poco y con la extensión de la práctica deportiva en España fue derivando en competiciones reglamentadas y con un creciente número de participantes. Así, el Campeonato de España de campo a través surgiría con motivo de la rivalidad entre los corredores de Cataluña y Madrid, principales centros de la actividad pedestrística en nuestro país, y especialmente entre las dos grandes figuras de aquella época incipiente para nuestro atletismo, el catalán Pedro Prat y el madrileño Emilio González.

Prat, que llegaría a poseer todas las plusmarcas españolas desde 800 metros a maratón, había nacido en 1891 y era un modesto repartidor de leche. Comenzó a darse a conocer en 1911 cuando contaba 20 años de edad. Con una talla de 1,80 metros y 85 kilos de peso parecía destinado a otras especialides más explosivas o de fuerza; sin embargo, a comienzos de ese año se publica una carta suya en la que invita a Boix y a Túnica a correr conjuntamente un maratón, cosa que sucede en marzo, mientras que en septiembre Boix vuelve a retar a Prat a correr un kilómetro o una vuelta al Parque, pero su oponente no acepta el desafío. Luego en 1912 constituiría junto a Albert Charlot, uno de los pioneros de la marcha en nuestro país (en 1922 se proclamaría primer campeón de España de marcha en ruta), y Joan Barba el club “Sport Atlético Barcelonés”, primera sociedad dedicada exclusivamente al atletismo y en 1913 batiría importantes récords como el de la hora, recorriendo 17,698km o el de maratón (2h47:18). Además, también establecería otros registros como 15:44 en los 5.000 metros o 9,021km en la media hora. Incluso participó en algunas apuestas como la llevada a cabo el 24 de enero de 1915 contra el vasco Ubarrenechea, consistente en dar cien vueltas a la plaza de toros de la ciudad, venciendo fácilmente a su rival, al que aventajó en cinco vueltas. Su dominio se extendería hasta 1917, año en el que finalmente se retiraría emigrando a Estados Unidos donde ejerció de cocinero en un hospital de Boston y también como taxista en Nueva York.

Por lo que respecta a Emilio González, éste realiza su debut atlético en una carrera organizada por el Club Deportivo Madrileño el 21 de diciembre de 1913 sobre 6.700 metros, en la que domina con claridad a todos los mejores corredores madrileños, entre los que se encontraban Encinas, Martín, Santoja y su propio hermano Ramón. Luego el 13 de octubre de 1914 vuelve a imponerse con rotundidad en la prueba de 5.000 metros organizada por la Unión Atlética Madrileña, con un destacado tiempo de 16:05.0, por delante de José Arrauz y Ángel Martín y vuelve a vencer al año siguiente en otra prueba de 5.000 metros en carretera y en el Campeonato de Madrid de 10km. A partir de entonces se convierte en el gran protagonista de cuantas manifestaciones atléticas se disputan a lo largo de la geografía madrileña, entre ellas uno de los primeros crosses que se celebran en la capital, que se corrió por terrenos de Moncloa y con salida y meta en el Paseo de Rosales. Igualmente llegaría a batir en 1917 el récord de España de 1.000m con 2:51.0. El madrileño comienza a mostrarse como la gran alternativa al catalán Pedro Prat.

Cada vez se hacía más evidente la necesidad de un duelo entre estas dos figuras incipientes de nuestro atletismo y éste se produciría finalmente en 1916 gracias a la iniciativa del Semanario “España Sportiva”, del que era propietario Fernando Salvadores y director Eugenio Fojo. Prat lanzó un desafío a González y éste respondería a través del semanario. Precisamente, tanto Salvadores como Fojo eran miembros de la Sociedad Cultural Deportiva. Esta sociedad había nacido en 1915 con 170 ó 180 jóvenes que se separaron de una entidad dedicada a la enseñanza popular. Sus comienzos fueron muy modestos y como anécdota podemos decir que la primera Junta de la entidad se celebró alrededor de la plaza del Ángel. Luego pasarían a tener una sede social en la calle de la Cabeza, a la que cada asociado llevó lo que pudo para completar el mobiliario. Precisamente González, la gran figura madrileña, pertenecía a la Cultural, por lo que enseguida se acogió con entusiasmo la idea, que pronto iría calando en el resto de la prensa de la época. Salvadores fue uno de los principales impulsores de este reto, siendo apoyado por otros hombres como Ruiz Ferri, Coudo, Díez de las Heras, Martínez Navarro, Cruz y Martín y Buylla. El 25 de noviembre de 1915 el semanario publica el reglamento de la carrera, que denomina “Gran Premio Nacional, Campeonato de España, Copa Rodríguez Arzuaga”, y la celebración se fija para el día 6 de febrero de 1916. La confección del mismo fue realizada por Salvadores, Fojo y Juan Valdés, estableciéndose una clasificación individual y otra por regiones, formada por equipos de cinco corredores como mínimo, para la cual donó una copa Manuel Rodríguez Arzuaga, que como se recordará había sido el gran impulsor de la carrera de 1905 organizada por el Athletic Club.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 24 Luglio 2017 10:05
 
Molti Codici etici, Tribunali di integrità, ma esiste ancora la povera, vecchia onestà? PDF Stampa E-mail
Martedì 18 Luglio 2017 14:55

"International Association of Athletics Federations (IAAF) Council member Frank Fredericks has been provisionally suspended over a potential breach of the organisation's Code of Ethics. Michael Beloff, chairman of the IAAF Disciplinary Tribunal, imposed the suspension on the Namibian following an application made by the Athletics Integrity Unit (AIU). The investigation related to payments received by Fredericks' company, Yemi Limited, from a company owned and controlled by Papa Massata Diack".

Inizia così la notizia rilanciata questa mattina dal sito www.insidethegames.biz , giornale elettronico quotidiano sempre informatissimo sulle vicende delle organizzazioni sportive mondiali, con occhi puntati e molto attenti in particolare sul Comitato olimpico e sulle Federazioni. E, particolare nel particolare, sulle malefatte dei dirigenti (o digerenti?) ai vertici di queste organizzazioni. La notizia di oggi che tocca da vicino lo sport di cui noi ci occupiamo a livello prevalentemente storico riguarda una persona che fino a qualche anno fa era un grande sprinter: Frankie Fredericks.

Originario della Namibia, ebbe una carriera lunghissima, a livello internazionale dal 1991 al 2004, quando chiuse ai Giochi Olimpici di Atene, per entrare, quasi subito, attraverso la porta principale, nei sancta sanctorum dell'atletica e dello sport: presidente della Federazione namibiana, membro del CIO, componente del Council della IAAF, componente di quelle allegre e spendaccione delegazioni che girano il mondo a valutare le candidature delle grandi aree urbane che vogliono ospitare Giochi Olimpici. Era addirittura presidente di questi spensierati giramondo (ormai una piaga in tutti gli sport, a qualsiasi livello, serve una commissione di esperti anche per assegnare i campionati regionali) che dovevano emettere illuminati giudizi su Paris 2024. Sostituito, in fretta, qualche mese fa, of course. Fulminante carriera come specialista di freeclimbing diremmo, decisamente più veloce fra le poltrone che fra le corsie. Molti, ci capitò di ascoltare, coloro che rimasero stupiti da cotanto improvviso prestigio. Sia come sia, ci interessa la notizia di oggi che, peraltro non è nuova: mister Fredericks si era sospeso (o invitato a... chi lo sa) dal Council della IAAF alcuni mesi fa, in marzo esattamente. Adesso 'sto Tribunale di Integrità (scusate, ma tutte queste roboanti denominazioni ci fanno venir da ridere) ha "imposto" la sospensione, dice il comunicato "imposed the suspension". Il sospetto è "a potential breach" del Codice di etica della IAAF. Per chi non mastica bene la lingua di sor Guglielmo da Stratford-upon-Avon traduciamo con il "Picchi", vocabolario della lingua italiano - inglese e viceversa: breach sta per violazione. Come dire insomma, che i giudici non sono convinti delle spiegazioni dell'imputato, il quale sostiene di aver ricevuto delle palanche (dicesi 300 mila dollari, 284 mila Euro) per "progetti speciali" di cui lo aveva incaricato l'allora presidente della IAAF, Lamine Diack. I soldi passarono da un conto del figlio di Diack, Papa Massata, a un conto alle Seychelles (quindi offshore, ci pare) del signor Fredericks. Per adesso è sospeso, chissà forse è anche innocente, glielo auguriamo di cuore...Piccola appendice: negli ultimi due - tre anni alla Federazione mondiale di atletica i giudici e gendarmi francesi hanno pescato diversi elementi che non conoscono molto bene il significato del vocabolo "Etica", e tutti hanno giustificato il fatto che avevano ricevuto quattrini sempre dagli stessi generosi dispensatori come atti di munificienza per servizi resi, su questo non esiste dubbio alcuno. Niente da dire, ma perchè allora nascondere quei soldi sotto il frigorifero, oppure metterseli in un personalissimo conto bancario offshore? Crediamo che serva urgente lettura di Socrate, Platone, Aristotele, Bernardo di Chiaravalle, Tommaso d'Aquino, Montaigne, e tanti altri. Li trovate tutti, anche di seconda mano, su qualsiasi sito di vendite on line.

Ne avete voglia? Facciamo prima se vi andate a leggere l'articolo di insidethegames, questo è l'indirizzo utile alla bisogna https://www.insidethegames.biz/articles/1052835/fredericks-provisionally-suspended-by-iaaf-over-potential-ethics-breach

Ultimo aggiornamento Mercoledì 19 Luglio 2017 06:43
 
Preistoria del campo a través e dei troteros nella Spagna medioevale (Parte prima) PDF Stampa E-mail
Sabato 15 Luglio 2017 15:00

 

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Riproduzione della prima pagina del giornale "El Globo" su cui spicca il disegno della figura di Mariano Bielsa soprannominato "Chistavín", el andarìn de Berbegal, del quale narrasi che si misurò con Achille Bargossi nella Plaza de Toros di Zaragoza e lo superò. Nell'altra foto, i componenti della squadra dei podisti dell'Atlético di Madrid con il trofeo conquistato in quella che viene considerata la prima "carrera pedestre" a Madrid nel 1905.

Crediamo sia nostro dovere sgomberare subito possibili fantozziani equivoci (omaggio al grande Paolo Villaggio) per coloro che scarseggiano di fondamenti della lingua castellana: nell'idioma di Alonso Quijana,  el ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, "campo a través" non significa che i campi si sono messi di traverso. È l'omologo della nostra "corsa campestre", quella nota come "cross country" in quella accozzaglia di popoli celtici chiamati Britanni, oggi meglio identificati come "quelli della Brexit". Non occorre una fantasia particolarmente immagifica per figurarsi che la corsa o la camminata attraverso i campi era del tutto normale nella antichità, ma anche nell' Era Moderna: fino a 100 - 150 anni fa dove erano le strade come noi le intendiamo oggi? Tratturi, sentieri, nel migliore dei casi, attraverso i campi, appunto. Lo dice la Genesi:" Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l'asciutto. E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra...nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata...". Piano piano fece l'uomo, piantò un giardino in Eden, e poi, un bel giorno, l'uomo si mise prima a rubare mele poi a camminare e a correre (o sarà avvenuto l'inverso?), e correre nella natura e nei prati e nei boschi pare sia sempre piaciuto. Dal diletto alla attività organizzata, a dar retta a Bruno Bonomelli il primo cross dell'umanità fu quello organizzato sotto le mura di Troia nel 1189 a. C., con una sfida fra Aiace Oileo, Odisseo e Antiloco, figlio di Nestore. L'Oileo stava prevalendo quando ci mise lo zampino la dea Atena invocata in soccorso da Odisseo, la quale dea dispettosa fece inciampare Aiace su un ostacolo naturale...sterco di buoi!  Più bucolico di così...Quindi, senza bisogno di scomodare la Eurospotech del nostro amico Gino Bassi e le sue sofisticate diavolerie informatiche, questo l'ordine d'arrivo, scalpellato sulla pietra viva da Omero: primo Odisseo, secondo Aiace e terzo Antiloco. Nessun keniano o africano...altri tempi.

La corsa attraverso i campi non ha mai suscitato amorosi afflati nei dirigenti, ovunque e a qualsiasi livello, e ancor più alle italiche latitudini. Negli ultimi anni poi ci pare di vedere uno speciale accanimento nel volersi togliere dai piedi 'sta rottura, freddo, fango, sempre i soliti africani che vincono: che palle! E nella Hispania? Lo abbiamo scoperto dilettandoci a sfogliare e a leggere alcune parti di due bei libri il cui autore è Ignacio Mansilla Calzo  che ha approfondito la conoscenza degli antenati del campo a través e compilato una storia del campionato di Spagna. Il secondo libro è lo sviluppo del primo: nel 2007 si pubblicò "Historia del campo a través en España" e nove anni dopo "100 años de campo a través en España - 1916 - 2016". Abbiamo chiesto all'autore il permesso di pubblicare in queste nostre umili pagine un paio di capitoli, i primi, della sua seconda fatica compilatoria. Permesso accordato, e si ringrazia. Da anni abbiamo tentato di instaurare un rapporto di collaborazione fra l' Associazione degli storici e statistici spagnoli e la nostra A.S.A.I. Siamo sinceri: non è successo molto, anzi, diciamola tutta, niente. Purtroppo, ognuno cura il proprio orticello, e si sente appagato. A noi piacerebbe invece molto di più allargare i nostri orizzonti (non di gloria) e stabilire relazioni fra la nostra storia atletica e quella degli altri, una specie di Comunità europea del piste e pedane. Per l'amor di Dio! Non bestemmiamo. Per ora dilettiamoci a leggere la bella ricerca di Ignacio, in castellano, con un po' di attenzione e pazienza si legge senza grandi sforzi. L'uso di idiomi diversi è sempre stato un pallino di questo sito. E poi di che vi lamentate? Non vi facciamo neppure pagare le lezioni di lingua spagnola!

Nei prossimi giorni vi offriremo la seconda parte di questa ricerca.

 

Si bien el 6 de febrero de 1916 marca el pistoletazo de salida para el pos2terior desarrollo del campo a través en nuestro país con la disputa en Madrid del primer Campeonato de España de la especialidad, encontramos antecedentes anteriores de la práctica de esta disciplina o al menos de la carrera a pie, algunos de ellos remontándose incluso a la Edad Media. Es lo que podríamos denominar la “prehistoria” del campo a través en España.

Para acercarnos a esta cuestión tenemos que tener en cuenta que la distinción entre carreras campo a través y en ruta en los orígenes de nuestro deporte no estaba tan bien definida como puede estar en la actualidad debido a una serie de circunstancias. Una de ellas era la ausencia de superficies asfaltadas en la mayor parte del país y otra la precariedad a la que se enfrentaban aquellos pioneros de nuestro deporte, que hacía que utilizaran cualquier superficie para su práctica, como el piso de circuitos urbanos, carreteras asfaltadas o empedradas. Podríamos decir por tanto que ambas especialidades (la ruta y el campo a través) tendrían un origen común en lo que se ha dado en denominar tradicionalmente “pedestrismo”, que tan de moda pusieron los anglosajones en los siglos XVIII y XIX y que también llegó hasta nuestras fronteras en manifestaciones que se encuadraban dentro del programa de las tradicionales fiestas populares que abundaban a lo largo de toda la geografía española. En algunas zonas de España como Valencia, Aragón, Cataluña o el País Vasco hemos encontrado información ampliamente documentada de estas carreras.

Por ejemplo, en varios puntos del territorio español uno de los precedentes más remotos es el de los conocidos “troters”, “troteros” o “trotaconventos”, que eran personajes que cubrían largas distancias en la Edad Media para repartir correo y mensajes corriendo. A finales del siglo XIII tenemos noticias del establecimiento en la Capilla de Marcús de la cofradía de correos de Barcelona, con troteros que realizaban este servicio, siendo la primera organización postal que existió en Europa. Sus salarios se establecían en función de las distancias a recorrer, los días que tardaban o por la prontitud en el servicio prestado. Igualmente, en Aragón el rey Pedro El Ceremonioso en el siglo XIV tenía nada menos que 80 a su cargo para este menester. Estos personajes llevaban las cartas en unas carteras llamadas “busties” y llegaban a recorrer largas distancias. Con el tiempo, forman sus propias asociaciones. Entre ellas, tres alcanzaron, en los reinos hispanos, en el siglo XV, especial profesionalidad en sus tareas mensajeras. Se trata de los correos del reino de Valencia, el Hoste de Correos de Zaragoza, y la citada Cofradía de Correos de Barcelona. Estos personajes también dieron origen a leyendas orales y sus andazas aparecían en textos de la época como en “El Libro del Buen Amor”, escrito por Juan Ruiz, el Arcipreste de Hita, en el siglo XIV. Allí, en uno de los versos se dice “Yo l' dixe: Trotaconventos, ruégote, mi amiga que lieves esta carta ante que yo gelo diga: E si en la rrespuesta non te dexiere nemiga, puede ser que de la fabla otro fecho se ssyga”. En otro también podemos leer lo siguiente: “Estando en mi casa con don Jueves Lardero, troxo á mí dos cartas un lygero trotero. Desirvos hé las nuevas: servos a tardinero, ca las cartas leydas dilas al menssajero...”. Incluso se conoce el nombre de algunos de estos personajes como Pedro Vázquez de Saavedra, trotero mayor de Sevilla.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 24 Luglio 2017 07:56
 
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