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Trekkenfild, tener viva una pubblicazione anche in tempi di clausura laica PDF Stampa E-mail
Domenica 26 Aprile 2020 19:34

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Difficile riempire pagine, di giornali o riviste, cartacee o telematiche, in tempi di coprifuoco, senza avvenimenti d'attualità. Vita grama quella del forzato sportivo del tasto. Ecco il nuovo numero del foglio telematico di Perboni e Brambilla, i quali si son dovuti inventare (verbo da usare in senso positivo) un grande ricordo dei Campionati d'Europa di Spalato e altri eventi di quell'Anno del Signore 1990 per dare continuità alla loro pubblicazione. Gliene diamo merito, riprendendo il loro lavoro sul nostro sito, come facciamo da un bel po'. E al tempo stesso ci rallegriamo con noi stessi...e di che? vi chiederete. Elementare Watson: noi dell'A.S.A.I. continuiamo a fare quello che facciamo da 26 anni, ricercare testi, foto, documenti, consumarci i gomiti delle camicie e il fondo dei pantaloni sui giornali antichi, con dedizione, tenacia e passione per la storia andata del nostro sport. Non dobbiamo inventarci nulla. Che fortunati che siamo! Ma lo sappiamo solo noi.

Ultimo aggiornamento Lunedì 27 Aprile 2020 09:29
 
Oscar e Danilo, vite parallele con un denominatore comune: l'atletica (3) PDF Stampa E-mail
Giovedì 23 Aprile 2020 12:51

Ci avviamo verso la conclusione dell'ampio e documentato lavoro di Alberto Zanetti Lorenzetti sulla movimentata vita dei due fratelli Cereali, quella di Oscar e, in particolare, di Danilo. Ci riserviamo un ultimo capitolo con materiale fotografico e di documentazione, che pubblicheremo nei prossimi giorni. Intanto vi offriamo una immagine di Oscar con la tuta della Libertas Vercelli, il club per il quale fece competizioni fino al 1961. A fianco, la riproduzione della rivista «Lo Sport» che, nel 1952, dedicò due pagine a Danilo, con un articolo-intervista firmato da Sandro Calvesi. Con un doppio click la pagina di apre e diventa leggibile. A seguire, dopo le foto, la terza parte dello scritto di Zanetti Lorenzetti; al centro la tabella compilata da Marco Martini sulla carriera «venezuelana» di Danilo.

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Parte dell’ambiente dell’atletica lo accolse volentieri, ma non fu così per tutti. Al di là di qualche lettera anonima piena di acredine nei suoi confronti, l’episodio più clamoroso fu il rifiuto di Teseo Taddia – il miglior specialista di lancio del martello italiano e vecchia conoscenza fin dai tempi d’anteguerra – di stringergli la mano quando venne battuto ai Campionati del 1952. Di ben altro tono era stato l’articolo che uno dei più prestigiosi tecnici nazionali, Sandro Calvesi, gli dedicò sul settimanale «Lo Sport» il 4 dicembre 1952. Il titolo era “I sogni del figliol prodigo” e l’allenatore bresciano ricostruiva la carriera di Danilo e ne descriveva le caratteristiche tecniche: “Due sono i concetti che vuole applicare; scioltezza e continuità di movimento (…). Siamo rimasti impressionati della fluidità del suo movimento; effettivamente, velocità, scioltezza, e una «tirata» finale fuori del comune caratterizzano il suo stile; il finale richiama il lancio del disco perché il concetto applicato è quello di uno svitamento potente senza creare inutili bloccaggi del corpo ed assecondando la traiettoria dell’attrezzo sotto controllo. Esiste in lui un anticipo di tutto il corpo, non un’azione limitata alle anche, e questo gli permette di «tirare» al massimo senza sforzo apparente”.

Per ovvi motivi politici non prese parte all’incontro disputato a Zagabria il 4 e 5 ottobre fra le rappresentative di Italia e Jugoslavia, ma il suo esordio con la maglia azzurra era solo rimandato di qualche mese. Era il 28 giugno 1953, a Milano, quando assieme a Taddia affrontò i colossi tedeschi Wolf e Hagenburger concludendo in quarta posizione. Con il rivale italiano iniziò una serie di duelli che si protrasse per sei anni. Nelle prime due stagioni Danilo si dimostrò il più forte, raggiungendo anche il nono posto nel ranking della prestigiosa rivista americana «Track and Field News». Poi, più frequentemente, la spuntò il ferrarese, ma non mancarono reazioni d’orgoglio da parte di Danilo che, il 23 ottobre 1954 a Bari, indossò nuovamente quella maglia della Nazionale che gli era stata negata – non senza strascichi polemici – in occasione della poco brillante trasferta degli azzurri in Sud America nel novembre 1953, anno in cui fu nuovamente in testa alla graduatoria nazionale e secondo nei Campionati italiani.

Lasciata la Gallaratese, nel 1954 indossò i colori del C.C.A. Lane Rossi di Schio, e ai Campionati nazionali fu nuovamente medaglia d’argento nella prova che ebbe in gara anche Oscar, buon settimo, e atleta dal 1952 della Libertas Vercelli. La permanenza di Danilo nella società vicentina durò solo due anni. Nel 1956 e 1957 gareggiò per il Gruppo Atletico Coin Mestre, il suo ultimo sodalizio italiano che lasciò, non prima di aver ottenuto un terzo posto al Campionato del 1957, per andare in Venezuela, dove – cambiato in Daniel il nome di battesimo – iniziò una nuova carriera riassunta nella tabella curata dall’indimenticato storico dello sport e socio fondatore dell’Archivio Storico dell’Atletica Italiana, Marco Martini.

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Anche l’impegno agonistico di Oscar fu particolarmente lungo, superando i 25 anni di attività. Il suo nome comparve per l’ultima volta nelle graduatorie nazionali del 1961, dove figurava essere ancora atleta della Libertas di Vercelli, la città dove morì il 16 maggio 1983.

Danilo era arrivato in Venezuela nella seconda metà del 1957 e diventò un dipendente della ditta petrolifera Shell di Punto Fijo, nello stato di Falcon, gareggiando nel gruppo sportivo aziendale. Successivamente si trasferì a Caracas prendendo contatto con il Club Campestre Los Cortijos, collaborando con la società anche come massaggiatore, fisioterapista e istruttore. Particolarmente penose sono le notizie sulla sua morte, avvenuta il 16 agosto 1984 dopo molte sofferenze ed episodi di malasanità a seguito dell’investimento da parte di un veicolo non identificato con conseguenti lesioni interne non riconosciute dai sanitari nel pellegrinaggio fra i vari ospedali in cui di volta in volta era stato ricoverato. Non avendo potuto essere identificato – addirittura venne indicato un nome diverso – la sua salma riuscì ad essere riconosciuta dopo mille peripezie dalla moglie Milena e dalla figlia Anna Maria che, accorse subito in Venezuela quando fu loro comunicata la inconsueta e perdurante assenza da casa di Danilo, con molta caparbietà dapprima trovarono il modo di dargli una dignitosa sepoltura e successivamente, nel 1998, superando i mille ostacoli della burocrazia, a portarlo nella natia Duttogliano per il riposo eterno.

In Slovenia venne ricordato nel 2015 in un film documentario televisivo dal titolo “Danilo Žerjal, športni velikan s Krasa” (Danilo Žerjal, il gigante dello sport del Carso).

Ultimo aggiornamento Lunedì 27 Aprile 2020 14:35
 
Viaggio curioso fra piste e strade, stadi e campi, della capitale spagnola PDF Stampa E-mail
Martedì 21 Aprile 2020 10:14

L'amico Agustin Pérez, storico dell'atletica spagnola e in particolare di quella localizzata nella capitale Madrid, ci ha informati che ha aggiornato il suo blog. "Os mando el enlace del Blog de la historia del atletismo de Madrid, donde he subido varios años más. He incluido más datos y fotografías de las que aparecen en los libros. También he subido los rankings de Madrid de los años 1921 a 1925". Per chi non ha dimestichezza con la lingua di Manuel Vázquez Montalbán: Agustin ha ampliato il racconto storico, le foto, i dati che ha incontrato nelle varie pubblicazioni consultate; inoltre ha aggiunto le liste degli anni 1921 - 1925.

Chi fosse interessato può entrare su questo indirizzo https://historia.atletismo.madrid.over-blog.com/. Curiosare nella storia degli altri è sempre un esercizio di grande interesse.

Ultimo aggiornamento Martedì 21 Aprile 2020 10:36
 
Oscar e Danilo, vite parallele con un denominatore comune: l'atletica (2) PDF Stampa E-mail
Venerdì 17 Aprile 2020 14:49

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Le foto. La prima in alto a sinistra, inquadra il podio del lancio del disco ai Giochi dei Balcani e dell'Europa Centrale, svoltisi a Tirana, in Albania, nel 1946. Erano Giochi ufficiosi (come quelli del '47 a Bucarest, riprenderanno ufficialmente nel 1953 ad Atene) che infatti non vengono contati nella progressione delle edizioni. Danilo, adesso ritornato al cognome Žerjal, vinse sul connazionale Davorin Marčelja, un decatleta poi nono agli Europei di Oslo, e sul rumeno Biro. Le due foto seguenti, simili nel gesto atletico, risalgono al 1946 (quella a destra, autografata) e ad un allenamento a Schio, nel 1940: le due immagini mettono in risalto la potente struttura dell'atleta. Infine, in basso a sinistra, i due fratelli, Oscar e Danilo, siamo sempre nel 1940.

 

Presentiamo la seconda parte della ricerca di Alberto Zanetti Lorenzetti sui fratelli Oscar e Danilo Cereali, un racconto, sportivo e di vita, che abbraccia oltre due decenni, dagli anni Trenta a quelli Cinquanta.

***

Le strade dei due fratelli si erano ormai separate. Infatti Oscar era rimasto in Piemonte e aveva ripreso l’attività agonistica con la Pro Vercelli, società ricca di storia che nel calcio vinse sette scudetti fra il 1908 e il 1922. Continuando a dedicarsi al lancio del martello, alla fine di settembre 1945 si classificò al terzo posto ai Campionati Alta Italia e riprese ad occupare stabilmente una buona posizione nelle classifiche stagionali. Nel 1948 cambiò casacca, tesserandosi per la S.A. Gancia di Torino, diventando così compagno di squadra di Primo Nebiolo, il futuro presidente della Federazione Italiana di Atletica Leggera e della I.A.A.F., la Federazione mondiale. Il suo valore di atleta venne confermato dalla costante presenza fra i migliori dieci lanciatori di martello fino al 1951 e dalle vittorie in numerosi Campionati regionali del Piemonte.

Nelle stagioni precedenti alla fine della guerra, Danilo vantava un personale di 47,15 nel disco e 13,57 nel peso; era diventato oltreconfine il dominatore incontrastato del lancio del disco; ottenne, oltre alla convocazione in numerosi incontri della Nazionale, il titolo jugoslavo della specialità dal 1945 al 1950 , vinse la gara dei Giochi Balcanici (ufficiosi) a Tirana nel 1946 e l’anno successivo fu secondo in quelli disputati a Bucarest, pure ufficiosi. Grazie alla progressione dei risultati che lo portò a raggiungere nel 1946 i 48,64 metri, fu inserito nel gruppo di atleti jugoslavi che vennero inviati agli Europei di Oslo, con un viaggio aereo molto più tranquillo rispetto a ciò che dovettero affrontare gli italiani. Infatti gli azzurri volarono su un Savoia Marchetti SM 95 rimediato non senza difficoltà, incrociando violenti temporali e non celate ostilità durante gli scali. Gli jugoslavi invece arrivarono in Norvegia, con tappa a Praga, a bordo di un Dakota della Danish Air Lines. Oltre a Danilo, facevano parte del gruppo i velocisti Marko Račič, Marijan Slanac, i saltatori Petar Vuković e Marijan Urbić, il lanciatore di martello Ivan Gubijan (due anni dopo medaglia d’argento ai Giochi di Londra, la prima delle due Olimpiadi alle quali prese parte, oltre a tre Campionati d’Europa) e il decathleta Davorin Marčelja. La gara del disco, che vide la doppietta italiana con Consolini e Tosi, registrò quale miglior lancio di Danilo un 44,31 metri che non gli fu sufficiente per accedere alla finale.

L’8 febbraio 1948 sposò Milena Širca, unione che pochi mesi dopo vide la nascita della figlia  Anna Maria. La coppia ebbe un secondo figlio, Mario, nato nel 1953 a Gallarate, ma che morì dopo soli sette mesi. Nelle grandi competizioni internazionali non riuscì ad esprimersi al meglio. Fu presente ai Giochi di Londra del 1948, dove la coppia Consolini-Tosi salì sui due gradini più alti del podio, fermandosi alle qualificazioni, e ai Campionati europei di Bruxelles del 1950 si piazzò al nono posto. risultato non proprio esaltante alla luce del 51,61 metri dell’anno precedente, ottava prestazione mondiale stagionale e terza in Europa. Ma il 1950 fu anche l’anno in cui, il 16 e 17 settembre, le Nazionali di Italia e Jugoslavia si confrontarono all’Arena di Milano. Questo avvenimento merita di essere ricordato non tanto per lo scontato terzo posto alle spalle dei due “mostri sacri” italiani, quanto perché fu l’occasione per Danilo e Oscar di riabbracciarsi dopo molti anni. Nel 1951, essendosi incrinato il rapporto con il Partizan, rinunciò a tutti gli agi che derivavano dalla militanza in quella grande società e si trasferì al Kladivar Celje, sodalizio sloveno per il quale gareggiò lanciando in quella che stava diventando la sua specialità preferita, il martello, a 58,80 (quarta prestazione mondiale di quell’anno, peraltro contestata, ma che ancora anni dopo risultava regolarmente citata in importanti pubblicazioni di autori quali Bruno Bonomelli), impegnandosi anche nell’attività di allenatore.

Era il preludio alla decisione di tornare in Italia. Non aveva mai rinunciato alla cittadinanza di nascita, cosa che gli permise di ottenere il passaporto italiano. Tutto questo, in aggiunta alla rottura con il Partizan, lo mise nel mirino della polizia jugoslava, che già lo aveva interrogato per la sua mancata presenza ad un incontro della Nazionale. Ricevette in modo anonimo il consiglio di andarsene al più presto per non finire in gattabuia con tutte le conseguenze del caso, e si sa che i metodi della polizia jugoslava in quell’epoca erano molto duri, così come lo erano i luoghi di detenzione. Ma la sua intenzione di tornare in Italia era il segreto di Pulcinella: il 23 aprile 1952 arrivava al quotidiano «Il Corriere di Trieste», considerato filo-jugoslavo, una corrispondenza da Lubiana dal titolo “Cereali-Zerjal torna in Italia”, che annunciava la sua decisione: “In questi giorni è stato consegnato il «visto di uscita» dalla Jugoslavia al lanciatore del martello Zerjal (Cereali) che quest’anno dovrebbe fare il «numero uno» italiano assieme a Taddia alle Olimpiadi di Helsinki. Il Cereali, che fu partigiano nella guerra di liberazione, rimase in Jugoslavia dopo il 1945, assumendo la doppia cittadinanza. Nel 1950 chiese il passaporto italiano che gli è stato concesso nel 1951 e ora ha ricevuto il «visto di uscita»”.  E proprio quel giorno, sollecitato da un altro messaggio anonimo, avvenne il viaggio verso l’Italia, ma non proprio in modo tranquillo: la prese piuttosto alla larga, arrivando al posto di confine di Gorizia, la Casa Rossa. Danilo presentò i documenti ed esattamente in quel momento giunse alla polizia di frontiera l’ordine di bloccarlo. Rendendosi conto di quanto stava accadendo, si riappropriò velocemente del passaporto e raggiunse altrettanto velocemente il territorio italiano.

Si recò a Trieste, dove incontrò Ottavio Missoni, allora ostacolista ma negli anni a venire grande firma della moda internazionale, che lo mise in contatto con Franco Testa, il presidente della S.G. Gallaratese, la più forte società italiana di atletica dell’epoca. A seguito di questa vicenda il suo nome venne cancellato dall’albo d’oro dei Campionati e dei primati jugoslavi. La moglie e la figlia, dopo essere state oggetto di una minuziosissima perquisizione al confine, riuscirono a raggiungerlo a Gallarate il 22 gennaio 1953.

(segue)

Ultimo aggiornamento Giovedì 23 Aprile 2020 12:49
 
Oscar e Danilo, vite parallele con un denominatore comune: l'atletica PDF Stampa E-mail
Mercoledì 15 Aprile 2020 09:27

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Siamo orgogliosi di presentare su questo spazio una ricerca del nostro amico Alberto Zanetti Lorenzetti, che, dopo oltre venti anni di ricerche, può essere oggi considerato a pieno titolo uno degli storici più preparati del movimento sportivo che ha interessato quel vasto, e tormentato, territorio orientale dell'Italia al confine con la ex Jugoslavia e la Slovenia. Alberto, da mesi, lavorava alla ricostruzione delle carriere sportive e delle vite di due fratelli originari di quelle terre: Oscar e Danilo Cereali. L'aiuto determinante della figlia di Danilo, signora Anna Maria Cereali, gli ha consentito di produrre questo lavoro, che non è una pura e semplice elencazione di risultati atletici - pur nella meticolosa precisione dell'autore - ma una sorta di «vite parallele romanzate», in particolare per l'avventuroso Danilo. Siamo davvero grati ad Alberto per questo contributo, che presenteremo in diverse puntate.

***

Lettura delle foto (dall'Archivio della signora Anna Maria Cereali). La prima, in alto, fu sicuramente scattata allo Stadio Mussolini di Torino il 20 luglio 1941, seconda giornata dei Campionati italiani, a conclusione della gara di lancio del martello: da sinistra, l'allenatore americano Boyd Comstock, quindi il ventunenne «gigante di Bondeno» Teseo Taddia, che quel giorno aveva stabilito, con 51,96 il suo primo primato italiano, migliorando il precedente, 51,66, di Michele Venanzetti; quindi, Mario Sargiano (classe 1915), con la tuta della Fratellanza Savonese, secondo classificato, e Oscar Cereali, terzo classificato. Nella foto successiva, orizzontale: siamo nel 1937, Comstock, di spalle, con l'immancabile feltro rotondo sul capo, di fronte a lui, con coppola, il gen. Giorgio Vaccaro, a quel tempo Segretario del C.O.N.I. e presidente della Federazione Gioco Calcio: il primo a destra, a torso nudo, è Oscar Cereali; al centro, con una canottiera completamente bianca, l'astista fiorentino Danilo Innocenti. Nelle due foto verticali: a sinistra, datata 1938, Oscar Cereali in allenamento; a destra, Beppone Tosi (con la tuta della Società Sportiva Parioli Roma, quindi la foto è stata scattata prima di settembre, perchè da quella data il discobolo passò alla S.S. Bruno Mussolini Roma) e a fianco Oscar e Danilo Cereali. Tosi e Danilo avevano gareggiato insieme a Torino nei Campionati nazionali: terzo Danilo (43.85), quinto Tosi (42.20). Il titolo fu vinto da Adolfo Consolini. Fu anche l'occasione per il primo confronto diretto fra l'agricoltore di Costermano e il corazziere novarese.

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Il nostro confine orientale ha una lunga storia fatta di drammi – si pensi alle battaglie del Carso del ’15-‘18, alla politica repressiva fascista, ai massacri con rappresaglie e contro-rappresaglie  del secondo conflitto mondiale fino al terribile epilogo delle foibe – e tensioni create dalla Guerra Fredda prima e dopo la rottura fra i comunisti di Stalin e quelli di Tito. Poi un disinteresse dal quale non siamo usciti nemmeno oggi. Nel dramma sanitario odierno sappiamo tutto quello che avviene in Cina, India, Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Germania, ma chi ha avuto notizie di quello che sta accadendo in Slovenia e Croazia? Eppure sono i nostri vicini di casa. La storia che raccontiamo è una storia che nasce da quel confine, quella di due fratelli, Danilo e Oscar Cereali, che hanno messo l’amore per l’atletica al di sopra di tutto.

Per la non facile ricostruzione delle vicende dobbiamo un caloroso ringraziamento ad Anna Maria Cereali, figlia di Danilo e nipote di Oscar. La sua testimonianza diretta, i documenti e le fotografie che ci ha permesso di visionare e riprodurre, sono stati fondamentali. Un ringraziamento va anche a Bruno Križman per le notizie che ha fatto avere al nostro Archivio Storico su Danilo Cereali.

Danilo e Oscar Cereali, atleti di confine

di Alberto Zanetti Lorenzetti

La “geografia fisica” ci dice che Duttogliano (Dutovlje in lingua slovena) è un piccolo paese del Carso a poco più di trecento metri sul livello del mare, l’Adriatico, dal quale dista 10 km in linea d’aria. La “geografia politica” aggiunge che questo piccolo borgo è in Slovenia, essendo frazione del comune di Sesana, a circa 6 km dal confine di Stato e 17 km da Trieste. Fra il 1918 e il 1991 i suoi abitanti hanno cambiato per quattro volte la nazionalità, passando dall’Impero Austro-ungarico al Regno d’Italia, poi alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia finché si arrivò all’indipendenza della Repubblica di Slovenia.

La nostra storia inizia il 29 dicembre 1913 con la nascita di Oskar, primogenito di Luigi Žerjal e Maria Štolfa. Pochi mesi dopo l’Impero asburgico entrò in guerra dando il via ad anni di stenti e privazioni in tutto un continente. Finalmente alla fine del 1918 le armi tacquero e l’11 febbraio del 1919 venne alla luce il secondo figlio, Danilo. I due fratelli crebbero a Duttogliano in un territorio dove il sostentamento delle famiglie veniva dal duro lavoro dei campi, e molte analogie ci fanno pensare al luogo natale di Adolfo Consolini, Costermano: entrambi paesini di un entroterra (del Garda l’uno e dell’Adriatico l’altro) con una morfologia collinosa punteggiata da piccoli borghi e cascinali che obbligava la popolazione a spaccarsi la schiena per assicurare il pane alle famiglie. Ovviamente di impianti e società sportive non se ne parlava nemmeno, per cui il contatto con lo sport sia per Adolfo che per Oskar e Danilo fu casuale.

All’inizio degli anni Trenta – nel frattempo per volontà della politica fascista il cognome Žerjal venne italianizzato in Cereali – Oscar (anche i nomi di battesimo avevano dovuto adeguarsi) fu arruolato nella Regia Guardia di Finanza, venendo dapprima spedito a Napoli per poi essere trasferito a Roma nel 1935, dove trovò l’ambiente ideale per la sua passione sportiva nel Gruppo Sportivo di atletica dei finanzieri, le Fiamme Gialle, che era stato costituito nel 1930. Si guadagnò fin da subito la permanenza nel sodalizio sportivo militare andando a vincere la gara di lancio del martello dei Campionati dell’XI zona, cioè il Campionato regionale laziale, raggiungendo la misura di 28 metri. La sua passione per la fotografia ci ha lasciato una ricca testimonianza del periodo trascorso a Roma.

Nel 1938 lo raggiunse il fratello Danilo, arruolato anch’egli nella Guardia di Finanza e ben presto distaccato al Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle. Fisico altrettanto robusto, stessa passione per i lanci, in particolare il peso e il disco. I miglioramenti per entrambi furono costanti: nel 1939 Oscar superava di un metro e mezzo la linea dei 41 metri ed era ventesimo nelle liste stagionali del suo attrezzo preferito. L’anno dopo, il 1940, salì alla ribalta Danilo, che vinse il Campionato nazionale di Seconda Serie nel peso, arrivò secondo nel disco e concluse la stagione con misure superiori ai 40 metri nel disco e i 13 metri nel peso (più esattamente 40,24 e 13,03 metri). In quell’anno iniziò ad essere disputata la manifestazione di propaganda Gran Premio Quadriennale «Q. 44», una fortunata iniziativa che svezzò parecchi futuri campioni. Danilo si impose nel lancio del peso, fu terzo nel disco e quattordicesimo nel martello, facendo di meglio l’anno dopo, quando fu nuovamente primo nel peso, ma aggiungendo anche la vittoria nel disco e il settimo posto nel martello. Il vertice della stagione 1941 per i due fratelli fu il fine settimana del 19 e 20 luglio, data del Campionato italiano disputato a Torino, quando entrambi salirono sul terzo gradino del podio. Danilo con 43,85 metri si era piazzato terzo nel disco, medesima posizione di classifica ottenuta da Oscar nel martello con 45,66 metri. Ormai si era in piena guerra. Oscar si sposò con Albina Stok nel settembre 1942, al termine di una stagione che fece registrare il 45,03 metri di Danilo, quinto nella classifica stagionale del disco, ormai la specialità preferita che nel 1943 in Italia lo vedeva inferiore solo ad Adolfo Consolini e Beppone Tosi sia ai Campionati nazionali che nella “Top 10” grazie alla misura di 47 metri e 15 centimetri.

E venne l’8 settembre 1943. Oscar rimase in servizio nella Guardia di Finanza in Nord Italia, riuscendo anche a prendere parte a una gara di lancio del martello che si svolse a Casale Monferrato il 15 aprile 1945. Ben diverse furono le vicende di Danilo che, fatto prigioniero dai tedeschi in Albania e internato in campo di concentramento dapprima in Germania e poi in Cecoslovacchia, approfittò della possibilità di aderire alla proposta di continuare a combattere contro gli Alleati, ma con l’intenzione di tornare a casa, e quindi, non appena gli fu possibile, a Mestre se la diede a gambe venendo nuovamente catturato e riportato da dove era fuggito. Fu autore di una seconda evasione che questa volta riuscì, tornando al borgo natale il 14 gennaio 1944. Ma, come si suol dire, il paese è piccolo e la gente mormora, e qualcuno mormorò anche a Duttogliano, tanto che subito dopo il suo ritorno bussarono alla porta di casa i partigiani jugoslavi. E Danilo li seguì.

Alla domanda se fu una scelta di campo ideologica risponde la figlia Anna Maria: “Mio padre non fu autore di azioni dettate da un credo politico. Né al momento dell’opportunità del rientro in Italia dai campi di prigionia di Germania e Cecoslovacchia, né quando venne reclutato dai partigiani. Si può dire che venne trascinato dagli eventi e che la sua vera passione era l’atletica, tanto che quando ne aveva la possibilità portava con sé un disco”.

Cessate le ostilità, fu ripresa subito l’attività sportiva. I militari jugoslavi entrarono in Trieste il 1.o maggio 1945 e vi restarono per 40 giorni, ma ancora prima del loro sgombero, il 13 maggio, si disputò una partita di calcio fra una rappresentativa triestina e militari scozzesi, alla quale seguirono – nonostante la grande tensione presente in quei giorni – altri incontri che videro in campo militari jugoslavi, inglesi, neozelandesi e civili giuliani.  Anche gli atleti tornarono a calcare pista e pedane il 22 maggio. Si rividero in azione Albano Albanese, Valentino Pellarini, Ercolino Delli Compagni, Pino Kressevich, Rodolfo Crasso e il nostro Danilo che, toltasi per l’occasione la divisa di partigiano, indossò la maglia della Giovinezza Trieste, primeggiando nelle gare di lancio del peso e del disco.

Ma Danilo era un militare dell’esercito jugoslavo e, dopo le gare disputate allo Stadio di San Sabba, la sua carriera di lanciatore proseguì nella neonata Repubblica jugoslava tornando ad avere sui documenti di identità il cognome che il regime fascista aveva cambiato: Žerjal. Le sue capacità atletiche non passarono inosservate e, dopo qualche gara in Slovenia e Croazia, entrò a far parte del Fiskulturno društvo Centralnog doma Jugoslovenske armije Partizan (Società di cultura fisica della casa centrale dell’esercito jugoslavo Partizan) di Belgrado, continuando quindi ad essere in divisa.

(segue)

Ultimo aggiornamento Mercoledì 15 Aprile 2020 16:43
 
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