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«Trekkenfild» diffonde un virus per il quale non c'è vaccino: l'atletica PDF Stampa E-mail
Mercoledì 30 Dicembre 2020 12:21

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Numero 88, siamo alla fine dell'ottavo anno dalla ideazione di questo periodico online ideato da Walter Brambilla e Daniele Perboni. Stavolta si parla dei quattro candidati alla presidenza della Federazione italiana, e, come appendice, una intervista-bilancio al presidente uscente Alfio Giomi. Completano la «telenovela» milanese dell'impianto napoleonico della Civica Arena e un ricordo di Enzo Rossi, il Direttore tecnico dell'Era Nebiolo, deceduto poche settimane fa, scritto da Francesco Panetta, che visse proprio in quegli stessi anni la sua ascesa ai massimi livelli come atleta . Arrivederci all'anno prossimo: sarà quello del 100esimo numero?. E auguri ai due padri-padroni della pubblicazione.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 30 Dicembre 2020 17:13
 
Auguri dai Master del tempo di Cecco Beppe, come vedete son sempre esistiti PDF Stampa E-mail
Lunedì 28 Dicembre 2020 00:00

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Sì, son proprio sempre esistiti i Master, i praticanti attività fisica con un bel fardello di anni sulle spalle. Solo i presuntuosi modernisti pensano, stoltamente, di aver inventato tutto, si gloriano di aver creato questa attività. Avant nous le déluge, pensano gli stolti, modificando il famoso motto (era un Après nous...) attribuito, senza nessuna certezza, o al Re di Francia Luigi XV o alla sua favorita Madame de Pompadour. Noi propendiamo per Madame, le donne sono più sottili e taglienti degli uomini. La antica immagine dei praticanti già inscritti agli albi dell'I.N.P.S. dell'Imperatore d'Austria Cecco Beppe è frutto delle pazienti e sistematiche ricerche del nostro segretario Alberto Zanetti Lorenzetti, il quale l'ha «ritoccata» in sintonia con il periodo natalizio. Superfluo sarebbe ricordare le peripezie di questi dodici mesi, le preoccupazioni, i lutti. Natale e Fine Anno sono solo banali appendici, enfatizzate da questa assurda società di consumismo ad oltranza, a questa situazione che ha messo tutti i ginocchio, e che solo gli idioti si ostinano a non riconoscere.

La situazione generale non poteva non colpire anche la nostra modesta (?) attività sociale: annullata l'Assemblea annuale già fissata a maggio, nel bell'intorno della Valle delle Cartiere, a Toscolano Maderno, sul lago di Garda, nella sede dell'affascinante Museo della Carta. I contatti sono stati lasciati, come tutti, ai telefoni e alla posta elettronica. Il nostro sito ha fatto da catalizzatore dei nostri interessi storico-atletici. Ha conosciuto momenti eccezionali per il numero di contatti. Dopo il ritorno a dimensioni meno eclatanti, abbiamo comunque superato i due milioni di contatti complessivi a fine novembre.

Adesso dobbiamo ritrovarci, anche solo una volta l'anno per l'Assemblea, ma ritrovarci. Lo chiediamo all'anno che sta percorrendo l'ultimo miglio e arriverà fra pochi giorni. Accogliamolo con un sorriso, quello che ci regala la vignetta elaborata da Alberto. Che il 2021 ci porti le cose essenziali della vita, del superfluo facciamo a meno, non della nostra voglia di cultura, seppure limitata al nostro sport, che spesso ci apre orizzonti anche più ampi. In alto i cuori!

Ultimo aggiornamento Lunedì 28 Dicembre 2020 11:41
 
Ferruccio Albanese e il figlio Albano, eredi del ginnasiarca Gregorio Draghicchio (2) PDF Stampa E-mail
Sabato 26 Dicembre 2020 00:00

Tale padre, tale figlio. Noi abbiamo fatto il contrario: della documentata ricerca di Alberto Zanetti Lorenzetti sulla famiglia Albanese abbiamo pubblicato prima la parte relativa al figlio, Albano, e poi quella che riguarda il padre, Ferruccio. Con questa seconda, e conclusiva, parte rimettiamo le cose nel loro ordine e parliamo del padre, valente ginnasta e poi anche bravo atleta e podista. Molto eclettico, tanto che si esibiva con ottimi risultati tanto nella corsa che nei concorsi, salti soprattutto. Nel ringraziare Alberto, mandiamo in archivio anche questa bella storia familiare, che va ad arricchire il nostro patrimonio di ricerche, immagini, belle storie del tempo andato.

Nelle foto che seguono: Ferruccio Albanese, in abito scuro, presidente della società Forza e Valore di Parenzo, posa con gli atleti. Sotto, a sinistra, da atleta impegnato nel salto in alto, e, accanto, una posa che mette in risalto la compatta struttura del suo fisico. A seguire: la squadra della Forza e Valore che partecipò al Concorso Nazionale di Venezia del 1907; Ferruccio è il ginnasta sdraiato sulla sinistra. Infine, Albanese padre e Giovanni Cottur, padre del ciclista Giordano, impegnati in una gara podistica a Trieste il 13 ottobre 1912. Quest'ultima fotografia ci è stata messa gentilmente a disposizione del Dott. Karl Graf (Austria), che ringraziamo

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Papà Albanese, battezzato Ferruccio Giuseppe, era nato il 13 dicembre 1891 nella sportivissima Parenzo, appassionandosi subito all’attività agonistica, praticando ginnastica, ciclismo e atletica. Non ancora tredicenne - correva l’anno 1903 - lo troviamo premiato a un Concorso interno della Forza e Valore. L’anno dopo ebbe inizio la lunga serie di sue presenze a Concorsi ginnastici. Dopo l’esordio a Gorizia nel 1905, seguirono a distanza di un anno dall’altro le partecipazioni al Concorso internazionale di Milano, al Concorso di Venezia del 1907 e al Concorso nazionale straordinario di Piacenza, organizzato subito dopo la conclusione dei Giochi Olimpici di Londra, in occasione delle celebrazioni per l’inaugurazione del nuovo ponte sul Po. Nel 1910 fu la volta del Convegno federale di Pistoia e del Concorso intersezionale di Genova che celebrava il 50esimo anniversario della spedizione dei Mille.  A seguire, nel 1911, fu la volta del Concorso internazionale di Torino che inaugurava lo Stadium, il nuovo impianto sportivo del capoluogo piemontese. In altre parole partecipò alle principali manifestazioni organizzate nell’ambito della Federazione Nazionale Ginnastica Italiana, pur se suddito di Francesco Giuseppe.

Di tutta questa attività sappiamo i risultati, spesso lusinghieri, della società ginnastica parentina ma ben poco si può ritrovare sulle prestazioni individuali. Il motivo lo possiamo capire sfogliando «Il Ginnasta», bollettino della FNGI: in questi imponenti Concorsi era concesso grande spazio all’attività di squadra, mentre ben poche notizie venivano date per le gare individuali, spesso citando il premio assegnato anziché il risultato tecnico. Possiamo citare ad esempio che al Concorso federale di Pistoia del 1911 Ferruccio guadagnò la medaglia d’argento per essersi piazzato al secondo posto nella “decisiva” dei 400 metri e che al Concorso internazionale di Torino fu premiato con medaglia d’oro e diploma, conquistando anche la medaglia d’argento piccola nella gara dei 400 metri. Nessun cenno al tempo e al piazzamento. Maggiori notizie che ci possono permettere di valutare quale fosse il suo valore ci vengono dai risultati ottenuti al di fuori delle prestigiose manifestazioni organizzate dalla Federazione ginnastica. Già nel 1907 il suo nome comparve la terzo posto del Giro podistico di Trieste (6,4 km) e da allora seguirono una serie di prestazioni che lo segnalarono come uno dei migliori atleti giuliani nelle gare di corsa nelle distanze fra i 100 e gli 800 metri a tutto il 1912. Poi se ne persero le tracce: aveva dovuto indossare la divisa grigia dell’imperial-regio esercito.

Lo ritroviamo in pista il 15 giugno 1919 a Pola, impegnato sulla distanza anomala dei 480 metri e nel lungo, mentre nel salto in alto era presente Giovanni Vojak, futuro centrocampista della Juventus e della Nazionale di calcio, conosciuto anche come Vojak I per distinguerlo dal fratello Oliviero. Nel frattempo Ferruccio aveva iniziato a gestire a Parenzo un negozio di generi alimentari e si era sposato, pianificando (secondo quanto ci disse il figlio Albano, all’insaputa della moglie) il viaggio di nozze  con tappe in località dove avrebbe potuto gareggiare. Se nel 1919 si era dedicato maggiormente alle gare di corsa, l’anno successivo ottenne i risultati di maggior rilievo nei concorsi raggiungendo durante i Campionati istriani (ai quali prese parte anche il velocista polese Vittorio Zucca, reduce dai Giochi Olimpici di Anversa) la misura di 11,61 metri nel triplo, undicesima prestazione nazionale della stagione, vincendo anche il lungo e guadagnando il bronzo nell’asta.

Ai Campionati nazionali assoluti, che ebbero luogo a Bologna il 18 settembre 1922, raggiunse il miglior piazzamento della sua carriera, classificandosi al quinto posto nel salto triplo. Sette giorni dopo, a Parenzo, si disputarono i Campionati provinciali dove partecipò alle gare dei salti in estensione venendo preceduto in classifica dal triestino Pietro De Jurco, personaggio di rilievo che avrebbe allevato generazioni di atlete e ginnaste giuliane di ottimo valore nazionale assieme a Giovanni Lorenzetti, presente anch’egli alla manifestazione unitamente a Vittorio Zucca e a Ettore Uicich, futuro primatista italiano di salto in alto e trasvolatore con Balbo nei primi raid aerei, attività bruscamente interrotta da un incidente d’auto che gli costò la vita.

Le ultime notizie che riguardano l’attività atletica di Ferruccio provengono dai giornali del 1922, quando a Pola si aggiudicò la gara del lungo prendendosi la soddisfazione di battere Zucca. Dello stesso anno è anche la notizia del suo inserimento nell’elenco dei giurati della Federazione ginnastica, preludio alla sua lunga attività dirigenziale che lo portò a ad essere commissario federale della FIDAL per l’Istria e soprattutto a ricoprire per lungo tempo il ruolo di presidente della Forza e Valore di Parenzo, società che ricostruì nell’agosto 1945, ma che poco dopo dovette cessare l’attività per l’evoluzione politica che coinvolse l’Istria. Oggi lo possiamo ricordare come uno dei migliori atleti giuliani che gareggiarono negli anni a cavallo della Grande guerra, assieme ai velocisti Vittorio Tommasini ed Ermenegildo Tomel, al mezzofondista e ciclista Giovanni Cottur e all’eclettico Giovanni Lorenzetti. Esule a Trieste, morì quasi centenario il 26 gennaio 1991.

(fine)

Ultimo aggiornamento Sabato 26 Dicembre 2020 13:32
 
Sandro, Giorgio, Maurizio, cognome Damilano, raccontati da Giorgio Barberis PDF Stampa E-mail
Mercoledì 09 Dicembre 2020 11:45

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Una segnalazione per i nostri lettori, che non è solo un atto formale. Ci fa davvero piacere farla perchè riguarda quattro persone a cui va tutto il nostro rispetto, ammirazione e, diciamolo pure senza falsi pudori, affetto. Da pochi giorni ha raggiunto le librerie, vere o virtuali, un libro che vorremmo andasse ad arricchire lo scaffale delle opere sportive nelle case di tutti gli appasionati di atletica. Il libro porta questo titolo: «I fratelli Damilano - Nati per vincere». Giorgio, Sandro e Maurizio in copertina. E fa già tre di quelli cui siamo legati da antica amicizia e frequentazione. E poi c'è il quarto, colui che il libro lo ha riempito con la sua nitida scrittura. Di nome fa Giorgio Barberis. La cosa più importante: è socio della A.S.A.I.! E quindi per noi motivo di orgoglio. Poi viene tutto il resto: torinese, giornalista che ha il suo cursus honorum principale nella redazione sportiva della storica «La Stampa»: redattore, capo servizio, inviato. E non ha fatto solo questo, come racconta la sua biografia. Questa è la sua ultima, per ora, fatica editoriale. Assecondata da un editore, Paolo Fusta, che tiene i suoi moderni torchi a Saluzzo, come dire l'ombelico del mondo per la Damilano Band. Da questa collaborazione - che Giorgio definisce «fra amici più che fra autore ed editore» - è nato questo libro di 252 pagine (al costo di 17 euro e 90) che, attraverso la narrazione, ci fa entrare nella matassa di sentimenti, sofferti allenamenti, gioie e delusioni, affetti familiari, attività professionali dentro e fuori lo sport, vita di ogni giorno, di questi inseparabili tre fratelli gentiluomini di campagna. Per usare una frase un po' trita, si legge quasi d'un fiato. E per chi - parecchi di noi che ruotiamo a vario titolo attorno a questo spazio - ha vissuto tanta parte di questa loro vicenda sportiva, non manca solo il fiato, subentra il ricordo e, talvolta, la commozione. 

Bravo Giorgio, bravo l'editore Fusta. Bravi i Damilano? Ma già lo sapevamo!

Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Dicembre 2020 23:17
 
Albano e Ferruccio Albanese, “eredi” del ginnasiarca Gregorio Draghicchio (1) PDF Stampa E-mail
Sabato 05 Dicembre 2020 12:26

Se pensavate di esservi liberati di Alberto Zanetti Lorenzetti, allora vi siete sbagliati. Dopo le belle storie personali della famiglia Legat, di Augusto, o Auguste alla francese, Maccario e dell'estroverso marciatore Donato Pavesi, eccolo scavare le vite di padre e figlio, Ferruccio e Albano Albanese, prodotti di quello sport giuliano-dalmata in cui l'amico Alberto è ormai solidamente ferrato dopo ricerche oltre che ventennali e la pubblicazione di due fondamentali lavori storici sullo sport di quelle terre. Liberarci di lui? Il cielo ci fulmini, ne avessimo, non tanti, altri cinque o sei come lui mangeremmo gli gnocchi in testa a tutte le paludate e professorali congreghe cultural-sportive. Noi abbiamo Alberto, teniamocelo stretto. E intanto leggiamo la prima parte (saranno due in tutto) di questo suo nuovo scritto sulla famigliola Albanese, di Parenzo, che ha lasciato orme pesanti nello sport italico.

Rassegna fotografica. Nelle prime due immagini Albano impegnato nelle sue specialità preferite:110 ostacoli e salto in alto. In basso a sinistra, con la maglia nella Nazionale in occasione dell'incontro Italia-Svizzera a Firenze il 4 luglio 1948. Nell'ultima a colori, Albano e Marcella Skabar nel 2003 a Trieste durante un convegno organizzato nella sede della Associazione Atleti Azzurri d'Italia: in primo piano la piccola maglia confezionata dalla madre di Albano in onore del ginnasiarca Gregorio Draghicchio

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Albano Albanese è stato uno dei principali personaggi dell’atletica giuliano-dalmata che visse il dramma dell’esodo. Era nato a Parenzo il 20 dicembre 1921 e rivelò le sue doti atletiche fra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta proponendosi come un’ottima promessa del vivaio istriano (assieme a Egidio Pribetti di Pola, Ovidio Bernes di Visignano e ai gemelli Pellarini di Capodistria) approdando a guerra finita alla «Giovinezza» di Trieste dove ebbe modo di affinarsi nelle gare in pista e nei concorsi. Eccelleva nei 110 ostacoli e nell’alto, specialità che gli portarono 11 titoli italiani (nove nelle barriere alte e due nel salto in alto), 14 maglie azzurre fra il 1947 e il 1954 e un quarto posto agli Europei di Bruxelles dove, nella gara ad ostacoli, mancò per un solo decimo il bronzo. Vinse ai Giochi internazionali universitari disputati a Parigi nel 1947, edizione che fu caratterizzata da violente polemiche che portarono ad un incidente diplomatico per l’annunciata presenza di atleti della Federazione universitaria triestina, una organizzazione facente capo all’UCEF, allora definito il “CONI jugoslavo di Trieste”. Il tutto si risolse grazie all’intervento dell’ambasciata italiana che ottenne il ritiro della delegazione filo-titina.

Ho conosciuto Albano in una giornata di caldo da record nel giugno 2003 a un convegno organizzato a Trieste dalla locale Associazione nazionale atleti azzurri d’Italia, diretta per 32 anni dalla giavellottista Marcella Skabar (sei presenze in Nazionale fra il 1957 e il 1962), ed al quale erano presenti anche la “penna” storica del canottaggio italiano Ferruccio Calegari ed esponenti del mondo sportivo e giornalistico giuliano. Non potevamo non parlare di Brescia, dove aveva vissuto – provenendo dalla «Giovinezza Sportiva» di Trieste – una breve ma intensa stagione, quella del 1950, ricordando che con Armando Filiput  la neonata società di Sandro Calvesi (Atletica Brescia1950, di cui abbiamo ricordato i settant'anni di vita proprio pochi giorni fa) presentava il meglio dell’ostacolismo nazionale, accennando poi alla doppietta ai Campionati nazionali – dove si era aggiudicato il titolo dei 110 ostacoli e del salto in alto – e l’amarezza della «medaglia di legno» (chiamano così il quarto posto) ai Campionati d’Europa, disputati nello stadio Heysel di Bruxelles, dove erano presenti due storici e statistici che hanno ispirato il nostro coinvolgimento in atletica, Roberto Quercetani e Bruno Bonomelli. A fine stagione Albano avrebbe ceduto al richiamo delle sirene di Gallarate, che già avevano ammaliato Tonino Siddi e che avrebbero accalappiato poco dopo anche Filiput, creando un club di enorme capacità agonistica.

Di carattere molto estroverso, con una abbronzatura che metteva ancora più in evidenza la vitiligine della pelle, spesso era protagonista di vicende che davano sfogo alla sua esuberanza. Soffriva di reumatismi che curava uscendo in mare con l’imbarcazione dell’amico fraterno Ottavio Missoni (che nella pesca – a detta di Albano – era meno bravo della moglie Rosita), indossando una muta per fare immersioni che definiva di gran beneficio. Ci hanno raccontato di sue incursioni a seriose riunioni con alla mano razioni di fritto misto di mare.

Ma torniamo al nostro convegno. In quell’occasione non arrivò con materiale commestibile, ma con un cimelio che Marcella avrebbe più che volentieri esposto nella sua mostra permanente allestita nello stadio Nereo Rocco: una microscopica maglietta confezionata per lui dalla mamma con ricamata la scritta “G. Draghicchio – Parenzo”. Il nome fa riferimento al parentino Gregorio Draghicchio, il ginnasiarca, cioè uno dei padri della ginnastica non solo triestina, ma addirittura italiana che fu eccellente istruttore, divulgatore di tecnica, risultati e statistiche attraverso pubblicazioni, e colonna della ginnastica dai sentimenti irredentistici che lo portarono ad assaggiare le imperial-regie galere. Il prof. Gregorio aveva lasciato anche un gran bel ricordo a Milano dove era andato a insegnare ai ragazzi dalla canotta blu della Pro Patria, quelli che si presentavano al grido di “zan zan le belle rane”, motto di battaglia ripreso anche da Enzo Jannacci in una delle sue inconfondibili canzoni comico-surreali.

Draghicchio lasciò Milano poco tempo dopo l’attentato a Umberto I al Concorso ginnastico di Monza (aveva avuto un colloquio con il sovrano qualche attimo prima che Bresci riuscisse nell’intento regicida), tornando nella sua Parenzo dove trasformò il sodalizio di canottaggio “Adriaco” nella “Forza e Valore”, vera e propria società di ginnastica. Morì improvvisamente a soli 51 anni. Atleti e dirigenti vollero che il suo nome fosse aggiunto a quello del sodalizio che divenne “S.G. Forza e Valore Draghicchio”, evento che ci riporta alla piccola maglietta.

Sono passati ormai dieci anni da quando, il 5 dicembre 2010, Albano ci ha lasciato.

(segue)

Ultimo aggiornamento Mercoledì 16 Dicembre 2020 20:32
 
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