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Massara scrisse a Bonomelli:«Nelle ricerche mi ha aiutato un giovane...» PDF Stampa E-mail
Domenica 20 Giugno 2021 00:00

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«Caro Bruno,...Sono stato all'emeroteca per le ricerche sui Campionati italiani assoluti del 1926...In questo lavoro mi ha aiutato Elio Trifari, giovane aderente all'AISAL...». Questi brani sono estrapolati da una lettera che Salvatore Massara scrisse a Bruno Bonomelli il 21 aprile 1967. Tutti i nominati erano soci dell'Associazione italiana storici e statistici di atletica leggera, fondata un paio di anni prima, tra i fondatori proprio il giornalista bresciano. E viene citato Elio Trifari, un giovane - all'epoca aveva 22 anni - che aiutava a fare le ricerche in emeroteca per trovare vecchi risultati dei Campionati italiani. Dopo sei anni, Trifari - il 1° settembre 1973 - fu assunto alla «Gazzetta dello Sport», di cui era direttore Giorgio Mottana.

La foto si riferisce al Convegno organizzato dalla nostra A.S.A.I. e dal Comitato milanese dell'Associazione Nazionale Friuli Venezia Giulia a Dalmazia, convegno che si tenne al Palazzo del C.O.N.I. a Milano il 28 novembre 2002. L'iniziativa intendeva ricordare la figura di un ginnasiarca istriano, Gregorio Draghicchio, che aveva avuto parte importante nell'insegnamento e nello sviluppo della ginnastica in Lombardia. Relatori, durante quella bella serata in una sala di via Piranesi, presentata da Aldo Capanni, furono Alberto Zanetti Lorenzetti, il prof Sergio Giuntini, Ferruccio Calegari ed Elio Trifari (al centro nella foto, a destra, di profilo, Zanetti Lorenzetti, e a sinistra Calegari). In sala, tanti cari amici che purtroppo non son più tra noi: Rosetta Nulli Bonomelli, Carlo Monti, Savino Guglielmetti, Edoardo Mangiarotti, Aronne Anghileri. Gli Atti del Convegno furono poi raccolti in una pubblicazione voluta dagli organizzatori, ricca di documenti originali, storiche fotografie, e approfondimenti degli interventi.

Ultimo aggiornamento Lunedì 21 Giugno 2021 07:41
 
Elio Trifari, dalla «rassegna della marcia» a vicedirettore della «Gazzetta» PDF Stampa E-mail
Venerdì 18 Giugno 2021 20:53

Bisogna averli vissuti quegli anni. E soprattutto bisogna essersi abbeverati alle pagine di «Atletica Leggera», la rivista che si usava definire «quella di Merlo», o «quella di Vigevano», per distinguerla dal mensile federale «Atletica». E chi voleva sapere davvero del nostro sport le leggeva tutte e due, le conservava, le faceva rilegare. E su «quella di Merlo»,  accanto al colonnino di Marco Cassani (uno dei migliori commentatori di sempre), leggevi Roberto Quercetani, Salvatore Massara, le cronache di Gian Franco Sozzani, le difese del cross di Carlo Venini, le belle interviste di Bianca Maria Comar Valpreda, i risvolti storici di Flavio Benussi e Luciano Serra, le dissertazioni tecniche di Enrico Arcelli. E tanti altri, e fra i tanti, lui, Elio Trifari, un napoletano aspirante ingegnere, cresciuto a lato di Salvatore Massara a fare ricerche di vecchi risultati sulle pagine del «Mattino», del «Roma» e del settimanale partenopeo «Tutti gli Sports». Qualche anno dopo, già redattore alla «Gazzetta», Elio teneva una rubrica fissa sulle pagine della rivista vigevanese che si titolava «Rassegna della marcia», forse per l'essere cresciuto a fianco di Massara che valido marciatore era stato nella prima metà degli anni '50. Ed ecco spiegata una parte del nostro titolo che potrebbe suonare incomprensibile a chi...non c'era.

Elio Trifari ha cessato di vivere ieri, aveva compiuto 76 anni lo scorso mese di marzo. Da Napoli venne a Milano, alla «rosea», redattore di atletica, poi caporubrica, e da lì agli sport olimpici, di cui divenne grande appassionato e scrittore. Su su per li rami, arrivò alla vicedirezione del quotidiano, direttore Candido Cannavò, altro uomo del Sud, ancora più a Sud, Catania. Qualche tappa della carriera: Elio Trifari fu il primo direttore del Magazine settimanale, quello che oggi si chiama «SportWeek», mise mano al sito online del giornale, fu il curatore di molte delle pubblicazioni dell'Editoriale della «Gazzetta». L'ultimo prestigioso incarico fu la direzione della Fondazione Candido Cannavò. Parecchi di noi dell'Archivio dell'atletica lo ricordano con stima e affetto. Era uno dell'atletica, e lo è sempre rimasto.

Ultimo aggiornamento Lunedì 21 Giugno 2021 07:39
 
Paola Pigni, ovvero poetica di una donna diventata un simbolo dell' Atletica PDF Stampa E-mail
Lunedì 14 Giugno 2021 18:18

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Tre foto della signorinetta Paola Pigni: in lettura vicino alla mamma, signora Monserrat Hurtado, accanto alla libreria di famiglia, esercitandosi al pianoforte. L'ultima immagine è un omaggio alla SNIA, il club che ha avuto l'onore della sua medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici München '72, nella prima finale olimpica in cui fu consentito alle donne di correre i 1500 metri

Non ce lo aspettavamo, e quindi ci ha fatto ancor maggior piacere. Gianfranco Carabelli, Maestro dello Sport, dirigente del Comitato olimpico italiano in molteplici ruoli, atleta di rara eleganza nei suoi anni giovanili, corridore di 800 metri, fermato solamente da problemi muscolari non risolvibili, uomo di solida cultura sportiva, ma - soprattutto - socio dell'A.S.A.I. (lasciateci scherzare), ci ha fatto avere un ricordo di Paola Pigni, che domenica scorsa, repentinamente, è morta, mentre stava concludendosi un atto pubblico voluto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, eventi cui Paola dava spesso la sua convinta adesione. Gianfranco, coetano di Paola e germogliato come atleta nello stesso ambiente milanese, ce ne regala un bozzetto vivido, vissuto, intenso, emozionante. Gianfranco è rimasto uno dei pochi, in questo mondo sportivo raffazzonato, che scrive Atletica con la lettera iniziale maiuscola.

Leggendo Gianfranco ci è tornata alla memoria una breve chiacchierata che Paola ebbe con Salvatore Massara mentre era in viaggio di nozze (parliamo del 1971), un botta e risposta pubblicato sul numero di aprile della rivista «Atletica Leggera». Fece tappa alla Scuola di Formia, si allenò regolarmente e poi si intrattenne con l'amico Salvatore. Alla domanda "Cosa pensi del tuo passato d'atleta?" rispose:"Mi vengono in mente certi scrittori che non riconoscono più le loro opere giovanili. Rivedendo il mio passato ora posso accorgermi degli errori fatti. Però proprio il riconoscere questi errori significa in definitiva progredire e migliorare. La gente dice che io mi sacrifico per l'atletica. Ma non è vero. L'atletica a me ha dato tanto. Senza l'atletica ci sarebbe un gran vuoto in me".

Domenica, sull'onda della triste notizia, abbiamo dato spazio ad un saggio del prof. Sergio Giuntini. Oggi gli affianchiamo questo ricordo personale di Gianfranco Carabelli. La lunghezza d'onda è la stessa. Un sentito ringraziamento a Gianfranco.

Il lutto per la morte di Paola Pigni porta con sé il lutto per un certo tipo di cultura dello sport di altissimo livello. Paola non è stata solo l’atleta capace di battere record nazionali, europei e mondiali; è stata l’ atleta che ha affrontato e superato i limiti culturali, sociali e antropologici che facevano dello sport femminile, in particolare di certi settori dell’ Atletica leggera, una sottospecie di quello maschile. Con sbarramenti considerati invalicabili, salvo avventurarsi su chine considerate contro natura per il "gentil" sesso. Paola non si è mai data per vinta e con la sua innata predisposizione alla sfida, ha affrontato e demolito tutti i tabù di allora, sostenuta dalla sua tanto richiamata formazione conseguita alla razionalissima e rigorosissima scuola tedesca, arricchita, e non in contrasto, dalla cultura musicale operistica coltivata in famiglia.

Aggiungiamo anche il fatto che con un ulteriore percorso di formazione personale, facilitato da un orecchio musicale ben addestrato, poteva vantare la capacità di dialogare in quattro lingue e di esprimersi in un italiano ricco di osservazioni, di sfumature appropriate e ben aggettivate. Le stesse che le hanno reso più facile l’intesa dialettica con chi la allenava nella titanica impresa di abbattere i muri verso percorsi agonistici fino ad allora inesplorati. Allo stesso modo, metteva in mostra se stessa, i suoi turbamenti, le sue paure, le sue gioie le sue "esaltazioni" necessarie per vincere sulle ostilità di percorso o sulle avversarie, quando c’erano. Non era incline ai mezzi termini e agli infingimenti, pur facendo apparire a volte una velata quanto insospettata timidezza e, soprattutto, la ricerca di una mano rassicurante e inflessibile che la sostenesse.

Da queste basi, da questa "poetica" che meriterebbe ben ulteriori approfondimenti, Paola è partita per costruire l’atleta che è stata, senza porsi limiti, alla scoperta di territori tanto ignoti quanto ambiti, concepiti da una mente libera e determinata prima ancora di essere raggiunti dalle gambe e dal cuore dell’atleta. Le sue conquiste l’hanno portata ad essere la dissacratrice di consolidate credenze e, nello stesso tempo ,la consacratrice di nuovi orizzonti spalancati davanti al movimento sportivo femminile.
 
Per quella fortuna che aiuta i coraggiosi, ha trovato sulla sua strada, fin dalla prima ora, due persone (una più e una meno) quasi dimenticate, ma che è doveroso ricordare, anche nel caso di un oltremodo sintetico ricordo. Si tratta di Lauro Bononcini, allora Direttore tecnico FIDAL, e di Alfredo Berra, maitre a penser dell’ Atletica leggera e giornalista della «Gazzetta dello Sport». Il primo si è comportato da saggio e lungimirante traghettatore di Paola dalla velocità alle corse prolungate. Famosi gli allenamenti in salita al San Luca, luogo emblematico scelto da Bononcini per i test più stressanti , dove non era concesso schiattare e dove Paola ha rivelato presto le sue potenzialità in termini di capacità di sopportazione della fatica più dura. Il secondo, Alfredo Berra, ha assecondato le scelte personali dell’ atleta. Aiutandola a sviscerare e a riflettere su tutti gli aspetti umani, sociali e culturali implicati nella sua vicenda assolutamente nuova e per ciò stesso piena di insidie, portandola a raggiungere la piena consapevolezza della sua eccezionale dimensione di donna-atleta. Più avanti, arrivata alla necessità di dare un indirizzo pressoché stabile alla propria vita, con discrezione, ha accompagnato Paola a seguire una strada sportiva e familiare definitiva che le desse quelle sicurezze di cui era alla ricerca fin da giovane atleta promettente.
 
Ciao Paola.
Ultimo aggiornamento Mercoledì 16 Giugno 2021 14:18
 
Una notizia che ci ha gelato il sangue: la morte improvvisa di Paola Pigni PDF Stampa E-mail
Venerdì 11 Giugno 2021 16:07

È morta Paola Pigni, una delle più grandi protagoniste dell'atletica italiana. Avrebbe compiuto 76 anni alla fine dell'anno. In mattinata aveva partecipato, con altri atleti, alla cerimonia per la Festa dell'Educazione alimentare nelle scuole nella tenuta presidenziale di Castel Porziano, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Subito dopo si è sentita male, è stata immediatamente trasportata all'ospedale romano Sant'Eugenio, dove però ha cessato di vivere.

Avevamo avuto occasione di parlare di lei , sul nostro sito, alcuni mesi fa, in occasione della inaugurazione di una targa in una scuola di Catania alla memoria del prof. Bruno Cacchi, l' allenatore che l'aveva portata alle medaglie di bronzo sui 1500 metri ai Campionati d'Europa ad Atene '69 e ai Giochi Olimpici a München '72, oltre ai due successi mondiali nel cross e a un gran numero di primati nazionali e mondiali, titoli nazionali, maglie azzurre. Il prof. Cacchi divenne poi suo marito.

Per ricordarela degnamente pubblichiamo un  esauriente saggio che il prof. Sergio Giuntini, professore di storia dello sport e nostro socio, dedicò all'atleta e alla donna Paola Pigni. Giuntini presentò la sua ricerca in occasione di un convegno a Bologna. Ringraziamo Sergio, mentre ci inchiniamo reverenti alla figura della indimenticabile atleta.

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Le foto: nelle due più grandi a sinistra, Paola Pigni in gara sugli 800 metri nell'incontro Italia - Romania del 1° luglio 1973, a Reggio Emilia. Si riconosce la giovanissima Gabriella Dorio, che sarà la sua erede fino al titolo olimpico del 1984. Nelle altre due foto, pure sovrapposte, la Pigni con la sovietica Lyudmila Bragina, che nel 1972 ai Giochi Olimpici di Monaco migliorò tre volte il primato mondiale dei 1500 metri: in batteria, in semifinale e in finale e conquistò la medaglia d'oro; la Pigni fu terza, sulla stessa linea della tedesca della Germania Est Gunhild Hoffmeister: il distacco fra loro fu decretato dai cronometri in due piccoli centesimi di secondo

 

Una donna in corsa contro tutti i pregiudizi

 di Sergio Giuntini

Le identiche prevenzioni fisiologiche, moralistiche e religiose con le quali s’era cercato di frenare - tra Otto e Novecento - l’uso della bicicletta da parte della donna, (1) furono all’origine delle remore nutrite nei riguardi delle corse podistiche muliebri di durata. Resistenze potentemente rafforzate da un episodio che segnò per molto tempo lo sviluppo di queste pratiche atletiche femminili.

800 metri e Maratona vietati alle donne

Ci si riferisce alla gara degli 800 metri disputata nell’ambito dell’Olimpiade di Amsterdam. La prova, in cui gareggiò pure l’italiana Giovanna Marchini venendo eliminata nella seconda batteria, fu vinta a ritmo di record mondiale dalla tedesca Lina Radtke in 2’16”8. Ma a destare impressione non fu tanto questo eccellente primato quanto, piuttosto, le condizioni d’affaticamento mostrate da alcune atlete al termine della competizione. Uno stress determinato dal fatto che gli organizzatori fecero sostenere, con scarso acume, eliminatorie e finale a distanza di solo 24 ore, il 1° e il 2 agosto 1928, causando delle logiche difficoltà di recupero alle concorrenti qualificatesi per la prova decisiva. Ciò che fece eco, dunque, fu un’ondata di reazioni negative nell’opinione pubblica e sulla stampa; (2) scalpore che indusse il Daily Mail britannico a  scrivere che "queste ragazze diventeranno vecchie troppo presto"

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Ultimo aggiornamento Venerdì 11 Giugno 2021 17:35
 
Elio Forti, di Navazzo, omaggio al nostro socio...che cammina anche per noi PDF Stampa E-mail
Mercoledì 09 Giugno 2021 10:24

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Legenda delle foto, in senso orario. Vista dalla collina sopra Torbole, parte trentina, dove i camminatori sono arrivati dopo 35 ore. Elio Forti sul balcone che si affaccia sul golfo di Salò. Il passaggio sul ponte tibetano tra Pai di Sopra e Crero, a monte di Torri del Benaco, lato veneto. Veduta sul castello di Malcesine.

Il nostro socio Elio Forti, gardesano, non è nuovo ad imprese del genere. Di camminare non si è mai stancato, e anche di correre, ricordando che da giovanotto si impegnava su distanze di mezzofondo, con particolare predilezione per la corsa campestre. E da sempre ha cercato di trasmettere questa sua passione per la corsa agli altri, specialmente ai ragazzi del suo bel borgo di Navazzo, sopra la cittadina di Gargnano, sul lago di Garda.  Ma è passato tanto tempo, oggi ragazzi che corrono sono mosche bianche, restano...i ragazzi di cinquant'anni fa. E, giusto il 1° gennaio 1972, fondò insieme ad altri il Gruppo Sportivo Montegargnano; poi venne la corsa podistica oggi conosciuta come «Diecimiglia del Garda», dove son passati fior di campioni, anzi di Campioni, lettera iniziale maiuscola. La prossima, domenica 1° agosto, 48esima edizione. Soci A.S.A.I. siete invitati.

Se un tempo era la corsa, oggi è il cammino, il trial, il trekking, ce n'è per tutti i gusti. Elio cominciò tanti anni fa, non è un pivellino che segue le mode. Per dire: nel 1975, in occasione dell'Anno Santo, con altri amici del borgo, camminò da Navazzo a Roma. Diremmo che il suo è uno stile di vita, quello del camminare. Nel 2018 coprì la distanza di 2465 chilometri fra Navazzo e Nazaré, in Portogallo (città gemellata per ragioni...pedestri). L'anno scorso fece il giro completo del lago di Garda a livello stradale...stavolta stessa impresa ma passando sulle montagne e alture che stringono in un abbraccio il grande specchio d'acqua. Dislivello positivo di oltre tremila metri...

Elio Forti è dei nostri, uno dei primi a farsi socio, per amicizia, per convinzione, per amore a quello sport che gli ha riempito una grande parte della vita. Sappiate, signori soci, che quest'uomo ha fatto tanto, davvero tanto, per il nostro piccolo gruppo. E continua, in silenzio e senza apparire, a fare. Pensate: in più, senza bisogno di sollecitarlo, paga perfino la quota annuale!

Complimenti Elio! Adesso ti manca solo di programmare il Giro del mondo a piedi.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 09 Giugno 2021 19:02
 
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