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Omaggio ad Angelo Baronchelli: racconto fotografico di una emozionante serata PDF Stampa E-mail
Mercoledì 21 Luglio 2021 07:43

"Che bella cosa, avrei voluto esserci...". Questo ci ha scritto Lyana Calvesi Ottoz, e ci ha fatto molto piacere. Ebbene sì, è stata una bella cosa, il cui successo va cercato in diversi fattori: la bellezza del posto e l'ospitalità dei padroni di casa, la verve inesauribile del festeggiato, Angelo Baronchelli, la partecipazione e la simpatia che hanno sfoderato gli atleti che hanno risposto all'invito e che attorno a lui si sono stretti in un commovente abbraccio. E - ci rivolgiamo direttamente a Lyana - il nome di tuo padre è risuonato molte volte, e sulle labbra di Angelo assumeva un suono molto speciale, amorevole come quello di un figlio verso il padre.

L'occasione di tornare sulla bella serata ci è offerta oggi dall'ampio servizio fotografico realizzato da Pietro Delpero. Ampio? Pensate che è solo una selezione, se avessimo pubblicato la versione integrale avreste dovuto cancellare le ferie per vederlo tutto. In ogni caso, armatevi di pazienza per sfogliarlo: passerete dalla visione di alcuni scorci di questo magico luogo gardesano ai momenti di convivialità, dagli incontri fra gli atleti ai loro amichevoli conversari, alla premiazione del festeggiato, il quale è stato, come nella sua natura, un fiume, anzi un lago, in piena di parole, ricordi, sempre lucidissimi e circonstanziati, sotto gli occhi compiaciuti ma anche velatamente commossi dei quattro figli. Resta fuori, c'è solo qualche scorcio, la parte finale della serata, piacevolissima, allegra...canterina. Ma sarà la sorpresa che vi riserviamo con il prossimo appuntamento...un video.

Codicillo: nel corso della cena, il padrone di casa, Alberto Papa, ha raggiunto telefonicamente il suo amico Marcel Jacobs, il quale, quando respira l'aria del Garda, si allena sulle corsie costruite in questo luogo fatato e nella attrezzatissima palestra, che lui stesso ha contribuito a completare con i suoi suggerimenti. Marcel ha salutato con simpatia i presenti i quali hanno ricambiato con l'augurio di un suo grande risultato a Tokyo.

L'iniziativa di ricordare un primato locale - quello bresciano di salto con l'asta, 4.20, sessant'anni fa - aggiunge un nuovo tassello alle iniziative della società Atletica Virtus Castenedolo e del nostro Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli", che già negli anni scorsi hanno «inventato», insieme, occasioni analoghe per tener viva la memoria dell'atletica. Ricordiamo il Memorial Adolfo Consolini per ricordare i cento anni dalla nascita del campione di Costermano; oppure la serata per ricodare che il primato bresciano del disco di Domenico Canobbio aveva superato i quaranta anni di esistenza. Realtà locali, atleti che non hanno vinto Giochi Olimpici o Campionati del mondo, ma atleti che hanno lasciato un segno indelebile nella loro vita. E questa è una delle ragioni di esistere di questa nostra organizzazione, che ha, al suo attivo, anche altre iniziative in altra provincia. Vorremmo che ne nascessero molte altre, altrove, lungo la nostra estesa penisola. Vabbuò...disse quel tale mentre la barca affondava... Nella serata ci hanno accompagnato alcuni soci bresciani dell'A.S.A.I.: Ornella e Enzo Gallotta, Elio Forti, Alessandra Rossetti e Mario Forzanini. Purtroppo alcuni hanno dato buca preferendo mettere le chiappe al sole. Sacrosanto.

Adesso, calma e gesso, mettetevi comodi e sfogliate il corposo album di Pietro, pararazzo in Castenedolo. Qui, entrate su questo indirizzo: https://photos.app.goo.gl/4NXBo6NYCxzmk6S49

Ultimo aggiornamento Giovedì 22 Luglio 2021 08:12
 
Una notte in riva al lago di Garda ascoltando i ricordi di un' astista vintage PDF Stampa E-mail
Sabato 17 Luglio 2021 12:19

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Villa Athena, Manerba del Garda, venerdì 16 luglio, una serata piovigginosa e umidosa (di nuovo conio, vediamo se la mettono nel Dizionario della Crusca...) che ai convenuti ha tolto solamente il piacere - e non è poco, credete - di una sistemazione dei commensali fronte lago, con una prospettiva frontale sulla riviera veneta sconosciuta a quasi tutti. Infiltrazioni di acido ialurumido che comunque non hanno nuociuto alle loro giunture, protette dalla cordialità e signorilità del padrone di casa, Alberto Papa, commercialista in Brescia, il quale, fra una certificazione di bilancio a l'altra, trova tempo, volontà e elasticità muscolare per continuare a praticare la disciplina atletica cui ha dedicato il suo entusiasmo sportivo giovanile: il salto in lungo. E per non rubare tempo alla professione ha pensato bene di farsi costruire il suo impianto atletico privato per allenarsi: pista di quattro corsie per 90 metri, doppia pedana per il lungo, grande anfiteatro per l'alto. E poi piscina, palestra dotata di ogni diavoleria allenante.

In tanto bendiddio, la notte del venerdì 16 di luglio alcuni (qualche perdita lungo il percorso organizzativo) dei migliori  ex ragazzi/e, tutti splendidatemente conservati, che hanno messo in gioco sè stessi contro le leggi di gravità, in estensione o in elevazione, si sono ritrovati per manifestare il loro affetto ad un giovanotto che si appresta a timbrare, fra pochi mesi, il cartellino delle 84 primavere. Angelo Baronchelli, scortato dai quattro figli Eleonora, Bruna, Sergio e Luca, ha ricevuto un affettuoso omaggio a sessant'anni dal suo primato bresciano di salto con l'asta: 4.20, il 24 luglio 1961, a Helsinki, durante l'incontro triangolare Finlandia-Germania Democratica-Italia. Baronchelli era rientrato all'inizio di quell'anno a Brescia dopo alcunie stagioni trascorse alle Fiamme Oro Padova, dove lo aveva piazzato il prof. Sandro Calvesi. Angelo da Cigole, stessa località della Bassa Bresciana che aveva dato i natali allo stesso Calvesi, era così tornato a vestire la canottiera dell'Atletica Brescia 1950, con lo stemma a triangolo isoscele rovesciato, che incorporava una leonessa rampante.

Resistettero a lungo quei quattro metri più venti centimetri nell'albo d'oro dei primati della terra bresciana che Bruno Bonomelli teneva religiosamente aggiornati e annotati. In vero, Baronchelli aveva un suo primato di cinque centimetri più alto ,ottenuto l'anno prima in un Norvegia-Italia a Oslo. Si vede che l'aria fina delle terre nordiche faceva bene al fisico del robusto contadino abituato a irrorare i campi col suo sudore, nell caldo e nell'umidità della Bassa. Ma in quell'agosto 1960 indossava i paramenti color cremisi della Polizia di Stato e quindi la cifra non valeva per Brescia, a dar retta a una parte dei cosiddetti statistici di atletica. Il 4.20 tenne duro per quasi otto anni, poi arrivò un giovanotto bresciano di città, Mauro Mabellini che, prima fece lo stesso a MIlano nel maggio 1979, e qualche giorno dopo al «Caffaro Chemical Stadium», meglio conosciuto a quel tempo come Campo Scuole, si portò a 4.25. E poi, su su verso più alte vette, che forse un giorno racconteremo.

È venuto il momento di scendere. Per adesso, stateve accorti picciotti e picciotte, che per i prossimi giorni abbiamo in serbo per voi alcune «memorie» di questa bella serata a cui avete apportato tanta simpatia. Abbiamo altro da raccontare con scritto, immagini, suoni. Per adesso beccatevi 'sta foto del nostro amico Pietro Delpero, che - già ve lo anticipo - vi ha immortalati tutti. Al centro, con un'asta moderna che lui si sarebbe sognato ai suoi tempi, Angelo Baronchelli. A partire da sinistra, Dario Badinelli, Maurizio Tanghetti, Enzo Marchetti, Alberto Papa, Maurizio Maffi, Norberto Ranzetti, Francesco Baiguera, Betty Marchina, Giorgio Federici. C'è di tutto: asta, lungo, alto, triplo. E dopo quella bella stagione della gioventù, tante vite, tante professioni, tante storie.

Ultimo aggiornamento Lunedì 19 Luglio 2021 22:41
 
29 giugno 1960, 29 giugno 1961: quater bagai milanes svelt cum' è la legura PDF Stampa E-mail
Domenica 11 Luglio 2021 00:00

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Questa fotografia ha una storia, come tutte del resto. Brevemente ve la raccontiamo. Primi giorni di settembre del 2017, eravamo allo Stadio «Vittorio Colombo» di Castenedolo, una popolosa cittadina (oltre undici mila abitanti) a pochi chilometri da Brescia, in direzione Mantova. L'Atletica Virtus Castenedolo e il nostro Archivio Storico avevano unito le loro passioni per organizzare un «festival» di lancio del disco in ricordo dei cento anni dalla nascita di Adolfo Consolini. Era una gara sui generis, aperta a tutti, giovani, non più giovani, donne, uomini, ragazzi e ragazze. Era venuto dalla Valcamonica perfino Domenico Canobbio, che detiene da 44 anni (avete capito bene? quarantaquattro, come i gatti dello Zecchino d'oro, quelli in fila per tre col resto di due) il primato bresciano, l'unico, in una terra di omoni alti e forti delle varie vallate, ad aver superato i 50 metri nel disco. I presenti erano attorno alla pedana, sulla quale si esibivano l'esuberante  Carmelo Rado, classe 1933, e il veneto Diego Fortuna, con sua figlia Diletta, una speranza della specialità. C'erano, ospiti graditi, Gaetano Dalla Pria, Franco Sar, Adolfo Rotta, Fabio Monti, Giancarlo Sisti, parecchi soci dell'A.S.A.I., lanci e chiacchiere. Il nostro socio Giulio Salamina, curioso come un gatto, volle conoscere personalmente tutti coloro che non conosceva e quando gli venne presentato Giancarlo Sisti sparò, su due piedi, un "SardiSisti,Vincenzi, Ottolina, la famosa quattro per cento della Pirelli". Ci mancò poco che el Giancarlo finisse lungo e disteso. Di certo rimase ammutolito, cosa che nella sua lunga vita gli è capitata solo pochissime volte, non tace neppure con la testa sott'acqua. Mentre tentava di riprendersi dal coccolone, articolò un "ma chi l'è quest qui?". Una cosa l'aveva capita: che il tipo che aveva di fronte non era un casciaball. Giulio Salamina, operaio, corridore di fondo, cross e siepi, una memoria della madonna. Sembrava fossero stati sempre fratelli, lui e el Giancarlo A distanza di un po' di tempo il Sisti inviò al Salamina la foto che oggi pubblichiamo, foto girata a noi per la conservazione. La dedica dice:"Il ricordo di un vecchio appassionato fa sempre piacere. Giancarlo Sisti".

Tre sono le date che vogliomo ricordare oggi, che sono impresse nella memoria di questi quattro giovanotti, che sono in ordine nella foto (scattata nel 1961) Armando Sardi, Sergio Ottolina, Giancarlo Sisti e Francesco Vincenzi; a sinistra Giovanni Farina e a destra Angelo Ferrario, alter milanes, classe 1908, gagliardo velocista negli anni '30, soprattutto sui 200 metri.

29 giugno 1960 - Da «Atletica», settimanale della Federazione italiana di atletica leggera, numero 18, 9 luglio 1960 - Nell'angolino basso a destra della pagina 5, una notizietta titolata «Staffette-primato», riporta:" Nel corso di una riunione regionale, svoltasi il 29 giugno, la squadra del Centro Sportivo Pirelli - composta dagli atleti Sardi, Sisti, Vincenzi, Ottolina - ha migliorato il primato italiano di Società della staffetta 4x100 m. correndo la distanza in 41"2. Il precedente primato (41"3) apparteneva al G.S. Fiamme d'Oro Padova. Nella stessa riunione, la squadra del Pirelli - con i medesimi atleti, ma disposti nell'ordine Ottolina, Sisti, Vincenzi e Sardi - ha stabilito anche il nuovo primato italiano assoluto della staffetta 4x200 m. in 1'25"8. Il primato precedente apparteneva al G.S. Fiamme d'Oro di Padova con 1'26"6."

I celerini di Padova avevano corso in 41"3 una prima volta a Milano, il 16 giugno 1957, i quattro erano Gabbi, D'Asnasch, Ghiselli, Panciera. Si equagliarono un anno più tardi a Bruxelles, durante i Campionati internazionali militari: Boccardo, D'Asnasch, Ghiselli e Attilio Bravi (aveva vinto il salto in lungo con 7.63) bruciarono sul filo il quartetto americano. Un paio di settimane dopo, lo stesso identico quartetto ricorse in 41"3 la finale del Campionato italiano a Roma, sempre con Attilio Bravi in ultima. Il tempo di Bruxelles non appare nella lista dei primati omologati dalla F.I.D.A.L., eppure i quattro velocisti erano tutti tesserati per le FF.OO. Lo stesso club militare ottenne un duplice primato nella 4x200: quello assoluto (una squadra nazionale, 1'27"3) e quello di società (ASSI Giglio Rosso Firenze, 1'27"7). A Bari, il 29 ottobre, D'Asnasch, Panciera, Loddo e Boccardo corsero in 1'26"6, che sarà migliorato dai pirellini.

23 ottobre 1960 - Da «Atletica», settimanale della Federazione italiana di atletica leggera, numero 32, 29 ottobre 1960 - Non ancora smaltita la sbornia dei bellissimi Giochi Olimpici romani, si deve concludere la stagione con quel che manca: quattro maglie tricolori, decathlon, 3000 metri siepi e le due staffette. Dite la verità? Voi che vivete l'atletica oggi, ce lo vedete un decatleta che dopo aver finito le sue dieci fatiche il 6 settembre, essersi classificato sesto - tuttora miglior risultato di un italiano in competizione olimpica - con il nuovo primato nazionale, va a sobbarcarsi un altra faticaccia per la maglietta tricolore? Noi, no, a meno che ci siano di mezzo i quattrini, non uno straccetto di cotone. E invece Sar scese a Bari e onorò il suo nome, il risultato olimpico e dimostrò rispetto per l'atletica nazionale. Ma Franco Sar era un signore, dentro e fuori la pista. Chiuse con poco più di sei mila ottocento punti. In quella gara, abbiamo letto i nomi di Spinucci, poi per tanti anni allenatore alle Fiamme Gialle, e di Calcini padre, una istituzione dell'atletica fiorentina. Franco Volpi, vittima della ottusità federale ed escluso dai Giochi, si destreggiò sulle siepi, lasciando indietro Gianfranco Sommaggio. Dimostrazione che all'Olimpico la sua bella figura l'avrebbe fatta.

Di staffette dobbiamo parlare, la 4x100. Sono i nostri quattro «pirellini» che vincono sui poliziotti. Il commento del foglio federale:" La staffetta 4x100 ha presentato emozioni non comuni, data la superiorità dimostrata ormai da molti anni in questo settore dai quartetti delle Fiamme d'Oro. I patavini, infatti, pur potendo schierare un ottimo Berruti (campione olimpico, neh!) in terza frazione, hanno dovuto piegarsi all'efficientissima squadra schierata dal Pirelli: Sardi, Sisti, Vincenzi, Ottolina. Va in particolare segnalata l'ultima frazione di Ottolina, che ha consentito al Pirelli il recupero dello svantaggio piuttosto sensibile accumulato in precedenza". Pirelli 41"9, Fiamme Oro 42"0.

29 giugno 1961 - Da «Atletica», settimanale della Federazione italiana di atletica leggera, numero 19, 8 luglio 1961 - Siamo a pagina 3, titolo a quattro colonne (su cinque):«Primato degli staffettisti della Pirelli...». Siamo a Torino, Coppa dell'Industria. 4x100, seconda batteria, Sardi-Sisti-Vincenzi- Ottolina, Pirelli prima, 42"4. Finale, squalificati, avrebbero vinto anche correndo sulle mani. Nel programma era stata inserita una gara extra, regolarmente approvata dalla F.I.D.A.L.: una 4x200 metri. Tre quartetti: Pirelli A, Pirelli B e FIAT Torino. E arriva il nuovo primato, otto decimi meglio dell'anno precedente: 1'25"0, con Ottolina-Vincenzi-Sisti-Sardi. Per chiudere: in debutto di stagione (3 aprile) i Pirelliboys avevano segnato un 41"4; il 1° maggio vincono la Coppa Fiera di San Giorgio ad Alessandria (41"8), senza Ottolina; Berruti  (aveva vinto i 200 in 20"8) e Sar corrono in una formazione mista, per divertirsi; il 14 maggio, a Verona, nella Coppa Alcide De Gasperi, perdono dalle Fiamme Oro: 41"4 contro 41"9 (Sardi-Sar-Vincenzi-Sisti); semifinali Campionato di società: terza serie, Sardi-Ottolina-Vincenzi-Sisti, 41.2; finale dei societari, 11 giugno, a Torino, in batteria, la prima, Fiamme Oro 40"9, nuovo primato italiano di società, Pirelli, seconda batteria 41"7; in finale, FF.OO. 41"0, Pirelli 41"1. La settimana dopo, Milano, Trofeo Caduti Universitari Milanesi: il grande acuto individuale è quello di Livio Berruti, 20"5 (solita pista di 500 metri dell'Arena) ma le staffette fanno scintille: Fiamme Oro (Berruti-Bellotti-Cazzola-Mazza) 40"3, primatone per club, Pirelli (Sardi-Sisti-Vincenzi-Gottardi) 40"7.

Ultimo aggiornamento Domenica 11 Luglio 2021 22:33
 
Marciate ragazzi, alla faccia di chi vorrebbe cancellarvi dai programmi olimpici PDF Stampa E-mail
Mercoledì 07 Luglio 2021 08:38

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Una delle foto cui siamo maggiormente affezionati: il podio della 50 chilometri di marcia dei Giochi Olimpici Helsinki '52, con Pino Dordoni, vincitore, al centro, il cecoslovacco Josef Dolezal, secondo, alla sua destra, e l'ungherese Antal Roka, terzo, alla sinistra

Da oggi gli appassionati di compilazioni e, in questo caso, di marcia, avranno a disposizione - permanentemente - una nuova sezione. I nostri puntigliosi, instancabili compilatori Enzo Sabbadin e Enzo Rivis hanno messo a punto una chilometrica compilazione tutta dedicata alle distanze non usuali, quelle che si usa etichettare come «Non Olimpiche». Fate attenzione: chilometriche pur se riservata, in questo caso, solo agli uomini. Poi, verranno anche le liste per le donne, come dire «Lascia o raddoppia?». Chi ha interesse e curiosità trova questo materiale nella Sezione «Liste italiane di ogni tempo», sottosezione «Uomini: discipline NOL (2)».  Ringraziamo i nostri due soci per questo nuovo impegno portato a termine.

Post Scriptum - Sapete che ci vien da ridere a chiamare queste liste «Non Olimpiche». Facce perplesse...ci spieghiamo: se fosse per i brontosauri del Comitato internazionale olimpico, ben assecondati dagli esperti in genuflessioni della Federatletica mondiale (per noi I.A.A.F., cambiare nome serve a niente, anzi serve solo a spendere soldi per pagare i grafici, per buttare tonnellate di carta stampata, cartelloni, bandiere, ecc, con il logo precedente e spenderne altri per rifare tutto) tutta la marcia sarebbe non olimpica. Ci hanno provato prima del 1928, poi ancora prima del 1976, e ci sono riusciti. Come sono riusciti a piegare un paio d'anni fa quelli che alloggiano nel Principato di Monaco (al momento...) e ridurre la distanza. Se fosse per loro, pur di accontentare i ricattatori delle tivù sarebbero disposti a fare un bel 1500 di marcia in pista, e finirla lì. Fuori la marcia, dentro una serie di giochi da bambini, giochi da spiaggia, giochi da divano in salotto. Così va il mondo, leggete il libro di Noam Chomsky, fra uno spritz e l'altro.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 07 Luglio 2021 10:09
 
Trekkenfield numero 96: vivisezionati gli Assoluti, c'è del buono e del meno buono PDF Stampa E-mail
Lunedì 05 Luglio 2021 07:16

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Sarà stata l'aria di Rovereto, sarà stato l'elegante palcoscenico del bello stadio a misura di atletica, sarà stata l'accurata regia della settantaseienne società organizzatrice e la austroungarica signorilità dei suoi dirigenti, sarà stato il prosecchino bello fresco distribuito generosamente,...che serà...serà, ma il clima che si respirava domenica sera 27 giugno era di una - per noi - eccessiva euforia.  Parliamo dei recenti Campionati italiani assoluti. Noi non ci occupiamo di attualità, come sapete, le nostre finalità sono diverse. L'unica concessione è la pubblicazione integrale di «Trekkenfild», foglio online che Daniele Perboni e Walter Brambilla sfornano con lodevole continuità e tempestività. Non entriamo nel merito del loro lavoro, ognuno fa il suo.

Ciò da cui non possiamo esimerci è di confrontare il presente con quanto accadde ieri, perfino con l'altro ieri, e rispolverare uno dei pilastri del pensiero di Bruno Bonomelli, dal quale abbiamo sempre sentito affermare che l'atletica italiana non ha mai conosciuto il valore di  un principio basilare: il progresso, l'idea del progredire, che dovrebbe essere alla base dell'esistenza del nostro sport. Che cosa intendiamo dire? Che non si può far finta che siano stati conseguiti grandi risultati nel 2021 quando in parecchie specialità siamo ai livelli degli anni '90, e ancora indietro '80, '70, addirittura '60. Oh, voi - a dire noi - sempre esagerati. Sicuri? Nel peso donne sia lode imperitura - lo diciamo con grande rispetto - per Chiara Rosa alla ventinovesima maglia tricolore, ma per il resto siamo rimasti ai tempi (1959-1960) di Paola Paternoster: l'anno olimpico 1960 chiuse la stagione con 13.85, sarebbe stata sesta nella finale 2021, con il 14.38 del 1959 addirittura quinta. Angela Anzellotti, da Gussago, provincia di Brescia, lanciava la boccia di ferro a 16.64 nel 1976, quaranticinque anni fa.

E il martello uomini? Bravissimo Marco Lingua, 43 anni, forte come un toro diceva il nostro amico Claudio Enrico Baldini una ventina d'anni fa, ma 74 metri, roba da anni '80, ma non lui sia chiaro, il livello della disciplina. Lui è ancora il più bravo? Onore a lui. Tre soli omoni oltre i 72 metri, poi il precipizio, si è andati in finale con 58 metri, il nostro amico Nick Cabra, a Brescia, faceva molto meglio trentacinque anni fa. Entusiasmo alle stelle per Dariya Darkach, 14.47, brava, perfino limite per partecipare ai Giochi Olimpici (li chiamano ancora così...), il che vuol dire che anche a livello internazionale questa disciplina è in coma. Ma, mentre un tale ci decantava le grazie muliebri della giovin donna ukrainian-born, noi pensavamo che cinque anni fa ella saltava 14.16, ci son voluti cinque anni per arrivare a 14.47, trentuno centimetri in cinque anni. Sapete quanto ha saltato la terza di questa gara? 13.21, buono per la medaglia.

Ad evitare malintesi: per noi gli atleti son bravi sempre e comunque. Di loro abbiamo il massimo rispetto. Tirano il martello a 58 metri? Saltano 13.21 nel triplo? Quella è la farina del loro sacco, è quanto possono dare. Se potessero, farebbero meglio, e sarebbero molto più contenti anche loro.

Che famo? Continuiamo? Potremmo, ma non ci interessa. Se non se ne occupano quelli che avrebbero il dovere di farlo e titolo professionale per offrire delle riflessioni, dovremmo forse occuparcene noi? No. Ma per favore, vi chiediamo solo di non prenderci per i fondelli cercando di farci vedere lucciole per lanterne. Non c'entra «Trekkenfild», non c'entrano Brambilla-Perboni. Noi torniamo al nostro passato, prossimo o remoto che sia, con un solo rimpianto: non cambia mai nulla. Quasi nulla. Lo predicava già Bonomelli settanta-ottanta anni fa, ma dicevano che era un rompicoglioni.

Ultimo aggiornamento Lunedì 05 Luglio 2021 16:39
 
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