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Una maratona dal social-comunismo al fascismo: il figliol prodigo Donato Zanesi PDF Stampa E-mail
Lunedì 02 Agosto 2021 10:01

In questa seconda puntata (abbiamo pubblicato la prima non molti giorni orsono) Sergio Giuntini ci racconta la trama della novella scritta da Nino Salvaneschi nel 1921, novella inserita in una raccolta, un libretto di 180 pagine, dal titolo “Il knock-out di Rirette. Novelle sportive”. Nino Salvaneschi, chi era costui? Nacque a Pavia nel 1886, morì a Torino nel 1968; partecipò alla Prima Guerra Mondiale in Marina, fu tra i primi a pilotare i tristemente famosi Mas, porigni pilotati che servivano per affondare le navi nemiche. Nel Dopoguerra divenne convinto pacifista. Una tragedia lo colpì nel pieno della vita: nel 1923, a 37 anni, perse completamente la vista a causa di una incurabile malattia agli occhi. Questa condanna lo condusse a una fede profonda e vissuta, che tradusse in molti scritti. Di Salvaneschi qualcuno ha detto che fu «scrittore insolito e originale». Ne è testimonianza la novella «Il vincitore della Maratona» che egli dedica a Gustavo Verona, uno dei giornalisti che hanno lasciato una orma profonda nella storia del giornalismo sportivo italiano, redattore capo (in effetti direttore) de «La Stampa Sportiva» dal 1905 al 1924. Il settimanale illustrato torinese, pubblicato a partire dal 1902 come supplemento a «La Stampa», era, in formato più piccolo il fratello gemello del francese «La vie au grand air», tanto che talvolta retortage e fotografie erano le stesse. Il settimanale sportivo torinese chiuse i battenti a metà degli anni '20, Gustavo Verona aveva già lasciato la sua gestione editoriale.

Adesso tocca a Sergio.

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Copertina del libro originale del 1921 che raccoglie le novelle sportive scritte da Nino Salvaneschi (Collezione privata)

All’interno di questa tesa cornice storica, nella sua novella Salvaneschi (peraltro un po’ approssimativo sull’esatta lunghezza della maratona) inscenava, come detto, il solenne pentimento del maratoneta Zanesi, così da elevarlo a metafora dell’irreversibile disfatta del “biennio rosso” social-comunista:

La Casa degli atleti era al completo. Da ogni parte d’Italia, corridori, saltatori, discoboli, sprinters, hurdlers, maratoneti, lanciatori di disco e di giavellotto, erano arrivati a ondate, riempiendo le sale di quella severa scuola fiamminga, colla loro giovinezza ardente. I dialetti d’Italia si incrociavano pittorescamente nelle notizie di allenamento più varie. Gli ultimi arrivati erano i più curiosi di sapere le migliori performances dei campioni e degli avversari più noti: gli svedesi e gli americani sopra tutto. - E Paddock, in quanto i cento metri? - 10”4/5. - E Thomsom, come fa i 110 ostacoli? - in 15”4/5. - E Hill? - È in forma? Forse nei 1500. Li copre in 4’ e qualcosa. - E il finlandese Lemminkainen? - Va bene. Ma c’è l’inglese Strebb. Zanesi si piazzerà decimo nella Maratona. Le domande e le risposte, si controbattevano fredde, rapide, incalzanti, come in un assalto di scherma. Stile sportivo: stile veloce. Nel cortiletto, intanto, vicino alle sale del massaggio, una ventina di atleti continuavano a cantare sino a sgolarsi l’inno dell’”Internazionale”: “Alla riscossa, bandiera rossa trionferà”. Erano gli stessi campioni che avevano fatta la loro solenne entrata nella Casa degli Atleti, al canto dell’inno rivoluzionario, e che alla vigilia della grande inaugurazione dell’Olimpiade, non avevano voluto sfilare insieme ai compagni, dietro la bandiera d’Italia, e per omaggio al Re del Belgio. - Ma che bandiera d’Italia e Re del Belgio! - Non ci sono bandiere, perché c’è quella rossa! - Non ci son più re, perché il popolo è sovrano! - Non ci sono più bandiere di altri paesi, perché c’è l’Internazionale! Qualcuno aveva tentato di reagire. Croci, il giovane sprinter gallaratese aveva detto infatti: - Ma infine siamo tutti qui a difendere il nome e la bandiera della Patria. Allora l’anarchico Zanesi, si era avanzato di un passo e aveva detto gravemente: - La Patria è dove si mangia! Donato Zanesi era stato un valoroso in fanteria, “Cinquantaduesimo”. Brigata Alpina “Peppino Garibaldi”. Mostrine verdi e fazzoletto rosso. Ferito e decorato, aveva fatto la guerra senza darle importanza. Come una Maratona in grande. Ritornato in patria, dalla Francia, era stato uno di quei tanti che le correnti socialistiche e bolsceviche, avevan travolto. - La guerra è stata tutto un trucco dei capitalisti -. La bandiera è buona per i mangiapane a tradimento. Questo il suo Vangelo come cittadino. Come uomo di sport, era un magnifico corridore di fondo. Aveva compiuto in allenamento i 42 chilometri e 750 metri della Maratona in 2 ore e 44’. Campione d’Italia, non voleva saperne d’indossare la maglia tricolore. Così il cittadino e il corridore erano in grave conflitto tra loro poiché il corridore doveva difendere alle Olimpiadi l’onore sportivo di una Patria e di una bandiera, che il cittadino non ammetteva. E forse per questo correva sempre con la maglia rossa. Ma l’anarchico non aveva ancora capito che una vittoria non può essere comunista”.

Con questa sua ultima affermazione: «Una vittoria non può essere comunista», Salvaneschi esternava apertamente la propria partigianeria politica. L’avversione per quelli che, allora, venivan definiti tentativi di fare in Italia come in Russia. Tant’è, sin lì anarchico e internazionalista tutto d’un pezzo, Zanesi si rimangerà tutto il suo sovversivismo una volta entrato da vincitore nello stadio. Il colpo di scena riparatore e a lieto fine riservatoci dalla novella:

Ecco lo stadio! La folla diventa marea. Ondate di pubblico  si erano rovesciate sulla strada, lasciando appena libero il piccolo sentiero per i due corridori. Ecco l’entrata allo stadio […], un applauso delirante accolse allora i due campioni. La musica intonò una fanfara di guerra. E gli applausi della folla si accordarono ritmicamente colle trombe e coi tamburi. - “Vive l’Italie” “Macaroni! Macaroni! Macaroni!” era per lui, dunque! Ah lo avrebbe preparato il piatto di macaroni per l’inglese! Il giorno prima, nessuno si era accorto dell’Italia! Diede un’occhiata al suo rivale. Vacillava. Pallidissimo, aveva un passo d’ubriaco. Guardò il traguardo lontano tre quarti di giro di pista. Allora, chiamando a raccolta le forze del suo cuore, l’italiano chiuse gli occhi e mordendosi le labbra, in uno sforzo poderoso staccò l’inglese, che vinto si afflosciò a terra, come un mucchio di stracci, rinunciando alla prova. Sentiva nelle orecchie il frastuono di tutta la folla, e le trombe acute di quella fanfara. Vide suo padre, sua madre a casa, che attendevano la notizia insperata, i suoi amici, il suo club, la sua Brescia […]. Pensò alla casa e all’amore; in una parola alla Patria… E tagliò il traguardo, velocissimo, le braccia alte, quasi a presentare la vittoria al cielo, gridando per la prima volta in vita sua: - Viva l’Italia! Due ore, 35’46”! Allora in una tempesta di applausi, al suono grave della Marcia Reale, la bandiera italiana si issò lentamente sull’alto pennone dello stadio, più alta di tutte quelle che la circondavano. L’anarchico, ancora tutto vibrante per la corsa magnifica, fissava la bandiera tricolore, che il suo sforzo poderoso di due ore 35’46” aveva fatto alzare lassù. E gli parve che il cielo fosse troppo piccolo per contenere tanta gioia. Si guardava intorno. Per l’ampio stadio, la folla immobile, ritta in omaggio della vittoria procurata da lui, e da lui solo, salutava la bandiera trionfante del suo Paese. L’anarchico si sentì le lacrime agli occhi. Guardò a terra, commosso sull’erba, vicino a lui, vide un campione svedese dei lanci di giavellotto intento a massaggiarsi le gambe. Come mai non si alzava costui? Perché stava così sdraiato? Non aveva salutato lui il giorno prima la vittoria del disco? Gli assestò un pugno formidabile sulla testa, e gli disse secco, in tono che non ammetteva repliche: - Ohè! Alzati. Saluta la bandiera del mio Paese”.

Utilizzando pedagogicamente la parabola del “figliol prodigo” Zanesi, la sua nemesi che da trionfatore lo portò come Frigerio a inneggiare alla “madre” Italia, Salvaneschi sanciva retoricamente, patriotticamente, l’aprirsi della nuova era storica dominata dal fascismo mussoliniano. Una forza ideologicamente erede dei valori esaltati dal Futurismo, che nello sport investì molto sia a livello simbolico che materiale. Atletica leggera inclusa, ma compressa all’interno della rigida camicia di forza di un regime totalitario.

(parte seconda - fine)

Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Agosto 2021 15:32
 
Trekkenfild numero 97: tutto quello che è successo prima di andare in Giappone PDF Stampa E-mail
Domenica 01 Agosto 2021 07:47

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L'ultimo numero di «Trekkenfild» pubblicato prima...del sorgere del Sol Levante, racconta, commenta, celebra, i bei risultati ottenuti dalla spedizione italiana che ha partecipato ai Campionati d'Europa per chi non ha ancora compiuo 23 anni. Insomma chi ha lasciato la categoria che abbiamo sempre chiamato juniores e che è stata mutata in U20, che non è la sigla di un aereo, e l'entrata nel mondo dei «grandi». Una categoria discutibile, secondo noi: chi ha deciso di fare atletica sul serio, lo ha già stabilito da tempo. A Tallinn è andata bene, viva Tallinn! Viatico, speriamo, ad altre più robuste soddisfazioni ai Giochi nipponici voluti ad ogni costo. Ci sono anche tabelle e  risvolti olimpici. Vi lasciamo alla lettura.

Ultimo aggiornamento Domenica 01 Agosto 2021 17:56
 
Agli albori del rapporto atletica leggera - letteratura: una novella di Salvaneschi PDF Stampa E-mail
Giovedì 29 Luglio 2021 18:06

Abbandoniamo, momentaneamente, atletica giocata, risultati, biografie, celebrazioni, ed immergiamoci in una lettura più impegnativa ma altrettanto affascinante: il risvolto socio-politico-culturale del nostro sport. Il titolo di oggi non lascia dubbi: il rapporto fra atletica e letteratura. Ci guida - e ci guiderà nelle prossime settimane - il prof. Sergio Giuntini, docente di storia dello sport, autore di decine di libri e centinaia di articoli, attento studioso del nostro sport. E in più, titolo di merito di non poco conto (veramente per noi, più che per lui!), socio dell'A.S.A.I. da molti anni. Altre volte abbiamo ospitato articoli e ricerche da lui firmati, l'ultima in ordine di tempo per ricordare la figura di Paola Pigni, repentinamente deceduta qualche settimana fa.

A Sergio il nostro vivo ringraziamento per l'arricchimento culturale che offre al nostro sito. A chi ci segue, un sommesso consiglio: leggete questi saggi, avete solo che da imparare. E noi con voi.

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Copertina del libro originale del 1921 che raccoglie le novelle sportive scritte da Nino Salvaneschi (Collezione privata)

Nella letteratura italiana del secolo scorso l’atletica leggera fa la sua comparsa in un interessante racconto di Nino Salvaneschi, “Il vincitore della Maratona”, dedicato a Gustavo Verona e contenuto nella silloge del 1921 “Il knock-out di Rirette. Novelle sportive” (Milano, Casa Editrice Italiana),  che può considerarsi il primo esempio significativo all’origine di una tale contaminazione. Già il Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti nei suoi manifesti teorici aveva mostrato una peculiare attenzione per la modernità e dinamismo vitalista che promanavano dalle discipline atletiche, ma solo col testo di Salvaneschi questo sport assurge per davvero a fonte di ispirazione letteraria. E lo fa, risentendo delle roventi atmosfere post-belliche e della pesante sconfitta del cosiddetto “biennio rosso” che preannunciavano l’avvento al potere del fascismo. In questo senso “Il vincitore della Maratona”, oltreché  essere un’interessante opera narrativa, costituisce nel contempo un’utile fonte documentaria. Attesta il valore rivestito dalla letteratura nella comprensione delle diverse epoche storiche.

Nato a Pavia nel 1886 e laureato in legge, Salvaneschi, nel 1911, aveva pubblicato per i tipi milanesi di  Hoepli il primo manuale tecnico italiano relativo alle specialità della “neve” (“Sport invernali”) e nel 1912, con Giulio Corrado Corradini, fu tra i fondatori a Torino del “Guerin Sportivo”. Collaboratore de “La Gazzetta dello Sport”, “La Sera”, “La Stampa”, “La Tribuna”, “La Gazzetta del Popolo”, “Il Resto del Carlino”, egli per primo ricoperse pure l’incarico di Capo ufficio stampa del C.O.N.I., essendovi stato chiamato dal presidente Carlo Montù in occasione delle Olimpiadi del 1920. Giusto quei Giochi gli suggerirono “Il vincitore della Maratona”, scritto che risulta ambientato nel contesto di quell’edizione olimpica e si fonda su un dosato mix di realtà e finzione.

Alla prima appartiene la figura di Giorgio Croci (Gallarate, 19 aprile 1893), il quale fu primatista italiano dei 100 in 11”0 (Milano, 20 settembre 1913) e in 10”4/5 (Roma, 24 marzo 1918), nonché campione nazionale sulla distanza nel 1921 (11”1/5). E in campo internazionale disputò le Olimpiadi Interalleate di Joinville-le-Pont (1919) e, appunto, quelle ufficiali di Anversa correndovi i 100 e la 4x100. Alla seconda il personaggio di fantasia di Donato Zanesi, dietro cui, però, potrebbe riconoscersi Valerio Arri (Portocomaro, 22 giugno 1892). Vale a dire il maratoneta medaglia di bronzo in quell’Olimpiade (2h36’32”8), atleta d’indole anticonformista che arrotondava facendo il cantante di tabarin e il saltimbanco nei teatri. Un personaggio vagamente “anarchico”, al punto che, appena tagliato il traguardo ad Anversa, si esibì in un salto mortale al cospetto del presidente del C.I.O. Pierre de Coubertin, e da un punto narrativo perfetto nelle parti di Zanesi.

Dunque, venendo in breve alla trama, essa racconta d’un maratoneta sovversivo, il citato Zanesi, che vincitore dei 42 km e 195 m olimpici riscopre d’incanto, catarticamente, il valore del tricolore borghese, il perduto amor di patria, rifuggendo dai precedenti furori rivoluzionari. Di più, in questo suo intreccio tra reale e immaginario, Salvaneschi inserì nella narrazione alcune altre situazioni che ebbero per teatro Anversa e protagonisti degli atleti italiani. Da un lato una protesta, con conseguente sciopero del rancio, per il cibo considerato scarso e di pessima qualità. Dall’altro, ancora più clamoroso, un episodio di cui fu testimone oculare il conte Alberto Bonacossa. Il quale, a distanza di molto tempo, nel 1932 ne fece cenno su “La Gazzetta dello Sport”, quasi a voler sottolineare la differenza con quei tempi turbolenti grazie alla disciplina riportata in Italia dal regime fascista:«Si era nella stazione di Anversa nel 1920 - ricordava il Bonacossa -, quando da un treno scesero in branco disordinato gli atleti nostri che dovevano partecipare alle gare olimpioniche di tiro alla fune. Il gruppo scamiciato si avviò all’uscita cantando “Bandiera Rossa”. Rammento la nostra vergogna e lo sguardo interrogativo delle autorità convenute e la pietosa bugia da noi pronunciata a denti stretti: dicemmo che si trattava di un inno popolare». Per inciso, tra quegli “scamiciati” vi era anche Giuseppe Tonani, dell’Associazione proletaria d’educazione fisica (Apef) di Milano, che nelle Olimpiadi di Parigi del 1924 avrebbe vinto - tra i pesi massimi - la gara di sollevamento pesi alzando 517,5 kg. A corroborare  le forti tensioni politiche esistenti in seno alla rappresentativa olimpica italiana, che rispecchiavano plasticamente quelle esistenti nel Paese, è un’altra testimonianza significativa del marciatore Ugo Frigerio: fascista della “prima ora”, amico personale di Benito Mussolini e suo fruttivendolo di fiducia a Milano. Frigerio, nella sua autobiografia “Marciando nel nome d’Italia” (1934), scrisse in proposito:

È un triste episodio che chi sa quanti conoscono da tempo, ma credo non inutile riferire. Ho già detto che allora correvano tristissimi tempi di pervertimento sociale. Eccone una prova. Nell’intervallo fra le eliminatorie, le batterie e la finale dei 10 km avvenne che alla Casa degli italiani ad Anversa si verificarono incidenti di una certa gravità fra un minuscolo gruppi di atleti e maggiorenti del CONI. Il movente fu Sua Eccellenza il Rancio, che involontariamente entrò in causa senza colpa né peccato. I primi lamentavano a torto la penuria del…pane quotidiano, il quale invece era abbondante, ottimo e vario […]. I secondi, dal canto loro, risposero naturalmente per le rime alle stolte provocazioni. Ma lo sparuto gruppo non si dette per vinto, e mentre una parte di esso si comportò sempre benissimo durante le visite alla città, i rimanenti credendo forse di fare opera meritoria a sfogare il loro insano spirito di parte, e magari di ledere il nostro orgoglio nazionale, si misero a cantare gli inni del sovversivismo sotto l’atrio dell’italianissima Casa che ci ospitava. Rimasi tanto disgustato che pensai subito alla vendetta”.  Vendetta che Frigerio si prese vincendo la 10 km, e compiendo il tratto finale di gara sventolando un fazzoletto tricolore e gridando a pieni polmoni, recitano le sue memorie, “Viva l’Italia”. 

(fine prima parte - segue)
 

Ultimo aggiornamento Domenica 01 Agosto 2021 18:29
 
Invito al cinema d'estate: Angelo Baronchelli si racconta in un filmato PDF Stampa E-mail
Lunedì 26 Luglio 2021 15:05

Terzo atto della serata di qualche giorno fa a Villa Athena, a Manerba del Garda. Un incontro fra un atleta che fu uno dei migliori in Italia nel salto con l'asta nella seconda parte degli anni '50 e dei primi '60. Angelo Baronchelli, un robusto e agile giovanotto di Cigole, provincia di Brescia, in quella affascinante parte della pianura padana, terra di profumi, sapori, colori, tradizioni contadine. Attorno a lui si sono stretti, si fa per dire, altri bravi atleti bresciani che hanno praticato con un buon successo una, o più, discipline di salto. A partire dal padrone di casa che ha offerto ospitalità, Alberto Papa, buon lunghista che ebbe la sua stagione migliore nel 1980. Alberto nacque nel 1962, e nello stesso anno Angelo mise da parte l'asta su ordine imperativo di papà Alessandro, «basta giocare, è tempo di lavorare», questo in stretta sintesi il discorso.

Angelo fu uno dei migliori d'Italia a quel tempo, per qualcha anno fu nei primi tre-quattro. Si prese qualche bella soddisfazione: fu campione internazionale militare nel 1959, poi campione d'Italia nel 1960; finì la carriera con 4.25, che a quei tempi nel nostro Paese valeva, appunto, le prime posizioni della lista. Avesse continuato e imparato a domare le nuove aste che si piegavano forse sarebbe salito anche di più. Ma lui, troppo forte, le aste più che piegarle, le spezzava! Se ascolterete con attenzione, sentirete i racconti dalla sua vivida voce.

Oggi vi presentiamo il filmato realizzato da Elio Forti, nostro socio, che ringraziamo per l'ottimo lavoro. Son ben quarantacinque minuti, ve lo diciamo così ognuno prende le misure del suo tempo. Questo link vi porterà direttamente sul filmato https://www.youtube.com/watch?v=Z9Jfij6D2C8. Abbassate le luci in sala e buona visione.

Ultimo aggiornamento Lunedì 26 Luglio 2021 15:35
 
Seguite gli azzurri a Tokyo con la nuova edizione delle liste italiane di ogni tempo PDF Stampa E-mail
Giovedì 22 Luglio 2021 08:42

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"In previsione delle Olimpiadi invio in allegato le liste italiane alltime outdoor, maschili e femminili aggiornate al 16 luglio 2021, da caricare sul sito ASAI. Gli aggiornamenti 2021, compresi i risultati indoor in calce, sono moltissimi, circa 300. Le donne fanno la parte del leone con ben 201 risultati, pari a un tasso di variazione dell'8,53%, mai registrato prima da quando abbiamo iniziato queste pubblicazioni!". Questo il commento di Enzo Sabbadin, anche a nome di Enzo Rivis, i nostri compilatori da sempre, da quando, son ormai parecchi anni ma sembran secoli, la nostra lillipuziana organizzazione ha deciso di abbandonare la carta stampata (edizione 1996) e i supporti informatici (due edizioni 2002 e 2009) per utilizzare il nostro sito Internet, un po' vecchiotto ma che tiene ancora botta.

Diligenti - se no non sarebbero dei nostri - Enzo 1 e Enzo 2  (l'abbinamento alla numerazione lo decidano loro) hanno eleborato una nuova edizione delle liste italiane uomini e donne di ogni tempo. Possono servire ai residui appassionati di atletica per seguire quanto avverrà sulla pista e sulle pedane dello stadio nipponico, affollato...di deserto. Serve dire che le liste si trovano...ecc...ecc? Noi diremmo di no, ma con i tempi che corrono, la fretta è a non leggere nulla ma ad alzare in fretta il pollice che indica gradimento. E allora: sulla sinistra trovate una Sezione che abbiamo chiamato «Liste italiane di ogni tempo», sotto «Uomini», «Donne», potete aprirle, leggerle, tenerle a portata di mano quando vedrete le trasmissioni televisive, stamparle, accartocciarle e buttarle nel cestino come esercitazione aspettando le partite di pallacanestro. Fate un po' quel che volete. Noi, anzi loro, i nostri Enzo, il loro dovere l'hanno fatto. E bene.

Ultimo aggiornamento Giovedì 22 Luglio 2021 16:12
 
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