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«Trekkenfild», 100 è solo un traguardo intermedio verso mete più lunghe PDF Stampa E-mail
Lunedì 08 Novembre 2021 08:33

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In atletica c'è una sola distanza che si conclude dopo 100 metri. Bella scoperta! Pare di sentirlo...Sì, bella scoperta, che serve a noi per dire che di 100 ce n'è uno, uno solo e indimenticabile. Molti sostengono che i 100 metri sono in assoluto la più bella gara dell'atletica. Possiamo condividere, anche se a noi piacciono tutte, anche quelle che i geniali innovatori moderni vorrebbero cancellare dal programma. 100, dunque il primo e unico traguardo per il velocista «puro». Ma non tutti sono sprinter da 100 metri. E allora i 100 diventano distanza intermedia, che viene misurata, studiata, sezionata, scomposta a fini di studio. E il traguardo di sposta sempre più in là, sempre più ambizioso. Ecco, questo è l’augurio di tutti noi dell’Archivio Storico dell’Atletica Italiana «Bruno Bonomelli» formuliamo agli amici Walter Brambilla e Daniele Perboni, ideatori, redattori, confezionatori, di «Trekkenfild», questa pubblicazione on line che ridendo castigat mores. Costumi ludici, sportivi, atletici, nel loro caso. Già il titolo, scelto come parodia di quel famoso «Track & Field News» che nacque al sole della California nel 1948 e che fu per decenni il faro editoriale dell’atletica mondiale. Un quasi inarrivabile oggetto di desiderio, se non avevi uno zio che viveva negli Stati Uniti e ti regalava l’abbonamento tanticchia costoso per le tasche italiche.

Ordunque, prendendo a prestito frase cara a Gianni Brera che talvolta chiudeva così i suoi componimenti, «innalziamo vessilli e canti di lode» ai primi 100 numeri di «Trekkenfild», augurando che sia solo traguardo intermedio. La nostra piccola famigliola dell’A.S.A.I ha consuetudine di frequentazioni con i due direttori, redattori capi, redattori ordinari, ma sempre due sono – con l’aggiunta di qualche viandante di passaggio – che confezionano il prodotto. Da tempo ci lega un accordo di reciproca segnalazione, che porta piccoli positivi frutti ad entrambi. E in questa occasione festosa noi ribadiamo la nostra fedeltà all’impegno, ciascuno nella propria linea, senza mescolare ingredienti troppo diversi.

Merita, ovviamente, segnalazione la elegante presentazione del centesimo numero firmata da Augusto Frasca, che dell’ A.S.A.I è vicepresidente.

Ultimo aggiornamento Martedì 09 Novembre 2021 16:01
 
Da parte di tutti i soci dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana: Grazie Giorgio! PDF Stampa E-mail
Lunedì 08 Novembre 2021 08:14

Riceviamo e pubblichiamo:

"Troppo buono e troppo bello. Si merita una risposta. Ho letto le splendide parole dell'amico Ottavio Castellini. Lo ringrazio di cuore ovviamente, così come mi viene di dire che si tratta di fare una tara. Lui è un amico e parlerà sempre bene di me (almeno spero). Ho fatto quelle cose, è vero ma da giornalista ho sempre pensato che una notizia (vera) fosse importante quanto un bell'articolo di una firma importante. Perciò ho dato la massima importanza a qualsiasi cosa mi chiedesse il giornale, mi fidavo dei "capi" perché se non c'è fiducia viene meno il castello. Ho creduto di saper scrivere, ma di non essere uno scrittore di quelli bravi a fare il colore o dare visioni immaginifiche da far sognare i lettori di un avvenimento. La cosa non mi ha dato mai fastidio. Ciascuno ha un suo ruolo dentro un giornale, basta che ci sia chiarezza e rispetto fra le parti. Perciò ho ritenuto giusto andare a rimediare la notizia da 20 righe o correre dietro all'atleta per fare l'intervista magari minima, frutto di tre domande ed altrettante risposte perché serviva anche quella. Poi devi avere fortuna. Magari trovarti nel posto giusto al momento giusto. In quanto al mio essere atleta ho avuto qualche momento di gloria, ma anche tanti problemi a casa, dove c'era necessità di fare altre cose per tirare avanti e chiudere l'università, e quindi erano obbligate delle scelte, per cui finito il servizio militare (allora era un dovere ed anche giusto) da ufficiale, è finita anche la mia carriera di atleta per iniziare quella di dirigente-tecnico e poi di professore a scuola. Tutto qui. Già poi anche quella da giornalista, ma appartiene ad un'altra vita".

Ultimo aggiornamento Lunedì 08 Novembre 2021 08:28
 
Giorgio Lo Giudice, tanta atletica, tanto giornalismo, tanta passione, sempre PDF Stampa E-mail
Venerdì 05 Novembre 2021 09:29

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Abbiamo ripreso questa immagine dal bollettino quindicinale della Federazione di atletica, numero 11 del 25 maggio 1955. Siamo allo Stadio Olimpico in occasione della finale romana dei Campionati Studenteschi: tribune gremite, tifo alle stelle per i vari Istituti scolastici. Quell'anno fu un testa a testa fra il Liceo Classico Giulio Cesare e lo Scientifico Augusto Righi, nel quale militava Giorgio Lo Giudice. Vinsero i «classici» sugli «scientifici» per una manciata di punti. La foto ritrae quasi sicuramente una fase dei 1000 metri. Giorgio potrebbe darci ulteriori dettagli. Vinse Maurizio Notarangelo, viterbese, che quell'anno corse in 1:54.8 sugli 800 metri

A quei tempi c'era anche lui. Quei tempi erano all'incirca la metà degli anni '50. Lui di nome fa Giorgio Lo Giudice, romano, nato accanto a Campo dei Fiori, via dei Giubbonari, ci pare. Oggi festeggia 85 anni. Perchè ne parliamo? Per una serie di coincidenze. Qualche giorno fa abbiamo reso omaggio ad un fondista bresciano, Albertino Bargnani, che ha festeggiato la stessa cifra; ne abbiamo dato conto ieri con un articolino in questo spazio. Giorgio può raccontare una avventura sportiva e umana, abbastanza unica. Buon atleta in quei tempi che abbiamo citato, istruttore tecnico, allenatore, dirigente di società, organizzatore, e giornalista per tanti anni alla redazione romana della «Gazzetta dello Sport». Giornalista da prima linea, volendo con questo significare che lui c'era sempre: servivano 24 righe di una partita di softball a Zagarolo? Chi ci mandiamo? A' Gio', puoi fare un salto a...? E Gio' partiva. In epoche senza telefonino, trasmetteva le 24 righe attaccato a un qualsiasi telefono di fortuna, al bar, in casa di qualcuno, da una cabina telefonica. E dettava. Quelle 24 righe non sarebbero mai state candidate al Premio Pulitzer, ma il giorno dopo, pubblicate sulla «rosea», avrebbero fatto la felicità di praticanti di uno sport ignorato da tutti.

Vogliamo aggiungere qualche riga del Giorgio Lo Giudice buon atleta di mezzofondo. Per parlare, nei giorni scorsi, di Giuliano Gelmi e di Albertino Bargnani abbiamo scavato nelle cronache del 1955. E lì abbiamo trovato orme del nostro. Che stava tra quelli bravi. Dal numero 2/1955 del quindicinale della Federazione leggiamo i nomi dei giovani convocati per i raduni invernali: a Chiavari dal 27 al 31 dicembre 1954 si ritrovano i migliori dei 1500 metri, e c'è pure Giorgio, insieme a Baraldi, Coliva, Geat, Lener, Scavo, Tomiato, alcuni dei quali faranno strada. L'anno prima, sempre sullo stesso bollettino (n.27) troviamo una compilazione riguardante le graduatorie studentesche per quell'anno. Mille metri: Scavo 2:37.7 (a fine stagione correrà in 2:34.2), Notarangelo 2:39.4, Bonell 2:40.6, Bartolini 2:41.5, Verdina 2:41.8, Fresch 2:41.9, Lo Giudice 2:42.3, Lener 2:42.4, Giorgio Gandini 2:42.4.

Altra «orma»: 27 febbraio 1955, Ippodromo del Casalone, a Grosseto, Campionato nazionale dei Terza Serie di corsa campestre: 31esimo classificato Giorgio Lo Giudice, un paio di posti dietro a Tommaso Assi, un pugliese che in anni successivi farà buone cose. Giorgio quell'anno era accasato alla A.A.A. Roma. Qualche settimana dopo ancora cross con i Campionati Studenteschi della provincia di Roma: dominò Pietro Lener, secondo Angelo Bazzuoli e quasi incollato a lui Giorgio che difendeva i colori del Liceo Scientifico Augusto Righi, netto vincitore della classifica a squadre.

Da un ritaglio di una pubblicazione che non siamo riusciti ad identificare, articolo titolato «L'esito dei Campionati di atletica leggera», abbiamo conosciuto la classifica nazionale dei migliori dopo l'effettuazione dei vari campionati provinciali. Ecco la lista per i 1000 metri: 2:35.2 Maurizio Notangelo (Roma), 2:37.0 Vittorio Buzzi (Genova), 2:38.1 Angelo Bazzuoli (Roma), 2:38.2 Pietro Lener (Roma), 2:38.3 Carrone Giorgio (Roma) e Giorgio Lo Giudice (Roma). Si noti il «dominio romano», cinque dei primi sei. Più o meno nello stesso periodo, abbiamo scovato anche un 4:17.8 sui 1500, datato 8 maggio.

Cenni, niente più di questo, ma buona occasione per mandare un augurio a Giorgio Lo Giudice, ancor oggi presidente di quel Club Atletico Centrale che nel cuor gli sta, pur essendo stato direttore tecnico del C.U.S. Roma e, per chi non lo sapesse, tecnico e preparatore atletico di alcune generazioni di canottieri. Un libro, un libro intero, ci vorrebbe per parlare de Giorgio de Campo de' Fiori.

Ultimo aggiornamento Venerdì 05 Novembre 2021 20:06
 
Albertino Bargnani e Giulio Salamina festeggiati dai nostri soci bresciani PDF Stampa E-mail
Giovedì 04 Novembre 2021 00:00

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Da sinistra in alto: Albertino Bargnani mostra con soddisfazione l'attestato ricevuto dai soci A.S.A.I., così come Giulio Salamina; con loro i soci Zanetti Lorenzetti e Castellini. Il gruppo di soci e amici che hanno partecipato (foto Elio Forti e Sandro Lavezzo)

«Omaggio a Albertino Bargnani che con la sua carriera ha onorato il suo maestro di atletica Bruno Bonomelli». Accanto il volto del «maestro» incorniciato dalla folta criniera e dai basettoni stile ottocentesco. Questo campeggiava in un attestato consegnato ad Albertino Bargnani, il 29 ottobre scorso, in occasione del suo ottantacinquesimo compleanno. Stesso riconoscimento anche a Giulio Salamina, altro corridore bresciano, che di anni ne ha un bel po' meno di Albertino, cresciuto alla corte dell'impetuoso rovatese . L'iniziativa è partita da alcuni soci bresciani del nostro Archivio Storico, ottenendo l'adesione di un bel gruppetto. La piccola brigata, formata oltre che dai soci anche da familiari e amici, si è ritrovata a pranzo alla Trattoria «La Campagnola», un indirizzo che negli anni '80 e '90 fu teatro di tante iniziative legate all'atletica.

29 ottbre 1936, a Brescia nacque Albertino Bargnani. 28 ottobre 1910 la data di nascita di Bruno Bonomelli. Bruno sarà il mèntore tecnico per tutta la carriera sportiva di Albertino, fondista formatosi nelle gare di corsa campestre. Da questa disciplina che nel cuor stava di Bonomelli, Albertino ricevette in cambio le soddisfazioni migliori. Fra i due c'era anche un legame di parentela: infatti la sorella di Albertino andò in sposa al fratello di Bruno, Paride, affinatore di formaggi in quel di Rovato, che in passato dovette la sua fama proprio a questa attività. Due giorni contigui fra maestro e allievo per il compleanno, e quindi occasione, alcuni decenni fa, per riunire attorno ad un grande tavolo tanti atleti bresciani, mezzofondisti e fondisti, che avevano appreso i rudimenti della corsa da quel convincente maestro. Il percorso per arrivare a correre fu lo stesso per molti ragazzi bresciani. Qualche anno dopo, rispetto ad Albertino, cominciò a pestare erba e fango anche Giulio, un ragazzo che dovette iniziare presto ad assaggiare il sale del pane altrui.

"Bargnani Alberto, allenatore Bonomelli, nato a Brescia il 29.10.1936, alto 1,66, pesa kg 52, torace 83; impiegato. Proviene dal calcio. Ha iniziato l'attività nel '55 con il prof. Grotti. Lavoratore tenace, è passibile di futuri sensibili miglioramenti. Il suo allenatore ha chiesto alla F.I.D.A.L. di riconvocarlo a Chiavari perchè ritiene di presentarlo nel '60 in condizione di gareggiare a Roma. Ecco i limiti personali dell'atleta: 800 in 2:01.7, 1500 in 4:09.8, 3000 in 9:10.0, 5000 in 15:53.4, 10.000 33:42.2". Questo scrisse il prof. Sandro Calvesi nel febbraio del 1957 in un articolo sulla «Gazzetta dello Sport», dal titolo «Mezzofondisti veloci». Non faremo la storia atletica completa di Albertino, che pur la meriterebbe, ma daremo qualche cenno sugli inizi. Il 24 febbraio 1955, il giornale studentesco, «La Sveglia»,  in collaborazione con l'Atletica Brescia, organizzò il primo Campionato bresciano di corsa campestre riservato agli studenti. Si corse alle porte di Brescia, sui campi dell'Istituto Agrario «Pastori», praticamente confinante con lo storico birrificio Wührer. C'erano tutti gli Istituti eccezion fatta per il Liceo classico «Arnaldo». Vinse Aldo Bonfadini, uno che era già bravo, davanti a uno che bravo diventerà Gian Battista Paini, terzo uno che ha un nome che dice qualcosa a chi ha vissuto l'atletica degli ultimi decenni  a Brescia e fuori: Ugo Ranzetti, conosciuto come «il caimano del Mella», fiume che scende dalla Val Trompia e attraversa la città; quarto Alfredo Pucci, che fra poco ritroveremo. Al nono posto il piccolo Albertino Bargnani, che precedette, pensate un po', uno che poi divenne fra i più bravi a quei tempi nel salto in alto tanto da sfiorare in alcune occasioni i due metri: Giampiero Cordovani, nato a Pisogne, sul lago d'Iseo. Albertino e Ughetto erano compagni di banco all'I.T.I.S.

Campionati Studenteschi  tennero a battesimo  il Nuovo Stadio della Scuola (allora lo chiamavano così) il 4 maggio 1955. Gara dei mille metri, finale dei primi: vinse Alfredo Pucci in una serrata volata con Gian Battista Paini, quarto Ugo Ranzetti e appena dietro Bargnani. Il già nominato Cordovani vinse il salto in alto con 1.71. Di 'sto Alfredo Pucci non siamo riusciti a trovare mezza informazione in più sul giornale locale, mentre invece sappiamo quasi tutto di...autorità presenti, delle loro cariche, dei loro sermoni, pomposi e inutili. Ieri come oggi. A conclusione delle gare degli studenti, ci fu una esibizione di salto con l'asta, con Giulio Chiesa (primo italiano a superare 4.30, di lì a poche settimane) e Umberto Sattin.

Quell'anno Bargnani fu tesserato per una delle società di Bonomelli, la Unione Cooperative Consumo. Spaziò dai 400 ai diecimila metri. Nella stagione invernale '55-'56 (con il nuovo club Marzoli Palazzolo, sempre BB di mezzo) dominò quasi tutte le campestri nel Bresciano. Il 18 marzo, a San Vittore Olona, nel contesto internazionale della «Cinque Mulini», si classificò 28esimo. Un anno più tardi sarà tredicesimo, aveva vent'anni e quattro mesi.

La lunga vicenda atletica di Giulio Salamina iniziò nel 1958. Lo deduciamo dal primo quei quattro quadernoni nei quali, con precisione da amanuense, ha annotato, anno dopo anno, tutte le sue gare. Con un tocco di ironia, che non gli è mai mancata, ha chiamato questa raccolta «Salamineide». Quel primo anno corse due volte gli 800 metri, tempi quasi uguali 2:26.0  e 2:27.3, un 1500 in 5:00.03, saltò in lungo 4.81 e in alto 1.35. L'anno dopo corse già cinque e dieci mila metri. Iniziò con i colori dell'Atletica Brescia.  Era davvero bravo nelle corse campestri: a diciassette anni  (Giulio è nato nel 1943) arriva davanti ad atleti con qualche anno più di lui. Prima di chiudere, riportiamo un brano pescato nei quaderni di ritagli di giornale, in questo caso non sappiamo esattamente quale (forse il locale «Giornale di Brescia»):" Anche ieri ha vinto Salamina, che è nettamente superiore fisicamente, e non solo, è anche più preparato, il più serio, il più costante nella preparazione, il che non è solamente merito atletico. Salamina, per tutte le ragioni sopraelencate, è la tipica figura dell' «atleta speranza», l'atleta che potrà dare in futuro le migliori soddisfazioni alla sua Società». Un bagaglio di serietà che Giulio ha portato lungo tutta la sua vita.

Ultimo aggiornamento Giovedì 04 Novembre 2021 09:36
 
Omaggio a Giuliano Gelmi: anno 1955, bella stagione con tante soddisfazioni (2) PDF Stampa E-mail
Lunedì 01 Novembre 2021 09:54

 

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Tre atleti che spesso si sono incontrati nel 1955 scambiandosi i gradini del podio: stavolta al primo posto degli 800 metri Luciano Patelli, al secondo Giuliano Gelmi e al terzo Gianfranco Baraldi. Siamo alla «Pasqua dell'atleta», a Milano il 17 aprile; la pista è quella dello storico Campo Giuriati, come ci ha precisato l'amico Gianfranco Carabelli. A quella edizione della «Pasqua», organizzata come sempre dalla Riccardi, presenziò, e fece anche delle premiazioni,  Monsignor Giovanni Battista Montini, da poche settimane arcivescovo di Milano, che sarà chiamato al Soglio Pontificio nel 1963 ed assumerà il nome di Paolo VI (Archivio Gelmi)

Riannodiamo il nostro raccontino sulle gare del caro Giuliano Gelmi nell’anno 1955 con un brano da un articolo di Bruno Bonomelli da «l’Unità», del 6 giugno. “Dopo aver condotto una gara di prudente attesa l’universitario pavese Gelmi è scattato a trecento metri dall’arrivo della gara dei 1500 metri, e inutilmente sui suoi passi si sono buttati il campione italiano Maggioni – assai giù di corda quest’anno per colpa dei suoi pressanti impegni professionali – e il rappresentante della Riccardi, Rizzo. Sul rettilineo d’arrivo Gelmi ha respinto anche l’attacco finale portatogli da Rizzo…Per Gelmi ventiquattrenne e Rizzo 22enne si tratta del miglior tempo della loro carriera atletica”. Alzi la mano chi si ricorda invece come era finita la gara degli 800 metri di quella semifinale del Campionato di società, a Milano? Capito, facciamolo prima a dirvelo: nell’ordine, Patelli, Lensi, Gelmi, Rizzo, Fontanella. Andò diversamente al «Comunale» di Bologna, il 18 giugno, in occasione della finale dello stesso Campionato, che quell’anno sperimentò una bizzarra formula che prevedeva la partecipazione dei migliori dodici atleti usciti dalle semifinali. Leggiamo nel comunicato 85 dell’11 giugno:” La Presidenza federale preso atto dei risultati…comunica l’elenco degli atleti o squadre staffetta ammessi alla finale…”. ‘Sto Campionato di società è sempre stato un pateracchio che non ha mai trovato una sua identità ed è un finto specchietto per far credere che una volta all’anno si parla dei club, che sono in verità gli unici a non trarne nessun concreto beneficio, se non uno striminzito titolino sui giornali, quei pochissimi che ne parlano.

Fotografò la situazione ancora una volta Bonomelli su «l’Unità», 18 giugno, con questo titolo: «Il cosiddetto campionato di società». E scrisse: “Pretendiamo troppo che dalla lotta fra Patelli, Gelmi e Lensi con possibili infiltrazioni di Rizzo e Scavo, scaturisca un tempo al di sotto dell’1:54.0? Siamo esagerati se indichiamo a Gelmi, Rizzo e Lensi che l’obiettivo dei 1500 non è solamente il primo posto ma anche «un meno» di 3:57.0?”.  Purtroppo sì, il nostro mezzofondo, come abbiamo già detto, era fortemente in ritardo in quel momento. All’ombra delle Due Torri felsinee, il primo giorno, furono quasi gli stessi atleti di quindici giorni prima che diedero vita alla serie migliore (la seconda) degli 800, e stavolta Gelmi mise in fila tutti, con un finale da defibrillatore: Giuliano 1:55.4, Patelli 1:55.5, Scavo 1:55.5, Rizzo 1:56.3, Dordoni 1:56.6, Fontanella 1:56.8, Lensi 1:57.9. Giovanni Scavo nato ad Ascoli Piceno il 9 maggio 1936, quindi diciannove anni, un ragazzo, ma un ragazzo che già faceva sognare l’atletica italiana. L’anno prima, con i colori dell’Istituto Cesare Battisti di Velletri, aveva vinto i Campionati Studenteschi romani: corsa campestre e 1000 metri in pista. Fu di gran lunga il migliore con un eccellente 2:34.2 sulla stessa distanza anche nel Criterium nazionale riservato agli scolaretti. Alla fine dell’anno (maglia dell’ACLI Velletri) era già dodicesimo nella lista nazionale dei 1500 metri, 4:04.6 (primo al Trofeo delle Regioni, davanti a Baraldi). Poi, nel 1955, entrò nel C.U.S. Roma. Ai primi di giugno, nella semifinale romana, aveva sgranchito le gambe in 1:56.6. Un altro atleta che vogliamo ricordare: Cesare Dordoni, nato a Piacenza il 26 aprile 1934, vestiva la maglia verde del G.S. Calzaturificio Diana, società cittadina voluta l’anno prima da un imprenditore locale per dare una «casa» al grande «Pino» marciatore campione olimpico ed europeo; fra i due Dordoni non esisteva nessun legame di parentela. Cesare corse quel giorno in 1:56.6, nuovo primato piacentino, che avrebbe resistito vent’anni (Reggio Emilia, 30 maggio 1965) migliorato da un giovanotto di grande talento, Giorgio Bozzini, sceso a 1:55.8 (finì la breve carriera con 1:53.6, comunque ben lontano dal suo vero valore, mai totalmente espresso).

Torniamo sulla pista del «monumento della nuova epoca» (dal discorso mussoliniano inaugurale dello stadio), il giorno dopo, 19 giugno, si replicò sui 1500 metri, serie unica. Due diciannovenni ai primi due posti, molto vicini, Gelmi fu appena dietro, terzo, limando sei decimi (3:59.2) al suo miglior tempo; poi il milanesissimo Alfredo Rizzo (4:01.6). Dunque, primo Scavo (3:58.6), secondo un mingherlino sardo di Monserrato, provincia di Cagliari (nato il 10 maggio 1936), Antonio Ambu, un altro venuto fuori dai Campionati Studenteschi: primo sui 1000 metri nel 1953, l’anno dopo vincitore della corsa campestre; correva per la Scuola Secondaria Antonio Cima di Cagliari. Quello che nella vulgata giornalistica diventerà «il tamburino sardo», identificazione che verrà usata per vent’anni negli articoli e nei titoli fino a sfinimento del lettore, quel giorno a Bologna ottenne (3:58.8) il suo primo importante piazzamento non da studente. Antonio ebbe una carriera lunghissima: corse fino al 1969, strada, pista, campi, sette volte campione d’Italia di campestre e altrettante di maratona, due Olimpiadi, primati da contare col pallottoliere.

Una curiosità: nelle stesse giornate furono aggiunte a quelle degli uomini alcune prove per le donne, cosa inconsueta per i tempi. Trattavasi di gare indicative per l’incontro Belgio-Italia (Anversa, 3 luglio). Una sottolineatura: nei 100 metri, una signorina torinese – che già aveva partecipato ai Giochi Olimpici di Helsinki ’52 – corse due volte, la batteria (prima in 12.1) e la finale (pure prima, 12.0). Quella signorina, il cui nome è Giuseppina Leone, sarà «il primo atleta italiano» (non è un errore, la definizione è voluta) a partecipare a una finale olimpica sui 100 metri, Melbourne ‘56. Quanti se ne sono ricordati nelle appena trascorse giornate olimpiche giapponesi? Davvero pochi, che risulti a noi, ma due li conosciamo: Franco Bragagna e Guido Alessandrini, voci RAI. Crediamo di non sbagliare dicendo che Giuseppina Leone è una delle figure più trascurate nella storia dell’atletica italiana: eppure, nelle gare di velocità, è stata quattro volte finalista olimpica, su tre partecipazioni. Ma ormai la cultura del nostro sport è in mano ad individui che a malapena si ricordano quello che è accaduto il giorno prima.

Riprendiamo gli eventi del giugno 1955. Sabato 25, a Vigevano, incontro Milano – Pavia. Sugli «otto» Gianfranco Baraldi (inserito nella squadra milanese) fece il miglior tempo stagionale, 1:55.0; secondo Patelli, 1:56.2, terzo Gelmi, 156.3, quarto il comasco Luigi Bassano 1:56.5. Gelmi corse anche una frazione della staffetta svedese. Il 29 gli atleti furono allo Stadio di Mompiano, a Brescia, per una «notturna», che fece registrare bei risultati. Su 1500 continuò il confronto Baraldi – Gelmi: 3:58.4 e 3:59.2, personale eguagliato. Entrambi vennero convocati per l’incontro Grecia – Italia, ad Atene, domenica 10 luglio. Ma disse loro male: i 1500 metri furono l’unica gara dove gli azzurri topparono! Vinsero tutte le altre gare (dodici, punteggio finale 68 a 42) ma Baraldi (3:58.6) e Gelmi (4:02.0) dovettero vedere le terga dei due ellenici Papavassiliou (3:57.8) e Costantinides (3:58.2). Scrisse il bollettino federale:” La sconfitta degli italiani nei metri 1.500 è stata la sola dell’incontro, ma nulla ha potuto Gelmi contro i due greci e lo stesso Baraldi, che ha condotto la gara dai 600 ai 1000 metri, ha dovuto cedere allo sprint finale di Papavassiliou e Costantinides, accreditati di risultati superiori a quelli dei nostri”. Non si stupisce Bonomelli («l’Unità», 14 luglio):” La prova provata è che nei 1500, specialità nella quale i greci ci sovrastano abbastanza nettamente (e qual è la nazione europea che, oggi come oggi, non ci sovrasta nel mezzofondo?) il nostro Baraldi, pur classificandosi al terzo posto, ha, a un dipresso, pressoché uguagliato la propria miglior prestazione. E di più avrebbe certamente ottenuto se non avesse sbagliato il calcolo dei giri: il che lo ha portato a non impegnarsi eccessivamente nella volata. Egli credeva di dover percorrere ancora un giro!”. Un motivo per ricordare quell’incontro con i greci: Silvano Meconi, toscano di Cortona, fu il primo italiano a scagliare il peso oltre i 16 metri (16.05).

Barcellona ospitò la seconda edizione dei Giochi del Mediterraneo, dal 22 al 25 luglio. Pochini i nostri, solo 21; per i 1500 si puntò su Gianfranco Baraldi, che, visto il risultato, iniziò con questa gara la sua ascesa verso prestazioni di buon valore. Fu settimo in 3:55.6 appiccicato al greco Papavassiliou (3:55.2, primato nazionale), il quale pochi giorni dopo, ad Atene, vincerà il titolo mondiale militare sui 5 mila metri, terza la «fiamma oro» Francesco Perrone, vittima del COVID-19 qualche mese fa. Due turchi ai primi due posti, Kocak (anche lui poi campione con le stellette) e Onel, primato nazionale per lo spagnolo Tomás Barris, quarto, un vivacissimo catalano che ha scritto un bel libro sulla sua carriera atletica. Il bollettino federale non sprecò neppure un aggettivo per la prestazione di Baraldi…Ne parlò Bonomelli («l’Unità», 30 luglio):” Il ventenne Baraldi da parte sua, pur non figurando fra i piazzati, essendo arrivato settimo al traguardo, è stato accreditato di 3:55.6; le cronache però, al riguardo, ci ammoniscono che il bergamasco è terminato freschissimo, e che il suo mancato piazzamento è dovuto semplicemente al fatto che il suo lungo compasso di gambe mal si presta al ritmo frenetico degli ultimi duecento metri di una gara di mezzofondo; resta ribadita così l’impressione ch’egli sia meglio adatto a gare di più lunga lena”. Messaggio inascoltato, nonostante anche le prestazioni nelle gare di corsa campestre indicassero questa via.

Ci riserviamo per l’ultima parte di stagione? Allora facciamo punto qui e arrivederci nei prossimi giorni.

(seconda parte – segue)

Ultimo aggiornamento Mercoledì 03 Novembre 2021 14:24
 
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