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Dalla dittatura di Angiolo Profeti a quella di Silvano Meconi, sempre Toscana fu PDF Stampa E-mail
Lunedì 18 Aprile 2022 00:00

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Quello che segue è il risultato del combinarsi di alcuni «pezzi» di un piccolo puzzle atletico. Giovedì scorso abbiamo pubblicato sul nostro spazio Facebook la copertina dell'opuscolo che celebrava i primi quarant'anni della società A.S.S.I. Giglio Rosso di Firenze. Dominava quella copertina la foto di un lancio di Silvano Meconi (nato a Cortona il 28 ottobre 1931, morto a Firenze il 22 settembre 2005). Su questo si è innestato Carmelo «Meo» Rado, con qualche suo ricordo. Un redattore A.S.A.I ha dovuto garbatamente aggiustare qualche dettaglio, non per far le pulci a Rado, per carità, ma per obbligo di ruolo (siamo o non siamo l'Archivio Storico dell'Atletica Italiana? Dobbiamo essere esatti...). Il tutto ha attizzato la curiosità di un nostro socio che si è subito avventurato nei ricordi del lancio del peso di circa settant'anni fa, metà degli anni '50.

Simpaticamente, ci ha inviato un messaggio che inizia così:" Non sono un nostalgico delle dittature, per carità, aborro qualsiasi dittatura...Mi sono ispirato al titolo che apparve il 29 marzo 1955 nelle pagine di «Sport Italia» sulle quali Bruno Bonomelli pubblicava le sue puntuali e documentate indagini sull'atletica nazionale, non chiacchiere imbellettate. Quel titolo era stato formulato così «Profeti, il dittatore del peso»...". Angiolo, per tutti Angiolone, Profeti, toscano di Castelfiorentino, aveva davvero dominato la specialità degli «uomini catapulta» per un ventina d'anni: a fine stagione 1937, poco più che diciannovenne, era il capolista nazionale con 14.06. Nel 1955 emerse un altro toscano, Meconi appunto. Scrisse Bonomelli:" C'è chi assicura che entro l'anno il primato italiano del getto del peso sarà portato oltre i sedici metri...Chi afferma questo punta in particolar modo su due giovani atleti che nel 1954 hanno fatto notevolissimi progressi. Si allude evidentemente al ventiquattrenne fiorentino Meconi, in un certo senso allievo proprio di Profeti, ed al ventiduenne milanese Monguzzi. I due giovani lanciatori hanno fatto quest'inverno frequenti apparizioni al centro atletico di Chiavari, e di loro si dice un gran bene. Staremo a vedere se veramente il lancio del peso ha trovato anche da noi la sua definitiva sistemazione stilistica con conseguenze misurabili". Monguzzi, di Monza, aveva chiuso il 1954 con 14.81, secondo, vicinissimo a Profeti; Meconi era quarto con 14.49.

Meconi si mise subito in evidenza: ai primi di aprile nel fiorentino Stadio Militare a Campo Marte avvicinò il suo primato, 14.26; Monguzzi rispose da Milano: 14.50; Meconi allungò a 14.70, a Livorno, e poi firmò il suo primo 15 metri esatti a Carrara. Un giornale titolò «Meconi è arrivato al Rubicone (dei 15 m.)». Anche Monguzzi andò oltre: 15.07 a Bellagio il 19 maggio. Dieci giorni dopo, Firenze, ancora Stadio Militare, 15.31 per il toscano, primato stagionale italiano. Il 5 giugno, alla Civica Arena milanese, fiammata d'orgoglio del vecchio Profeti (classe 1918), che mise tutti sull'attenti: 15.04, secondo Meconi 14.84, quarto Monguzzi 14.13. " Credo - scrive il nostro investigatore - che questa sia l'ultima sconfitta subita da Meconi per mano di un atleta italiano. Poi ci vorranno undici anni, fino al 1966 perchè qualcuno ci riesca...". Appaghiamo subito la curiosità: chi fu l'italico «giustiziere» di Meconi nel 1966? Un ragazzone veneto, Flavio Asta, non ancora ventenne, il 9 giugno, a Milano, sopravvanzò il toscano, che un mese dopo, proprio a Firenze, perse anche il titolo italiano per...braccio di Michele Sorrenti.

Come insegna la storia del mondo, tutte le dittature, prima o poi, muoiono. E fu così anche per quella di Profeti. Il 19 giugno, a Bologna, durante la finale del Campionato di società, Meconi spostò in avanti di 39 centimetri e mezzo (non vi sembri strano, era così) il primato nazionale (da 15.425 a 15.82) che il suo conterraneo aveva ottenuto in giugno del 1952, a Milano. Questo fu il primo primato di Meconi dei quindici ottenuti fra il 1955 e il 1960, nove volte in Italia e sei all'estero. Il primo «+ 16» nella cronologia del getto del peso nel nostro movimento atletico arrivò il 10 luglio, nel contesto di un ridotto Grecia - Italia, ad Atene: Meconi fece atterrare la ferrea sfera a 16.05, distanziando il greco Tsakanikas, che si prese la rivincita sfilandogli la medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo a Barcellona (15.49 per il greco, 15.35 per il toscano).

Quattro giorni dopo, il 14 luglio, Bonomelli scrisse sulla pagina sportiva de «L'Unità»:" Silvano Meconi ha per la seconda volta nella stessa stagione superato il primato italiano del peso. Val la pena di ricordare che ad Atene anche Angiolo Profeti stabilì un nuovo primato della specialità. Fu il 15 ottobre 1950, ed il 15.42 ottenuto allora dal toscano rappresentò una tappa importante nella cronaca dell'atletica leggera italiana. Perchè migliorava un primato detenuto dallo stesso Profeti fin dal 1939. Si sottolineò allora come il Profeti di 32 anni aveva superato il Profeti di 21 anni. Meconi viene da molto lontano. Nel 1950, a diciannove anni, ....(Bonomelli segue i progressi metrici anno per anno, n.d.r.)...La svolta decisiva per il fiorentino era rappresentata dalla vita militare. In una selezione per i campionati internazionali militari, il 18 luglio 1954, egli arrivava di slancio ai m. 13.50. Sfiorava in seguito i 14 metri ai campionati di Seconda Serie, mentre ai campionati assoluti metteva alla frusta il consocio Profeti lanciando a 14.49....Un inverno passato a controllare lo stile sotto la buona guida di Bononcini ed infine le successive esplosioni del 1955....ed infine  il 16.05 di Atene. Che non sarà certo un punto d'arrivo. Lunga è ancora la strada per arrivare alla fama mondiale, ma Meconi, che non ha ancora 24 anni , ci può certamente arrivare".

Il severo commentatore bresciano concluse:" Il primato di Meconi dimostra tre cose: 1) l'atleta non deve demoralizzarsi agli inizi della carriera atletica se i primi risultati sembrano essere insoddisfacenti; 2) la storiella della mancanza di bistecche in Italia negli ultimi quattro secoli è stata inventata da coloro che non avevano pazienza e costanza; da coloro, cioè, che vogliono comperare qualcosa la mattina per rivendere subito al pomeriggio e che vogliono giustificare così la loro inutilità in un mondo inteso socialmente; 3) in atletica lo studio accurato delle tecniche degli altri è alla base di ogni progresso; coloro che vogliono ignorare ciò che si fa al di là delle Alpi, in nome di un malinteso patriottismo, dimostrano invece di non aver coscienza scientifica e di essere semplicemente degli xenofobi".

Lauro Bononcini lo accompagnò in Finlandia - era d'agosto - insieme ad altri atleti su cui la Federazione puntava: il miglior risultato fu un 15.77. Vinse poi varie gare sul patrio suol: la Notturna di Bologna, un' altra gara ad Imola, fino al primo titolo nazionale, sulla pedana della Civica Arena di Milano: fra lui e gli altri un abisso. Nota di colore, direbbe un giornalista: in quella gara da lui vinta, all'undicesimo posto troviamo Carmelo Rado con 11.77. Stesse presenze anche il giorno dopo per la gara di disco: quarto Rado 44.42, decimo Meconi 40.96. In verità, le strade di Meconi e di Rado si erano già intersecate il 19 giugno a Bologna, ma sulla pedana del disco: ottavo Meconi 41.47, nono Rado 39.52, decimo Profeti 39.34, undicesimo Franco Sar 37.47. Semplice curiosità...per quelli curiosi.

Ultimo atto: nella bella città universitaria di Friburgo, il confronto Germania - Italia finì con uno sberlone per noi (127 a 74). Ma Silvanone ce la mise tutta e avanzò di altri 46 centimetri fino a 16.51; perse dal germanico Dieter Urbach che ebbe un solo lancio migliore del suo: 16.65. Si prenderà la rivincita a Roma, il 4 novembre: 16.13 contro 15.85. Nel finale di stagione Meconi ottenne una serie di buoni risultati, a conferma di una acquisita sicurezza su misure di qualità. Nella stagione 1955 gettò il peso diciannove volte oltre i 14.65, su 23 gare disputate (oltre a 12 di disco).

La dittatatura del Gran Ducato di Toscana sul getto del peso nell'atletica italiana non finisce qui...verranno i Marco Montelatici, gli Alessandro Andrei. Altre storie, di modernariato.

Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Aprile 2022 19:14
 
Arno Società Sportiva Italiana, 1922 - 2022: cent'anni di atletica a Firenze PDF Stampa E-mail
Giovedì 14 Aprile 2022 08:05

Il 14 aprile 1922 era un venerdì. Il Venerdì di Settimana Santa. Curioso: oggi è il Giovedì di Settimana Santa. Esattamente cent'anni dopo. E dopo questi dieci decenni viene festeggiata proprio oggi, giovedì 22 aprile 2022, la nascita di una grande società sportiva che, nata a Firenze, Quartiere Ricorboli, ha dato gloria a tutta l'atletica italiana: nacque, per iniziativa di diciotto giovanotti la Arno Società Sportiva Italiana, che i posteri avrebbero poi sintetizzato in A.S.S.I., e ancor oggi molti si chiedono cosa vuol dire, quasi sempre sbagliando.

Questa vuol essere solamente una notizia per dire che oggi, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze - non un posto qualsiasi, vero? - il sindaco della città, Dario Nardella, e il presidente di ASSI Giglio Rosso, Marcello Marchioni, hanno aperto le celebrazioni per i cento anni dalla costituzione dell' Arno Società Sportiva Italiana. Noi avvertiamo il dovere etico di essere vicini, da lontano, ad eventi di questo tipo, integralmente fedeli alla nostra ragione di esistere come associazione: il rispetto, la conservazione, la continuità, della storia del nostro sport. Siamo vicini all'amico Marcello Marchioni, ai dirigenti, agli atleti, tecnici, collaboratori di questo «monumento» vivente dell'atletica.

E siamo orgogliosi e riconoscenti per l'ospitalità che il club fiorentino ci ha offerto, ancora una volta, di ospitare la nostra Assemblea annuale nella loro sede sulla Via dei Colli, domenica 8 maggio.

Ai nostri utenti ricordiamo che nei prossimi giorni dedicheremo spazio alla storia iniziale di questo club, che ha avuto per anni fra i suoi dirigenti un uomo fondamentale anche per noi come il prof. Aldo Capanni.

Ultimo aggiornamento Giovedì 14 Aprile 2022 20:21
 
Pino Dordoni, ammirato, imitato, copiato, ma da nessuno mai eguagliato PDF Stampa E-mail
Mercoledì 13 Aprile 2022 07:56

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"Nel naturalissimo gesto atletico della marcia, può accadere talvolta che un atleta ricercando la perfezione, forzi il suo incedere al punto di apparire quasi innaturale. 

"Scioltezza, fluidità, potenza, intelligenza muscolare, questi gli elementi che hanno fatto di Pino Dordoni un classico della marcia, corretto, elegante, al punto di essere da tutti ammirato, copiato, imitato ma da nessuno mai eguagliato.

"Vediamo dunque di esaminarlo in azione: il busto è sempre perfettamente eretto, le braccia che oscillano con movimento sincrono ed alterno avanti-indietro, aderendo ai fianchi, con una apertura angolare al gomito di 90-95°.

"Quando le braccia sono in avanti si «chiudono» in arco verso il centro del corpo, per controbilanciare il leggero avanzamento dell'anca opposta.

"Le anche, a differenza di quanto si nota nei marciatori mediocri, non compiono violente ed antiestetiche «contorsioni», ma con leggere oscillazioni si armonizzano con la gamba corrispondente.

"Per ottenere il perfetto «bloccaggio del ginocchio» anteriore, il piede prende contatto a terra col tacco e forma con la gamba un angolo di 90°. Il correttismo lavoro delle gambe lo si può quindi sintetizzare su due punti ben definiti:

"1) È completamente distesa dall'istante in cui il tacco prende contatto con il terreno davanti al corpo, a ginocchio bloccato, sino a quando il proprio avanpiede si stacca dietro da terra;

"2) È sempre flessa dal momento in cui l'avanpiede si stacca da terra dopo l'azione di «spinta», sino a quando riprende contatto col terreno di tacco ed a ginocchio completamente bloccato.

"Naturalmente, questa azione alternata delle gambe, è fatta in modo tale che non vi sia mai «sospensione» e cioè interruzione di contatto con il terreno da parte di ambedue i piedi contemporaneamente. È proprio questa «condizione» più difficile da controllare in pratica, anche perchè l'evasione a questa clausola non è netta e continua ma saltuaria e quasi sempre al limite della validità.

"Da questa precisa regola, Dordoni non è comunque mai fuggito ed anche di questo particolare meglio si può misurare la dignità di un campionbe della sua portata, di un vincitore di Olimpia".

Consideriamo queste parole le più belle che siano mai state scritte su Pino Dordoni atleta e sul suo stile mai eguagliato. Le scrisse, nel 1969, il Maestro dello Sport Claudio Enrico Baldini, nel capitolo dedicato al campione olimpico di Helsinki 1952, capitolo che apriva il libro «Storia dell'atletica leggera piacentina». Quel Claudio Enrico Baldini che, nel 1994, fu socio fondatore del nostro Archivio Storico. 

Nelle parole di Claudio Enrico si trova il senso del logo che oggi presentiamo e ci accompagnerà in tutte le varie occasioni nelle quali ricorderemo, quest'anno, la figura del grande campione piacentino. Roberto Scolari, responsabile grafico della storica azienda bresciana F. Apollonio & C. - Tipografia e Servizi, oggi entrata nell'Halley Informatica di Matelica, ha tratto ispirazione da quelle «braccia» descritte da Baldini. Un tratto semplice, moderno, sobrio, elegante, che in quel movimento riassume l'armonia dell'incedere di Pino Dordoni.

Ultimo aggiornamento Sabato 11 Giugno 2022 17:03
 
«Trekkenfild» patrocinerà il ricordo della vittoria olimpica di Pino Dordoni PDF Stampa E-mail
Mercoledì 06 Aprile 2022 09:50

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«Trekkenfild», il periodico di atletica online inventato nel 2013 da Daniele Perboni e Walter Brambilla, ha offerto il patrocinio agli organizzatori della iniziativa «1952-2022 - Pino Dordoni campione olimpico». Un gesto che ci  fa molto piacere, dal momento che di questo ricordo siamo stati fra gli iniziali promotori. La pubblicazione darà spazio ai diversi momenti di questa celebrazione, che avrà - non potrebbe essere diversamente - il centro focale nella città di Piacenza.

Qui di seguito il testo che ci ha fatto pervenire Daniele, a nome anche di Walter:

"Il 21 luglio 1952 era un lunedì…
Inizia con queste sei parole un’articolessa apparsa sul sito dell’ASAI, dove si annunciava che il Consiglio Direttivo dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana "Bruno Bonomelli" aveva deciso di affiancare gli organizzatori per celebrare i 70 anni della vittoria di Pino Dordoni nella 50 olimpica di Helsinki. Non abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente il “Pino”, anche se lo abbiamo incrociato qualche volta nella sua Piacenza, quando ancora si organizzavano gare di marcia sulle lunghe distanze al di fuori dei grandi eventi come Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Ricordiamo un assolato pomeriggio, seduti in prossimità della “boa”, in attesa del passaggio dei grandi faticatori della 50 chilometri. La “sua” gara. Erano gli anni 80. Sole, solitudine, nostra e degli atleti, poco pubblico a seguire quell’estenuante fatica. Il giorno prima si era marciato a Lomello, in casa di un certo Pietro Pastorini, voce roca, faccia rugosa da marinaio greco, eterna sigaretta sulle labbra, innamorato perso di questa disciplina e tanto pazzo da portare in quel villaggio sperduto nelle campagne della Lomellina e governato da zanzare e polvere una manciata di specialisti venuti da terre lontane: oltralpe, oltre oceano, altri continenti. Un binomio che visse un paio di stagioni e poi si spense nell’indifferenza di tanti. Forse troppi. Ma il “Pino”, lo ricordiamo bene, non aveva mai smesso di sorridere e riporre eterna fiducia (forse mal riposta) nella disciplina che tanto amava. 
Ecco, è anche per quel sorriso e quella fede indistruttibile che il Consiglio Direttivo di Trekkenfild, e la redazione al gran completo, hanno deciso di affiancare gli organizzatori, per quanto possa fare una testata come la nostra, nel dare supporto a chi si è posto come obiettivo di celebrare quel successo, in ricordo di un marciatore che è rimasto nel cuore degli appassionati tutti".
 
A loro va il nostro cordiale ringraziamento per il gesto, apprezzato anche dagli altri dai promotori.
Ultimo aggiornamento Mercoledì 06 Aprile 2022 16:05
 
Quell'anello di 400 metri verdi immerso nella campagna alle porte di Piacenza PDF Stampa E-mail
Lunedì 04 Aprile 2022 13:25

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Festa di ragazzini a scorazzare sulla rifatta pista atletica dell'impianto sportivo intitolato a Pino Dordoni, alle porte di Piacenza, sulla strada che porta verso le belle colline della Val Luretta. Un atto formale, dovuto, alle società che ancora tengono vivo l'interesse per l'atletica leggera, a prezzo di non lievi sacrifici. E proprio i ragazzini sono i destinatari di questa rinnovata struttura, che - come abbiamo già avuto modo di ricordare - è l'unica a disposizione per un largo bacino di utenza. E come sentimmo ripetere tante volte dal prof. Carlo Vittori, pigmalione di Pietro Mennea e di tutta una generazione di velocisti dei quali sarebbe bene non scordarsi sull'onda di entusiasmi (sacrosanti) del momento, diceva appunto «u professore» che "l'atletica, quella vera, si fa in pista". Bella la maratona, bella la corsa campestre, bella la corsa in montagna, ma la pista è n'altra cosa. Rifacimento del manto completato, consegna effettuata ai legittimi fruitori. Amministratori, dirigenti sportivi, atleti titolatissimi, discorsi, il tipico contorno di queste cerimonie.

Ricordato il grande campione cui è intitolato l'impianto, Pino Dordoni, campione olimpico, hombre vertical come direbbe un cittadino spagnolo. Uomo diritto, tutto di un pezzo, nello sport e nella vita, questo era Pino. Amici di Piacenza e di fuori si stanno impegnando per ricordarlo a settant'anni dalla sua vittoria olimpica a Helsinki 1952. Noi, la nostra minuscola associazione di appassionati del passato dell'atletica italiana, il nostro sito, saranno parte di questo ricordo. Il primo appuntamento ha già una data: domenica 24 aprile. Vi daremo i dettagli più avanti.

Allegata la riproduzione dell'articolo dedicato all'evento sulle pagine sportive del quotidiano piacentino «Libertà». Anche l'edizione online dello stesso giornale ha dedicato ampio spazio.

Ultimo aggiornamento Lunedì 04 Aprile 2022 17:00
 
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