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Un ricordo di Marco Martini e della sua cultura per lo sport dei popoli indigeni PDF Print E-mail
Monday, 28 September 2020 15:06

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Il nostro vicepresidente Augusto Frasca è l'autore di un articolo sulle pagine della Rivista della Scuola dello Sport con l'intento di ricordare il nostro indimenticabile socio fondatore Marco Martini. L'articolo prende spunto da una pubblicazione che Marco si stampò in proprio nel 2009 e che «regalò» al nostro Archivio Storico, ponendo in copertina il nostro logo e facendolo entrare nel catalogo delle pubblicazioni da noi edite. Marco, da quel galantuomo che era, ha sempre mantenuto l'etichetta A.S.A.I. nei suoi lavori, che, tra l'altro, si pagava da sé senza elemosinare mai un aiuto a nessuno. E quando diciamo «nessuno» significa proprio «nessuno». Al contrario di tanti roditori che, di riffa o di raffa, riescono sempre a mettere le fatture a carico di altri. Inoltre Marco veniva alle Assemblee dell'Archivio e donava sempre un certo numero di copie agli altri soci. Signorilità, sostantivo in disuso.

«Ritorno alle tradizioni», questo il titolo del libro che Augusto ha rispolverato. Fu, in embrione, il punto di partenza di uno studio che Marco portava avanti, silenziosamente, da vero ricercatore qual era, da molti anni sullo sport dei popoli di interesse etnografico. Gigantesco, documentatissimo lavoro, di cui esistono alcuni edizioni «casalinghe» (fotocopie rilegate in copisteria) che poi ebbero la sorte di essere raccolte in un libro stampato, purtroppo modesto come realizzazione (solo testo, senza alcuna immagine), ma meglio di niente: «L'energia del sacro», con un chiaro riferimento alla interpretazione di Marco del legame fra celebrazioni religiose e espressioni ludiche.

Il testo pubblicato sulla Rivista della Scuola dello Sport è disponibile, in PDF, qui.

Last Updated on Monday, 28 September 2020 21:59
 
Yeman Crippa, Golden Gala, Palio della Quercia e il «Baldini Pensiero» PDF Print E-mail
Friday, 25 September 2020 08:41

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Nuovo numero di «Trekkenfild», siamo all'ottantaseiesimo. Gli argomenti son quelli indicati nel titolo. Buona lettura.

Last Updated on Friday, 25 September 2020 09:14
 
Parigi 1911: Donato troppo temerario lascia via libera a un figlio dei tulipani PDF Print E-mail
Wednesday, 23 September 2020 14:59

Scorrete leggermente in basso questo articolo e vi apparirà una foto - sfocatina ma data l'età, 109 anni, siate indulgenti - che ci riporta a quei tempi con un marciatore italiano accompagnato in bicicletta da un monsieur con tanto di paglietta (fatta di paglia, da lì il nome) o magiostrina come la chiamavano a Milano. Perfino il ragazzino di bianco vestito ne porta una. Era il copricapo d'ordinanza degli elegantoni, dei gagà del primo Novecento. Il marciatore, el milanes Donato Pavesi, inalberava come sempre il suo caschetto da fantino di galoppate di nobili quadrupedi. Qui siamo nella Ville Lumière, dove si dovevano marciare 34 chilometri per aggiudicarsi il successo nella seconda edizione del «Tour de Paris à la marche». Le edizioni, a voler guardare, erano anche di più, essendo la grande prova parigina nata qualche anno prima: edizione iniziale (37 chilometri) nel 1905, ma quella e le successive erano aperte ai professionelles, mentre questa edizione 1911 e quella del 1910 vennero riservate ai soli amateurs.

«Le Tour de Paris à la marche a eu lieu le 26 Juin 1911» ci ha scritto Emmanuel Tardi, l'esperto della disciplina nella Commissione Documentazione e Storia della Federazione francese. Contattato da Luc Vollard che gli ha posto il quesito su quella gara del 1911 per conto nostro, Emmnuel ha impiegato 42 minuti nel darci la risposta, cercare un documento storico e girarcelo: un record. Ci ha inviato il link alla pagina del giornale «L'Auto» di lunedì 26 con la dettagliata cronaca dell'evento. Diremmo quindi che la gara si è disputata domenica 25. La domenica successiva, 3 luglio, leggiamo dalle cronache del giornale, si sarebbe tenuta anche la Traversée de Paris a la nage, a nuoto, nella Senna, che era stata trasformata in piscina naturale durante i secondi Giochi Olimpici del 1900 (e si nuotò in favore di corrente!). Il giornale sportivo «L'Auto», lo sanno tutti (si fa per dire) gli appassionati di ciclismo, è quello all'interno della cui redazione, nell'autunno 1902, nacque l'idea di dar vita al Tour de France (prima edizione luglio 1903). Una impresa editoriale che ha una storia molto complicata (canterebbe Paolo Conte, ascoltate «Aquaplano») che attraverso i decenni ha portato alla trasformazione del 1946, da quando il giornale si chiama «L'Équipe».

Marchons, marchons! canta l'inno nazionale transalpino. E Donato Pavesi, come suo solito, parte a palla, ha sempre pensato di essere Superman. Ma non tutte le volte gli è andata bene. Sorridente, prende la testa, se ne va, ma gli altri gli stanno sui calcagni, pronti ad azzannarlo. A la Porte de Montreuil, Pavesi è ancora davanti; a la Porte Dorée l'olandese Schotte si mette alla caccia; a la Porte d'Ivry supera il milanese, vittima di crampi, e così anche Knausse. Finito: i primi tre sono decisi, secondo Knausse a cinque minuti, terzo Pavesi a sei. 

Se volete leggere tutto, cliccate sulla pagina per ingrandirla, non vi promettiamo un lettura agevole, ma si può fare...Ringraziamenti, non di maniera, agli amici Emmanuel Tardi e Luc Vollard: Merci! Un grande apprezzamento alla Bibliothèque Nationale de France che offre la possibilità di utilizzare questi documenti da giornali dell'epoca, un patrimonio inestimabile.

L'Auto, Lundì 26 Juin 1911, pag. 7

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Last Updated on Thursday, 24 September 2020 21:58
 
Vi raccontiamo Donato Pavesi, un campione rimasto senza medaglia (2) PDF Print E-mail
Saturday, 19 September 2020 10:12

Riannodiamo il testo di AZL, da leggere Alberto Zanetti Lorenzetti, sulla bella e lunga storia di Donato Pavesi, sicuramente «un personaggio» degno di un romanzo sportivo e anche umano. La prima puntata di questo documentatissmo racconto si fermava al 1910, da lì riparte la narrazione per gli anni dal 1911 al 1913. Ma la storia è ancora lunga e affascinante, e Alberto ce la racconterà tutta, con la precisione documentale che ne fa davvero uno storico dello sport.

Nelle due foto qui sotto: Donato, con il suo inconfondibile cappelletto da jockey che lo accompagnerà lungo tutta la carriera, impegnato nel «Giro di Parigi» del 1911: pretese troppo dal suo fisico, andò in crisi ma chiuse ugualmente al terzo posto. A fianco, un primo piano del 1913, un anno che non fu uno dei migliori per l'eclettico marciatore di San Donato Milanese

 

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Un anno di primati

Il 1911 fu l’anno dell’assalto ai primati. Dopo aver vinto la Coppa Malvezzi e la Coppa d’Inverno, nel giro di pochi giorni Donato migliorò due volte il primato italiano dell’ora. Il «Corriere della Sera», riportando i commenti sulla manifestazione che si svolse il 19 marzo al Velodromo Sempione di Milano, raccontò che il giovanissimo Nando Altimani aveva coronato con successo l’assalto al primato italiano del miglio, coprendo la distanza in 7’5”4/5, aggiungendo: “Bisogna però notare che il recordman mantenne sempre un’andatura di marcia scorrettissima”. Seguì la prova di Pavesi che “doveva tentare di battere il record mondiale dei 30 chilometri; però dopo sei chilometri il marciatore milanese – stante l’ora tarda – decise di ridurre il suo tentativo al record dell’ora. Pavesi ha ottenuto precisamente il suo intento: nell’ora egli percorse ben m. 12.228 abbassando così notevolmente il record precedente detenuto fin dal 1906 dal rag. Arturo Balestrieri con m. 11.867. Pavesi avrebbe potuto stabilire anche un tempo migliore nella prima parte della gara se, credendo di dover compiere i 30 chilometri, non avesse risparmiato le forze”. Sarebbe stato primato italiano, ma non fu possibile procedere all’omologazione per il fatto che i cronometristi avevano abbandonato la manifestazione a seguito di un litigio con i dirigenti del Velodromo. Nello stesso impianto fu organizzata il 16 aprile un’altra manifestazione dedicata ai 60 minuti. La gara di corsa vide il successo di un promettente giovane, Romeo Bertini, mentre Pavesi, che doveva misurarsi contro tre coppie di marciatori, percorrendo 12.406 metri questa volta riuscì a togliere ufficialmente il record a Balestrieri, stabilendo anche il primato sui 5 e 10 chilometri. Al Giro di Parigi, disputato il 25 giugno, tenne il comando per 20 dei 34 chilometri della gara, ma una crisi gli costò la vittoria e dovette accontentarsi del terzo posto.

Al campo della Unione Sportiva Milanese il 13 agosto vi fu una pioggia di primati nazionali. Angelo Marchesi stabilì il record dei 150 metri con il tempo di 17”3/5 e correndo i 200 metri in 23”3/5, migliorando il tempo stabilito dal più noto Emilio Brambilla. Giuseppe Gandolfi si migliorò nell’ora di corsa facendo registrare 15.931 metri. Poi fu la volta di Pavesi, autore di una prova che gli permise di impossessarsi di tutti i record nazionali dal 13esimo al 25esimo chilometro – miglia e 2 ore comprese – concludendo in 2 ore 17’33”3/5. In vista della “classica” della «Gazzetta dello Sport» il 12 novembre, alcuni marciatori su presentarono alla partenza della Milano-Torino, gara di 140 chilometri organizzata dalla Unione Sportiva Milanese. Nell’ordine tagliarono il traguardo Colella, Pavesi e Del Sole.

Terza presenza e secondo successo per Harold Ross nella «Cento Chilometri». Memore della sconfitta dell’anno precedente, quando sprecò energie per contrastare Del Sole, questa volta l’inglese tenne una precisa e vincente tabella di marcia. Al secondo posto si classificò Mario Vitali, al terzo Giovanni Colella, che era stato impensierito a lungo dal battagliero Pavesi, arrivato quarto. Si era invece ritirato l’altro illustre straniero, Karl Brockmann, che si sarebbe fatto valere due anni dopo.

I Campionati del 1912 avevano classificato Donato al primo posto nella 40 chilometri e al secondo nei 1.500 metri, ma il ritiro nella 10 chilometri probabilmente gli fu fatale per poter guadagnare la selezione per le Olimpiadi di Stoccolma, dove il programma era limitato a quella gara, per la quale venne inviato un solo atleta. Si trattava di Fernando Altimani, detentore del titolo nazionale sulla distanza. Non ancora diciannovenne, il marciatore milanese riuscì a impossessarsi del bronzo olimpico.

La «Cento Chilometri» sempre nei suoi obiettivi

Nel corso della stagione Pavesi conquistò il primo posto nella Milano-Rossano e ritorno di 16 chilometri il 23 giugno e nella Coppa Pro Gorla il 3 novembre. Sette giorni dopo, nella «Cento chilometri», per tutta la gara il vincitore Vitali duellò con Pavesi che, cedendo negli ultimi chilometri, venne sopravanzato anche da Cesare Ghizzoni

Gran parte della stagione 1913 è raccontata nella cronaca della gara dei 1.500 metri dei Campionati italiani: Pavesi in testa dopo la partenza ma, raggiunto da Altimani, si ritira. A salvare l’annata furono il secondo posto dietro Giovanni Brunelli nella maratona di marcia, inserita nel programma dell’Olimpionica internazionale organizzata a Milano il 12 maggio, e un discreto finale di stagione. Il 2 novembre erano previsti al Trotter di Milano l’arrivo del Giro di Lombardia di ciclismo e l’assegnazione del titolo italiano della maratona di corsa e di marcia. Nelle fasi conclusive della corsa ciclistica successe di tutto: a un chilometro dall’impianto sportivo una caduta coinvolse molti corridori, fra i quali il “diavolo rosso” Giovanni Gerbi, lo “scoiattolo dei Navigli” Carlo Galetti e “l’avocatt” Eberardo Pavesi, che venne ricoverato con prognosi riservata. E non era finita. Mentre i ciclisti si giocavano la vittoria, un’automobile entrò nel Trotter mettendo fuori gioco Costante Girardengo e favorendo la vittoria di Henri Pelissier. Si sparse la falsa notizia che fosse stata una scorrettezza del francese a causare la sconfitta del campione italiano e si scatenò il putiferio. Il povero Pelissier dovette rifugiarsi nella cabina dei cronometristi, e lì stare per quasi un’ora. In tutta questa confusione l’arrivo dei podisti, marciatori compresi, passò inosservato. Nella maratona di corsa concluse al primo posto Angelo Malvicini, mentre nella marcia si impose Brunelli, con un combattivo Pavesi che dava segni di ripresa giungendo quarto.

Dopo soli sei giorni prese il via la «Cento Chilometri» che ebbe nel tedesco Karl Brockmann il protagonista assoluto, autore di un riscontro cronometrico migliore di quanto fatto da Ross nelle edizioni precedenti. Pavesi non sfigurò, anzi, il suo secondo posto sorprese proprio a causa degli scarsi risultati ottenuti nei mesi precedenti.

 

(segue)

Last Updated on Tuesday, 29 September 2020 14:57
 
Le puissant Lanzi e le petit Italien Beviacqua incantano i francesi a Colombes PDF Print E-mail
Friday, 18 September 2020 12:01

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Quando si dice collaborazione...Quella cui ci riferiamo è questa, testimoniata dalla pagina della rivista francese «Match», datata settembre 1937 con soggetto l'incontro fra le squadre nazionali di Francia e d'Italia. Ce l'ha fatta avere Luc Vollard, così come in precedenza ci aveva girato analoga pagina di «Le Miroir des Sports». Lo andiamo ricordando ogni volta, ma una in più non guasta: Luc Vollard è il presidente della Commission de la Documentation et de l'Histoire, che ha riconoscimento dalla Federazione nazionale (Regolamento Interno della F.F.A. art. 65, 1). Son 14 persone che si definiscono «de mordus des chiffres et de l'histoire de l'athlétisme, disséminés "aux quatre coins de l'hexagone", et qui ont choisi de partager leur passion avec le plus grand nombre», come scrivono nella loro presentazione. Anche noi dell'A.S.A.I., in 26 anni di esistenza, abbiamo avuto consistenti riconoscimenti federali...infatti ci siamo sentiti ripetere pappagallescamente, da pappagalli diversi, parecchie volte che «chi non conosce il proprio passato non ha futuro". Lasciam pedere...

Invece non lasciamo perdere questo ottimo feeling che si è consolidato fra C.D.H. e A.S.A.I. Bella questa pagina della rivista «Match», che va ad arricchire il testo iniziale di Augusto Frasca. Il maestoso arrivo del «puissant», poderoso, dice la didascalia, Mario Lanzi sugli 800, come quello di Beccali, e il tiratissimo sprint sui 5000 metri con il microscopico «le petit Italien» Niccolino Beviacqua che strappa il successo al francese Lefébre per questione di qualche pelo, il tempo viene dato giustamente uguale.

Merci Luc, à la prochaine. E ugualente «alla prossima» anche ai nostri lettori.

Last Updated on Saturday, 19 September 2020 19:11
 
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