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Fogli sparsi nella memoria di una domenica Primo Maggio di ventisette anni fa PDF Print E-mail
Saturday, 01 May 2021 00:00

Primo maggio 1994 – Primo maggio 2021. Ventisette anni. Avete presente quello che immancabilmente si lascia scappare il solito «sembra ieri»? Eppure, son proprio ventisette. Al diavolo la banalità: sembra davvero ieri. Si era a Brescia, in un albergo nuovo di nome e di fatto, il Novotel, nel quartiere chiamato Brescia2. Bruno Bonomelli aveva preso congedo da 'sto mondo circa un anno prima. Un tale si fece venire il ghiribizzo di rifare una «setta» di pochi adepti che si occupassero dell'atletica italiana d'antan, atleti, risultati, cronache, evoluzione (o involuzione?) della struttura burocratico-amministrativa chiamata Federazione, di raccogliere testimonianze, di dare una casa a queste rimembranze. Il tale ne parlò a un altro tale, l'incontro avvenne davanti ad un panino di poca sostanza e di molto prezzo all'Autogrill di Firenze Nord. Il secondo tale, dopo aver ascoltato il primo tale, commentò solamente:"Maremma maiala, ti sei inventato un'altra rottura di coglioni che ci darà solo dei dispiaceri". Il secondo tale era di solida radice toscana. L'idea era di un piccolo gruppo, di persone legate dalla stessa passione per le variegate facce dello stesso poliedro: l'atletica leggera. E solo ed esclusivamente l'atletica italiana, cosa che qualcuno, dopo 27 anni, non ha ancora ben capito. Ci furono contatti ad personam,si formò il nucleo. Poi, si dovette allargare, in ossequio a normative cervellotiche.

Se il concepimento era avvenuto all'Autogrill di Firenze Nord, il battesimo avvenne al Novotel di Brescia2. Non c'erano tutti i «protoni» del nucleo costitutivo: uno aveva un invito importante a Imola per il Gran Premio di Formula 1 (dove ci rimise la pelle il povero Ayrton Senna), un altro non potette assolutamente rinunciare alla gara di pesca aziendale, un terzo doveva fare i conti con la malferma salute. Ma andò comunque tutto a meraviglia, sala gremita per il ricordo di Bruno Bonomelli, mancava qualche ominicco-quaquaraqua dell'atletica bresciana, ma niente di importante. Alla fine, si annunciò che la neonata A.S.A.I. aveva emesso i primi strilletti. Su unamime indicazione Roberto Luigi Quercetani fu invitato ad assumere la presidenza, disse non sum dignus, ma alla fine accettò la investitura; Aldo Capanni, la vera colonna dorica, il pilastro, della gestione del gruppo, fu l'inflessibile segretario. Solo in seguito la signora Rosetta accondiscese, senza riserve, alla richiesta di intitolare l'A.S.A.I. alla memoria di suo marito.

Son trascorsi 27 anni. Come disse il mordace toscano, abbiamo avuto i nostri dispiaceri. In particolare quello di accompagnare alla ultima dimora alcuni di quei cari amici degli esordi. Ma abbiamo avuto anche tante soddisfazioni: tenere a battesimo le nostre pubblicazioni (oltre 30), veder crescere questo nostro spazio online, ritrovarci per le assemblee annuali. Il 2020 per motivi che tutti conosciamo ci ha privato di questo momento unificante; nel 2019 nella sede della storica società fiorentina ASSI Giglio Rosso festeggiammo, degnamente, il quarto di secolo. Come sempre tra noi e per noi, con le nostre sole forze, senza chiedere niente a nessuno, senza elemosinare, senza genufletterci. Alla Bonomelli, insomma. E ne andiamo fieri. Oggi, ventisettessimo compleanno, da questo spazio, ringraziamo tutti, proprio tutti. Anzi, prendiamo a prestito una frase (vera? chissà...) che pare abbia pronunciato Francesco Giuseppe I, Imperatore d'Austria, sul letto di morte, circondato da familiari e famigli, da alti dignitari di corte e medagliatissimi militari. Pare che le sue ultime parole furono:" Ringrazio tutti, proprio tutti...anche quelli che non dovrei ringraziare". Vale anche per noi.

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A conclusione di quell'incontro, i soci fondatori presenti (ne mancavano alcuni) posarono davanti all'entrata del Novotel di Brescia. Da sinistra: Alberto Zanetti Lorenzetti, Claudio Enrico Baldini, Ottavio Castellini (che mostra il prototipo del logo dell'Archivio Storico dell'Atletica Italiana eleborato dal designer Martino Gerevini), Raul Leoni, Rosetta Nulli Bonomelli, Roberto L. Quercetani, Luciano Fracchia, Augusto Frasca e Aldo Capanni. Purtroppo, nel corso degli anni, alcuni di questi amici ci hanno lasciato.

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Roberto Quercetani ricordò la figura di Bruno Bonomelli e della loro amicizia nel nome della comune passione per lo studio dell'atletica: Roberto con un occhio quasi esclusivo alla storia e statistica internazionale, Bruno tenacemente ancorato alla evoluzione italiana di questa attività sportiva, e fu il primo a scavare con metodo storico le sue origini. Roberto e Bruno, a Bruxelles nell'agosto 1950, furono fra gli undici fondatori  della A.T.F.S., l'associazione che riuniva, e tuttora riunisce, gli storici e statistici di atletica leggera. Nella foto, da sinistra, Ottavio Castellini, Giulio Signori (del quale pubblichiamo qui sotto il breve e affettuoso ricordo di Bonomelli), Quercetani, Lorenzo Maffezzoni, Alessandro Castelli, Franco Mauro, Giuseppe Mastropasqua e Gabriele Rosa.

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Uno scorcio delle persone presenti quel giorno nella sala del Novotel: la signora Rosetta Nulli Bonomelli, accanto a lei Aldo Capanni, l'on. Gianni Gei, e il giornalista sportivo del «Giornale di Brescia», Ersilio Motta, grande esperto di rugby, e non solo, sempre vicino all'atletica e agli sport olimpici in generale. Dietro alla signora Rosetta, l'on. Sam Quilleri, marito della di lei sorella Agape. Fra il pubblico atleti e dirigenti bresciani sempre vicini a Bonomelli e ai suoi insegnamenti.

 

Quel piccolo branco di giornalisti randagi 

di Giulio Signori

Quando ho conosciuto Bruno erano anni difficili per i giornalisti che avevano l'hobby di seguire l'atletica. I redttori capi dicevano che l'atletica non facevano aumentare la tiratura nemmeno di una copia e scuotevano la testa con aria di disapprovazione quando gli si proponeva di «coprire» un avvenimento sportivo che non riguardasse il culto del pallone o la bicicletta. Così si era formato un branco di giornalisti randagi che andavano dove li portava il profumo di buona atletica, e lì finivano per ritrovarsi tutti insieme, come fossero seguaci di una setta non proprio segreta ma nemmeno del tutto rispettabile. Bruno era il meno giovane del branco, ma si è sempre ben guardato dall'imporre questa sua figura di decano. Odiava il potere, come sanno tutti coloro che l'hanno conosciuto, e al massimo si permetteva di litigare con qualcuno e di riprendere qualche giovane allievo del branco, sempre a scopo didattico, ma si era reso conto che tutti lo rispettavano e molti, anzi, lo amavano.

Di trasferte insieme ne abbiamo fatte a decine, in tutti gli angoli d'Europa dove c'era una pista e dei buoni atleti e quando siamo finiti a Mosca per le Universiadi del '73 aveva addirittura presagito il disfacimento dell'Unione Sovietica:"Un Paese così non ha avvenire" aveva concluso il giorno in cui non era riuscito ad avere l' «Unità» al telefono per trasmettere il suo servizio.

Ma la sua vera e grande battaglia era contro la retorica che considerava uno strumento di sopraffazione da parte del potere. Un giorno a Sarajevo, mentre Risi tentava di raggranellare i punti che mancavano all'Italia per entrare in finale della Coppa Europa, un collega si era alzato in piedi, anzi sull'attenti, mettendosi ad urlare:"Forza Italia, i bersagleri non hanno mai tradito" e altre frasi del repertorio nazional-patriottico che avevano fatto insorgere Bruno: qui si fa dell'atletica, nient'altro che della buona atletica, aveva obiettato rosso in viso. L'idea era di colpire il suo momentaneo avversario usando il mio telefono, cosa che a me seccava abbastanza, e poichè Rosetta, l'unico tranquillante che avesse effetto su di lui, era fuori portata, avevo dovuto fare da paciere.

Le rabbie di Bruno duravano quanto un temporale di primavera, un paio di tuoni che sembra debbano squassare il mondo, un brontolio che annuncia il sereno, e alla sera si tornava tutti amici, in nome dell'amatissima atletica.

Quando ha smesso di far parte di quel nostro branco, qualcuno di noi ha sentito la sua mancanza. Ragionadoci sopra, credo sia stato meglio così. Non gli sarebbe più piaciuto quell'ambiente, nel quale si erano introdotti molti piccoli burocrati ai quali l'atletica importava ben poco se non come strumento per procurarsi qualche vantaggio non sempre da attribuire alle capacità giornalistiche, e tra costoro, francamente, non avrebbe trovato nessuno degno di litigare con lui.

Last Updated on Saturday, 01 May 2021 19:50
 
Persone che ci lasciano per sempre, salti triplici, lauree in medicina, e tanto altro PDF Print E-mail
Thursday, 29 April 2021 00:00

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Questi due documenti ce li ha forniti Gian Luigi Canata. Nella foto l'atleta con il suo allenatore Mauro Astrua, deceduto recentemente. Il ritaglio di giornale merita di essere letto con molta, davvero molta attenzione, per trarne qualche considerazione. Il padre stoppò il figlio e non lo fece partecipare ad un incontro della Nazionale e ai Campionati italiani juniores: prima di tutto, tuonò il severo genitore, viene l'esame di maturità al Regio Liceo-Ginnasio Camillo Benso Conte di Cavour (nome originale e completo). Un «piccolo» Istituto da cui sono usciti Luigi Einaudi, presidente della Repubblica, filosofi, critici d'arte, latinisti, medici, matematici, sindaci della città di Torino, scrittori famosi, e, per parlare di atletica, Livio Berruti, olimpionico. Difronte alla decisione di papà Canata forse qualcuno storcerà il naso: esempio di autoritarismo paterno. Forse, ma bisognerebbe riavvolgere il nastro e tornare a quei valori. Magari si eviterebbero tanti abominevoli spettacoli odierni, online, cui partecipano, figli, figlie e padri dal cervello obnubilato.

*****

"È triste vedere andare via amici di un tempo. Non lo vedevo da decenni  (si riferisce a Norberto Capiferri, n.d.r.) ma ora che non c’è più se ne sente la mancanza. La settimana scorsa è morto Mauro Astrua, il mio allenatore. Ti inoltro una foto del 1972 e un articolo del 1973. Pensa che mi portò nel suo viaggio di nozze in Toscana perché dovevo gareggiare nei campionati italiani allievi". Abbiamo ricevuto queste righe da Gian Luigi Canata dopo quanto abbiamo scritto sull'atleta spezzino deceduto un paio di settimane fa. Canata, torinese, atleticamente nato e cresciuto nel CUS Torino (di cui è stato per un quadriennio anche vicepresidente), buon saltatore di triplo negli anni '70, tre titoli nazionali universitari, un «personale» di 15.74 a Salsomaggiore Terme nel 1979, da anni è uno stimatissimo medico specialista in Traumatologia dello sport e Chirurgia Artroscopica. Ha aggiunto qualche altra riga:"Mauro Astrua apparteneva ad una categoria di allenatori che erano anche educatori . Ci hanno aiutato a crescere, ci hanno insegnato i principi non solo del salto triplo ma i veri concetti della educazione fisica e morale. Insegnamenti fondamentali anche nella mia professione medica . È l’educazione che manca a chi non pratica attività sportiva. Aver praticato atletica mi ha cambiato la vita in tutti i sensi".

Noi che educatori non siamo ma solo modesti imbrattacarte, siamo andati a curiosare nell'episodio citato da Gian Luigi a proposito di Astrua: Campionati italiani allievi 1970, il ragazzo aveva sedici anni. Quella edizione ebbe come palcoscenico uno dei più begli stadi di atletica  del nostro Paese (l'affermazione, che condividiamo, è di un nostro socio): il «Rastrello» a Siena. Partecipazione numerosissima: oltre 1.300 iscritti, 202 solo nei 1500 metri siepi che ebbero 13 serie! Prima di parlare del triplo, ricordiamo qualche nome? Alfonso Di Guida, terzo sui 400; Federico Leporati quarto sui 1000 (sarà l'allenatore di Stefano Mei, ricopre il ruolo di Delegato del C.O.N.I. a La Spezia), settimo Ennio Panetti, ottavo Venanzio Ortis, squalificato Carlo Grippo che, uscito di pista, corse qualche metro sul prato, vincitore un talento come Giovanni Naretto, dell'Atletica Balangero, stesso club di Ciccio Arese; un gran 3000 dominato dal bergamasco Mario Brembilla (di cui parleremo prossimamente); i 1500  siepi vinti da Gabriele Beretta, quarto Marco Marchei, la maratona nel suo futuro; sui 400 «acca» spunta al secondo posto il nome di Vincenzo Pincolini, il «Pinco», emiliano di Fidenza salito agli onori delle cronache come un mago della preparazione atletica delle squadre di calcio: Parma, Milan, Italia, Inter, Roma, Atletico Madrid, Dinamo Kiev, Lokomotiv Mosca, Ucraina, varie Nazionali Italia under qualcosa; il veronese Gianni Modena, salto in lungo con proiezione decathlon e una Olimpiade nel bob a 4, Lake Placid '80. E nel martello? Terzo Gabriele Tirletti, poi consigliere nazionale della Federazione negli anni '90 e vicepresidente vicario del Comitato piemontese, presidente Arese. Un cenno in campo femminile per far contento il nostro vicepresidente Augusto Frasca che nel cuore ha questo club: Atletica Ostia, che vinse il titolo del peso con una delle migliori lanciatrici di ogni tempo, Cinzia Petrucci. Ce ne sarebbero da raccontare, quante storie, quante belle storie.

Noi adesso raccontiamo  qualcosa della gara di triplo. Ottenne molta attenzione dallo scriba, che non si firmò, della rivista federale «Atletica», che commentò così:"Un altro cussino di Roma fa da dominatore nel triplo: è Roberto Mazzucato (agli inizi si scriveva spesso con doppia «cc», n.d.r.), uno dei tanti ragazzini che escono dai Centri CONI; ma questa volta il ragazzino è alto, snello, veloce e ottiene dopo un paio di nulli, che creano un po' di suspence tra i tecnici della sua società, un 14.06 che lo ammette alla finale. Poi all'ultimo salto sfodera tutta la sua classe: la battuta è precisa e il risultato di valore assoluto: 14.97. Moretti, precedente detentore del primato con 14.66, è surclassato, come surclassati sono gli altri partecipanti a questa gara, in 6 oltre i 14 metri. Da tenere d'occhio, per il futuro, tra i piazzati il chietino della Lib. Artese Consorte, ottimo con 14.52". Gian Luigi portò al suo allenatore Astrua la medaglia di bronzo come regalo di nozze. Mazzucato sarà un protagonista per parecchi anni (16.92 nel 1979), Consorte non andò più in là di un 15.87.

Il 1979 fu l'anno migliore tanto per Mazzucato che per Canata. Il primo ottenne i tre migliori salti della sua carriera: 16.92 già citato (Torino, finale di Coppa Europa, secondo dopo il francese Bernard Lamitié), 16.87 (Mexico City, Campionati mondiali universitari, terzo dopo lo statunitense Willy Banks e il sovietico Jaak Uudmae), 16.74 (Salsomaggiore Terme, Campionati nazionali universitari, primo). E ai bagni termali portati agli onori delle Corti regnanti in Europa dalla Duchessa Maria Luisa, moglie di Napoleone, si incontrarono ancora le carriere di Roberto e Gian Luigi. Il primo vinse,  il secondo fu quinto col miglior salto della sua carriera: 15.74. Gran bella gara: dopo Mazzucato, Piapan 16.54, Crescenzio Marchetti (bresciano, ingegnere, grande esperto nel settore dei marmi) 15.85, Pericoli 15.78, e Canata. Decimo - curiosità - Lucio Di Tizio, che poi sposerà la svizzera Corinne Schneider, specialista di eptahlon che ebbe anche nazionalità italiana; il loro figlio, Luca, pure ha gareggiato nel decathlon (7.341 punti).

Il titolo dell'anonimo commento sulla rivista federale degli Universitari a Salsomaggiore fu «Triplo da 110 e lode». Che è esattamente il punteggio che, quello stesso anno, ottenne Gian Luigi Canata laureandosi in Medicina e Chirurgia alla Università di Torino. Storie, tante belle storie di atletica.

Last Updated on Friday, 30 April 2021 11:13
 
Nuova edizione 2021 delle liste italiane femminili ogni tempo in pista coperta PDF Print E-mail
Monday, 26 April 2021 00:00

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Fedeli e precisi alla consegna, Enzo Rivis e Enzo Sabbadin, a conclusione della stagione parzialmente ridotta in pista coperta, hanno eleborato l'aggiornamento delle liste italiane di ogni tempo. Abbiamo deciso di dividere le due compilazioni e presentiamo oggi quella relativa alle donne. Fra qualche giorno pubblicheremo anche quelle degli uomini. I criteri son sempre quelli: le novità  evidenziate in giallo, quindi facile valutare progressi e new entries. Le liste diventano  così sempre più ricche di dati, per la gioia degli appassionati (qualcuno esiste ancora, speriamo) delle «statistiche». Solo per fare un esempio, la prima disciplina: sui 60 metri sono riportati 119 risultati  conseguiti da 14 atlete; nel limite dai nostri amici compilatori fissato a 7.50 le atlete sono 65. Ognuno può, per suo diletto, fare analisi su tutte le specialità.

E già che ci siamo, rendiamo onore a Marisa Masullo che ancor oggi detiene il primato nazionale con 7.19, e continua ad essere l'unica velocista «breve» ad aver corso in meno di 7.20. E, sempre di passaggio, visto che Marisa festeggerà il compleanno fra un paio di settimane, facciamo gli auguri anticipati a lei e al suo primato che le valse la medaglia di bronzo (Budapest, 6 marzo 1983, Campionati d'Europa, davanti aveva due «corazzate» tedesche targate GDR, Gõhr e Gladisch) Sarebbe scortese non citare l'altra medaglia italiana, in quella occasione (ci limitiamo oggi alle donne) quella di Agnese Possamai che, sui 3000 metri, fu sconfitta dalla sovietica Sipatova per un centesimo di secondo!

Altra intramontabile (undicesima in questa nuova edizione delle liste) Rita Bottiglieri, che con 7.34 fu pure terza (indovinate la prima? All'epoca si chiamava Oelsner, ma poi divenne Gõhr) ai Campionati del nostro Continente, che si tennero a San Sebastián nel marzo 1977, fra vivacissime proteste non troppo pacifiche dei baschi. Rita fu bronzo anche sui 60 metri ad ostacoli, mentre Sara Simeoni vinse il primo dei suoi quattro ori agli Euroindoor.

E come non citare Manuela Levorato? La velocista veneta è quella che più si è avvicinata a Masullo, è seconda nelle liste: 7.20, ottenuto ai Mondiali di Maebashi, 1999. Ci ha raccontato un nostro socio, che visse quella esperienza, che Primo Nebiolo, inarrestabile, tanto fece e tanto brigò che alla cerimonia di apertura ebbe la presenza dell'Imperatore del Giappone, Akihito, il Tennõ, il Sovrano Celeste. E ce ne volle per far capire al piemontese di Scurzolengo d'Asti che non poteva avvicinarsi all'Imperatore, toccarlo, dargli la mano, farsi fotografare con lui. Ma alla fine, centimetro dopo centimetro, una foto fu rubacchiata., per la gioia del Tennõ dell'atletica. Alla brava Manuela, per chiudere, è mancata solo una medaglia nelle grandi competizioni al coperto: tra Mondiali ed Europei ha collezionato ben sei semifinali.

Adesso spazio alle liste: trovate le nuove alla voce Pista coperta: donne (new). Ricordatevi di aprire queste contrassegnate con new, le old sono un documento statico che sarà aggiornato di tanto in tanto.

Le compilazioni di liste possono sempre essere imperfette, non sono mai materia immutabile, pur se redatte con la massima attenzione: per questo, chi avesse osservazioni, aggiunte, correzioni può, e deve, rivolgersi direttamente agli autori:  This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it

Our statisticians Enzo Sabbadin and Enzo Rivis compiled a new updated version of the Italian Women All - time Indoor Rankings: open Women (new).

Les meilleurs athletes italiennes femmes (new) de tous les temps en salle.

Listas italianas de marcas de todos tiempos en pista cubiertaMujeres (new)

Last Updated on Friday, 14 May 2021 14:21
 
Norberto Capiferri, quel triplista che atterrava come un paracadutista PDF Print E-mail
Friday, 23 April 2021 14:36

Norberto Capiferri. Un altro che si aggiunge alla lista. Un tipo di lista diverso da quelle che compilano gli appassionati del nostro sport che ha sempre avuto una spiccata vocazione per mettere in fila, in bell'ordine, i risultati, da quelli di club agli internazionali, con una gamma variegata nel mezzo. Quella di cui, purtroppo, siam costretti a parlare,  è una lista nella quale non è ammesso porre un limite di compilazione, non puoi deciderlo tu, lo decide qualcun altro, insindacabilmente. Norberto Capiferri ha chiuso, il 21 aprile, la sua esistenza. Era nato il 30 dicembre 1947 a Filattiera, provincia di Massa-Carrara, ma tutti lo hanno sempre considerato «lo spezzino» avendo trascorso la più tanta parte della sua vita nella città ligure. Norberto Capiferri fu un buon atleta, saltava in lungo e si cimentava nel triplo, era più bravo nella seconda disciplina. Ci sono eventi che finiscono per marchiarti per sempre. Prendete Capiferri: quelli del nostro mondo che hanno ancora un filo di memoria o che hanno letto qualcosa del nostro sport (sempre meno) ricordano «Norbe» come il primo ad indossare la maglietta tricolore di campione italiano di salto triplo in pista coperta. Era il 22 marzo 1970, seconda giornata della prima edizione dei Campionati che faceva , e fa ancora, tanto British chiamare indoor, dentro la porta. Di quel primo evento abbiamo diffusamente raccontato, su questo spazio, circa in anno fa, eran cinquant'anni. Raccontammo della pista, delle varie peripezie per montarla, dei primi campioni. Se volete, potete rileggervi quelle povere cronachette.

Oggi, data la triste circostanza, su Capiferri ci fermiamo qualche attimo. Così descrisse quella gara Gian Franco Sozzani sulla rivista «Atletica Leggera»:

"Partecipazione ridotta e soluzione di forza, con un solo salto valido, da parte di Capiferri, violento e scomposto, che atterra quasi di spalla come un paracadutista. Ottiene però una misura decente, a soli 5 cm. dal suo record all'aperto. Anche gli altri non sfigurano: Buzzelli, Arfanotti e Rattazzi fanno meglio dei rispettivi limiti ufficiali, malgrado la pedana, a detta dei tecnici, sia piuttosto sorda e restituisca male le spinte violente di questo esercizio". Capiferri aveva chiuso la stagione 1969 con 7.48 in lungo e 15.46 nella «triplice».

Quattro righe stringate, estensore anonimo, sulla rivista federale «Atletica»:"Il triplo è andato a Norberto Capiferri, atterraggio di spalla, con misura degna; solo Aquino è riuscito, dopo il vincitore, a passare i 15 metri". Gian Piero Aquino, ignorato nel testo di Sozzani, cresciuto nell'ambiente atletico piacentino, era entrato alla Scuola Centrale dello Sport, come parecchi altri di quella terra  emiliana sulla scia del primo ammesso, Felice Baldini.

La gara si chiuse così: 1. Norberto Capiferri (Fitram Libertas La Spezia) 15.41; 2. Gian Piero Aquino (Lilion Snia Varedo) 15.08; 3. Ezio Buzzelli (Libertas Artese) 14.88; 4. Giovanni Arfanotti (Carabinieri Bologna) 14.79; 5. Andrea Rattazzi (A.A.A.Genova) 14.78. Come vedete in pedana non c'era Giuseppe Gentile, il quale però il giorno prima aveva saltato, fuori classifica, un non eccelso 6.90 in lungo. Era reduce da Vienna dove si erano celebrati i Campionati d'Europa in pista coperta, pure prima edizione: fu settimo con 16.12.

Il 1970 fu, a parer nostro, la miglior stagione di Capiferri. Ne raccontiamo qualche scampolo, in sua memoria. Roma, 1-2-3 maggio, un po' alla Farnesina, un po' allo Stadio Olimpico, Campionati nazionali universitari. Vinse (Farnesina, Primo maggio) lo spezzino, secondo Molinari, terzo Aquino, misure modeste (14.72, 14.53, 14.30). Una sconfitta: il 21 maggio a Viareggio, primo Arfanotti 14.89, secondo Capiferri 14.83. Fine maggio, Madrid, Stadio di Vallehermoso, Spagna-Italia: il 31, secondo giorno dell'incontro, il successo è di uno spagnolo di talento...e di fede: Luis Felipe Areta, atleta sì ma anche membro della Opus Dei e poi ordinato sacerdote. Si lascia alle spalle Aquino il quale festeggia con 15.52 il nuovo primato personale che resterà immuntabile nella sua carriera di atleta. Capiferri quarto con 15.13. Sulla rivista federale leggiamo un commento firmato da Pedro Escamilla, uno dei migliori giornalisti che l'atletica spagnola abbia avuto, oltre che persona di tratto signorile. Un paio di passaggi:"Debbo innanzi tutto dire che la selezione transalpina - la bella «squadra azzurra» - mi ha fortemente impressionato, non tanto per i risultati ed il comportamento in se, quanto per la sua struttura così omogenea (...) L'atletica italiana è avviata verso grandi traguardi...". Scrisse di lui Joan Pelayo, storico e statistico:"Otro de los grandes es el madrileño Pedro Escamilla. Si Corominas hizo de todo, Pedro fue el periodista del atletismo español. Sus crónicas en el diario Marca eran irónicas y muy críticas pero siempre constructivas. Le tocó escribir en una época en la que nuestro atletismo estaba a la cola de Europa. Escribió sobre los Juegos Olímpicos y su legado fue la fundación de la revista federativa Atletismo Español en 1951. Falleció en 1998".

Modestino il 14.45 all'Arena per la «Notturna», era il 1º luglio, la notte di quello splendido 1500 vinto da Arese, secondo Del Buono, terzo Marty Liquori. Capiferri non prese poi parte ai Campionati nazionali a metà luglio, vittoria facilina per Gentile, salti corti, il meglio un 16.15, abbondantemente sufficiente sul 15.42 di Aquino, tutti gli altri sotto i 15. Il «giorno dei giorni» arrivò il 4 settembre, terza giornata delle Universiadi, volute da Primo Nebiolo a Torino. In qualificazione Capiferri saltò 15.52, il suo miglior salto di sempre e per sempre. Il giorno dopo, in finale, patatrac: tre nulli e non classificato. Maluccio anche a Bucarest, incontro quadrangolare con Romania, Ungheria e Svizzera: Gentile quinto con 15.46, Capiferri ottavo 14.76.

Si chiude. Nel commento alle liste annuali del triplo, leggiamo:"G.Aquino, dopo una eccelente apertura in Spagna, ha mantenuto il ruolo a Roma col secondo posto agli «assoluti», anche se la sua stagione è risultata spezzettata dopo la pausa estiva. Notevole il passo in avanti di Capiferri, con il 15.52 di Torino alle «Universiadi», ed altre due occasioni oltre i 15.40". Aquino e Capiferri si contesero per tutto l'anno il posto d'onore dopo Gentile. Curioso: finirono appaiati con la stessa misura, 15.52. E per entrambi quella cifra restò la loro migliore per sempre.

Last Updated on Friday, 23 April 2021 21:41
 
Atletica e cultura. No, scrisse Beniamino Placido, «L'atletica È cultura» PDF Print E-mail
Tuesday, 13 April 2021 00:00

Intermezzo culturale. Lasciate da parte le nostre cronachette d'antan (ma non ve ne libererete tanto presto...) ecco un contributo che alza il tono del nostro sito. Qualcuno aveva scritto che sarebbe bello se i nostri soci facessero appello ai loro ricordi personali, alle loro esperienze, alle loro conoscenze di atleti del passato, oppure a quelle di altri - allenatori,  dirigenti, giornalisti, familiari  di campioni di un tempo - per raccontarci delle «storie», anche solo di respiro locale, che arricchiscano il nostro sapere attorno allo sport che ci appassiona. Quella di oggi non potrebbe essere più personale. Ce la racconta Augusto Frasca, uno dei soci fondatori dell'A.S.A.I.. Date retta: vale la pena leggerla...ma come diceva spesso alla fine dei suoi sermoni ai fedeli don Alessandro Capanni, fratello del nostro mai dimenticato Aldo, "io ve l'ho detto, voi fate come volete".

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L'antefatto. Con toni concitati ai limiti dell'affanno, peggiorati dalla pessima amplificazione all'interno della vettura, a nome dell'avvocato Montezemolo una voce femminile chiedeva alle agenzie di trasporto cittadine la disponibilità di una vettura di rappresentanza da spedire immediatamente all'hotel Excelsior, a condizione tassativa che l'auto fosse dotata di perfetta aria condizionata e di una lunga serie di complicati strumenti tecnologici che è noioso ripetere. Era il mese di giugno del 1990. Roma era inchiodata all'evento che aveva fatto convergere attorno ad una palla ipersponsorizzata le attenzioni dell'orbe terraqueo. Fra i tanti rilevatori di quel singolare grido d'aiuto, bloccato in un taxi a cinquecento metri dalla sede televisiva di via Teulada, Beniamino Placido da Rionero in Vulture, giornalista, scrittore, saggista, epigrammista e critico televisivo sulle pagine accidentate della Repubblica. Troppo sapido lo spunto, troppo forte la notorietà del personaggio coinvolto perché dall'invidiabile ironia del basilisco non nascesse il giorno successivo, sulle pagine del quotidiano romano, un salace commento. Che ebbe le sue conseguenze.

Lontano dai lidi atletici, con il testimone nelle solide mani del futuro presidente dell'ASAI, soggiornavo da un anno, con diffusa applicazione e dignitosi compensi, nelle sfere informative di Italia 90. Fu così che Montezemolo, vertice dell'intera struttura organizzativa, non trovò di meglio che affidare al sottoscritto tempi, e soprattutto modi, per contattare l'autore della punzecchiatura. Cosa che feci, probabilmente in modo apprezzabile, dal momento che Placido accolse con interesse un invito a colazione per il giorno successivo al Centro stampa del Foro Italico. L'incontro avvenne, e fu l'inizio di un'eccellente conoscenza reciproca. Circa un anno dopo, discettando di sport, avendo compreso quale fosse la mia reale inclinazione, il mio interlocutore confessò di come fosse digiuno dell'atletica di grande livello. Abbozzai un rapido ripasso, e per un approccio confidenziale alla disciplina gli suggerii di trascurare per una sera ballerine e tribune politiche e approfittare del Golden Gala, in scadenza di lì a qualche giorno. Promise di farlo. Lo fece.

Due giorni dopo il meeting, il 19 luglio, «la Repubblica » uscì con un lungo corsivo di cui riportiamo i punti più significativi, iniziando dal titolo, che è un manifesto: L'atletica è cultura.

Grande serata di cultura giovedì sera su Raidue. Chi ha sottomano il «Radiocorriere» dirà: non è vero. L'altra sera su Raidue c'era il «Golden Gala» di atletica dall'Olimpico di Roma. Ѐ appunto a questo che intendevo riferirmi. Se c'è qualcosa che fa pensare all'esercizio intellettuale, questa cosa è l'atletica.  Gli atleti – che vivono come i monaci della Tebaide, come degli asceti – debbono continuamente studiare il proprio corpo, la resistenza all'attrezzo, le leggi del vento, la psicologia degli avversari. Per superarli. Ma soprattutto, superarsi. Se non è cultura, questa. Il grande rinnovamento – culturale – della nostra stampa sportiva, è avvenuto nel dopoguerra. Proprio per merito dell'atletica. Prima si scriveva che il tale atleta aveva «lanciato il cuore oltre l'ostacolo» Oppure, «al di là del filo di lana». Adesso il filo di lana non c'è più. C'è il fotofinish. C'è voluto il fotofinish, l'altra sera, per accertare che aveva vinto Jackson (per un capello) e non Foster, come era sembrato a tutti, nei 110 ostacoli. Il grande rinnovamento della nostra cultura sportiva, dicevo, è avvenuto nel dopoguerra quando gente come Gianni Brera si è messa a studiare l'atletica. Ha stabilito, subito, che per vincere non basta un cuore da lanciare. Ci vuole anche il cervello… L'atletica è bella in televisione perché ti fanno vedere e capire tutto, perché tra una gara sui cento e una sui quattrocento, ti fa vedere il salto con l'asta. La più fantascientifica delle specialità atletiche. Il saltatore con l'asta è come un alchimista. Deve saper amalgamare disparati elementi. Deve essere veloce nella rincorsa come un velocista, forte come un lottatore, agile come un acrobata, ispirato come un cantautore quando si gira in aria (a 5,80 di altezza il russo Yegorov, mercoledì sera) per effettuare il suo «valicamento». Ma certo se sei allo stadio (sono indeciso, come vedete, nelle mie preferenze) puoi ammirare e incoraggiare da vicino la giamaicana Merlene Ottey tutta vestita di giallo, che corre i cento metri in 10.87. Vive a Roma da un anno, la Ottey, e il pubblico romano la ama, l'ha già adottata, un pubblico che è andato a vederla – ed a sostenere – all'Olimpico e che ha rinunciato alla visione delle gambe – non meno lunghe, non meno illustri – della Parietti, che si esibiva nel frattempo su Raitre… Quanti keniani, quanti africani nell'atletica internazionale. A Tokyo per i prossimi mondiali avremo «Antibo contro l'Africa», è stato detto. «Quid novi ex Africa», si chiedevano gli antichi, saggiamente. Che cosa sta per arrivare di nuovo, dall'Africa? Una riunione di atletica può servire anche a questo. A rammentarci, senza risvegliare in noi indebite ostilità, che l'Africa è vicina. Ѐ veloce, velocissima. Se non è cultura, questa.

Qualcuno mise da parte l'articolo e lo fece stampare sul numero agosto/settembre 1991, anno 58, della rivista «Atletica».          

Last Updated on Thursday, 15 April 2021 16:24
 
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