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Masullo, E. Rossi, Ferrian, Miano, Dorio: le inossidabili ragazze degli anni '80 PDF Print E-mail
Sunday, 16 May 2021 00:00

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La foto-ricordo di quella sera, sabato 11 febbraio 1984, al Palazzo a vela di Torino: da sinistra, Erica Rossi, Marisa Masullo, Daniela Ferrian e Laura Miano festeggiano la miglior prestazione mondiale della 4 x 200 in pista coperta (dalla rivista federale «Atletica»)

Un nostro socio ci ha fatto avere una ricerchina facile facile, elementare diremmo, ma pur sempre interessante sulle liste di ogni tempo in pista coperta di cui il nostro sito ha pubblicato recentemente una versione aggiornata a conclusione della stagione invernale 2020-2021 (compilatori Enzo Rivis e Enzo Sabbadin). Piccola indagine che mette la sottolineatura su dettagli che, talvolta, passano inosservati, paiono scontati.

Sperando di evitare malintesi, chiariamo che sono state prese in considerazione le discipline che fanno parte della compilazione Rivis-Sabbadin. Il criterio seguito è quello della suddivisione per decenni, il che consente di evidenziare «l'anzianetà» delle migliori prestazioni italiane. Se parlassimo di «primati» allora dovremmo riferirci alla lista delle discipline stabilita della Federazione mondiale di atletica, ma riteniamo che ci sia libertà di...giocare con i numeri, e soprattutto di conservare il ricordo di prestazioni che, a loro tempo, hanno avuto un significato tecnico.

Qual è la miglior prestazione nazionale in pista coperta più longeva? Il 4:04.01 di Gabriella Dorio sui 1500 metri, ottenuto domenica 7 marzo 1982, al Palasport di Milano (quello che crollò miseramente sotto tonnellate di neve cadute nel gennaio 1985, ricordate?) nella finale (diretta, non ci furono eliminatorie, solo nove atlete presenti) dei Campionati d'Europa, edizione numero 13. Scrisse Roberto L. Quercetani nel suo articolato commento sulla rivista federale «Atletica»:

"Meno drammatico (appena prima aveva commentato la vittoria, del giorno avanti, di Agnese Possamai sui 3000 metri al termine di una esibizione di...lotta libera con la rumena Puica, n.d.r.) il successo della Dorio nei 1500. La vicentina ha usato la tattica che più si addice alle sue doti, assumendo subito il comando delle operazioni nel tentativo di «macinare» progressivamente le avversarie. Tattica tanto più pagante al coperto, dove la brevità dei rettilinei rende difficile qualsiasi recupero.Dopo un primo 400 in 67.17 e un secondo in 67.93, ha «affondato» le unghie fra i 1000 e i 1200, tratto da lei coperto in 29.84. Lì ha colto il frutto della vittoria, perchè il successivo ritorno di Brigitte Kraus, per quanto perentorio, non è bastato a capovolgere la situazione. Alla fine ambedue erano visibilmente provate, ma la Dorio ha conservato un lieve vantaggio, 4:04.01 contro 4:04.22, tempi che collocano, le protagoniste rispettivamente al quarto e al quinto posto nella lista mondiale indoor di sempre."

Venendo ai tempi moderni la miglior prestazione sui 1500 data 2015, merito di Federica Del Buono, figlia dell'indimenticabile Gianni e di Rossella Gramola, che in quella gara europea del 1984 era la seconda italiana in gara e finì ottava in 4:20.79 (molto vicino al suo miglior tempo, e tale è restato, 4:19.36, sempre a Milano qualche settimana prima). La figlia ha corso in 4:08.87, che le vale il terzo posto nelle liste dopo Dorio e Possamai.

Di Marisa Masullo e del suo 7.19 del 1983 già abbiamo detto nelle righe a commento delle liste ogni tempo pubblicate recentemente (chi vuole può andare qui). L'ultimo primato targato Anni Ottanta è quello della staffetta 4 x 200 metri, talvolta identificato anche con 4 x 1 giro, a patto che la pista sviluppasse 200 metri. Siamo a Torino, sabato 11 febbraio 1984, le due nazionali uomini e donne misurano le forze con Polonia e Jugoslavia. Come tradizione si chiude con le staffette. Il quartetto Miano - Ferrian - Masullo - Erika Rossi (oppure Ferrian - Masullo - E. Rossi - Miano? oppure Miano - Ferrian - E.Rossi - Masullo?, alla faccia della precisione) corre in 1:34.05 che risulta essere il miglior tempo mondiale, ma senza sigillo ufficiale: i mondiali indoor furono riconosciuti solo dall' 1 gennaio 1987, e a quella data un quartetto tedesco di Sindelfingen aveva fatto meglio, 1:33.56. E così del «primato» torinese si ricordano solo le protagoniste, noi e pochi altri. Resta comunque come primato nazionale. La stessa sera (si inaugurava in pompa magna la nuova pista torinese) anche i ragazzi fecero il mondiale della «4 x 2», con Pavoni - Bongiorni - Tilli - Simionato (o Pavoni - Tilli - Bongiorni - Simionato? stessa storia). Chissà mai che qualcuno dei protagonisti inciampi, per caso, in questo spazio e ci possa raccontare come fu esattamente.

Anzianetà dei primati  femminili in pista coperta, di dieci anni in dieci anni

1980 - 1990: 1500 metri, 60 metri, staffetta 4 x 200 metri

1991 - 2000: 400 metri, salto in lungo*

2001 - 2010: 200 metri, 800 metri, 3000 metri, salto triplo, getto del peso, pentathlon

2011 - 2020: 80 metri ostacoli, salto in alto, salto con l'asta, marcia 3 mila metri

2021: salto in lungo*, staffetta 4 x 400

* A distanza di 23 anni, la figlia Larissa ha eguagliato la madre Fiona: 6.91 per entrambe. Con questa misura la mamma vinse il titolo europeo in pista coperta, si era a Valencia, Spagna: fu l'unica medaglia d'oro per l'Italia; fra gli uomini, argento per Ashraf Saber sui 400 metri.

Last Updated on Monday, 17 May 2021 07:36
 
Nuova edizione 2021 delle liste italiane maschili ogni tempo in pista coperta PDF Print E-mail
Friday, 14 May 2021 09:24

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Fu una illusione che durò poco, purtroppo, una nevicata di dimensioni inconsuete lo fece crollare. Milano, Zona San Siro, Palazzo dello Sport, la enorme massa di neve che si accumulò sul tetto lo sfondò. Era gennaio 1985. L'atletica italiana aveva vissuto alcuni anni di gloria dentro quella struttura: due edizioni dei Campionati d'Europa in pista coperta, 1978 e 1982, e alcuni meeting a tribune esaurite. Erano i tempi di Sara Simeoni, di Pietro Mennea, di Gabriella Dorio, di Agnese Possamai, e tanti altri. Nel tardo pomeriggio di domenica 12 marzo 1978 assistemmo a uno dei più bei voli umani che ci sia mai capitato di vedere: quello del sovietico, di origine ukraniana, Vladimir Yashchenko (o Volodymyr Illič Jaščenko, più corretto nella lingua madre), 2.35, indimenticabile, con quel «ventrale» che più che uno stile di salto era un'opera d'arte in movimento (per chi lo vide e per chi non lo vide allora, vedetelo qui adesso). Intanto l'orchestrina Dixie, con i musici che sfoggiavano la «magiostrina» di paglia bianca, suonavano i loro allegri motivi. E con Volodymyr, l'impegno vincente di Pietro Mennea sui 400 metri (46.51, ancor oggi nono crono italiano), un' altra esibizione aerea dorata di Sara Simeoni, e il bronzo del bravo Giuseppe Buttari sugli ostacoli

*****

Si completa il quadro dell'attività in pista coperta. Enzo Sabbadin e Enzo Rivis presentano la compilazione delle liste nazionali di ogni tempo relative agli uomini, che così fanno pendant con quelle femminili che abbiamo pubblicato qualche settimana fa. Fedeli e precisi alla consegna, i nostri compilatori, a conclusione della stagione 2020-2021, hanno eleborato il consueto aggiornamento. I criteri son sempre quelli: le novità  evidenziate in giallo, quindi è facile valutare progressi e new entries. Le liste diventano  così sempre più ricche di dati, per la gioia degli appassionati delle impropriamente chiamate «statistiche», sono delle compilazioni cui manca del tutto l'analisi, operazione che potrebbe invece aiutare a comprendere davvero dove va il nostro sport, dove è carente, e potrebbe indicare i rimedi. Ma i dirigenti non se ne occupano affatto. E si vede. 

Le nostre liste hanno esordito con un TOP 50 qualche anno fa, arricchito ad ogni nuova compilazione. Prendiamo la prima disciplina, quella dei 60 metri, che ha visto Marcel Jacobs Lamont siglare il nuovo primato italiano con un significativo 6.47 ai  recenti Campionati d'Europa a Torun, Polonia: nella compilazione che vi proponiamo sono riportati 126 risultati (performances, in inglese)  conseguiti da 17 atleti (performers); nel limite fissato dai nostri compilatori a 6.75 i velocisti sono 69. Ognuno può, per suo diletto, fare analisi su tutte le altre specialità.

Adesso spazio alle liste: trovate le nuove alla voce Pista coperta: uomini (new). Ricordatevi di aprire queste contrassegnate con new, le old sono un documento statico che sarà aggiornato di tanto in tanto. Le compilazioni di liste possono sempre essere imperfette, non sono mai materia immutabile, pur se redatte con la massima attenzione: per questo, chi avesse osservazioni, aggiunte, correzioni può, e deve, rivolgersi direttamente agli autori:  This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it This e-mail address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it

Our statisticians Enzo Sabbadin and Enzo Rivis compiled a new updated version of the Italian Men All - time Indoor Rankings: open Men (new).

Les meilleurs athletes italiennes Hommes (new) de tous les temps en salle.

Listas italianas de marcas de todos tiempos en pista cubiertaHombres (new)

Last Updated on Tuesday, 26 April 2022 20:21
 
Tre foto ci portano allo stadio romano della Farnesina, era il Primo Maggio 1970 PDF Print E-mail
Monday, 10 May 2021 12:00

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Quante cose possono raccontare vecchie fotografie! Queste sono state scattate da un fotografo un po’ speciale: Bruno Bonomelli. Fanno parte del voluminoso corpus di documenti, libri, riviste, fotografie, lettere, appunti, che abbiamo etichettato come «Lascito Rosetta e Bruno Bonomelli», al recupero del quale si sono prodigati Albertino Bargnani, che di Bruno allenatore fu atleta, uno dei migliori mezzofondisti, corridore di cross specialmente, fra gli ultimi anni del '50 e i primi del ‘60, e Alberto Zanetti Lorenzetti. Tutto il materiale è custodito in un edificio di proprietà di un nostro socio nel piccolo borgo di Navazzo, Comune di Gargnano, sul lago di Garda, sponda bresciana, materiale consultabile su appuntamento.

Bruno ebbe, fin che la salute lo assistette, una cura speciale nel raccogliere vecchi documenti da atleti del passato che andava a scovare in ogni parte d' Italia. Molti gli affidarono, in tutto o in parte, le loro memorie, fatte di vecchi ritagli di giornale, immagini un po' sbiadite, ma anche, soprattutto, i loro racconti orali che sono elemento fondamentale (poi da verificare) per chi fa ricerca storica. Lui stesso aveva il gusto di documentare, con il suo apparecchio fotografico, questi incontri con vecchi atleti, oppure momenti e situazioni sui molti campi di atletica dove trascorse buona parte della sua vita, o da allenatore, o da giornalista (la sua produzione scritta è mastodontica), o da osservatore inflessibile.

Mettiamo a fuoco queste foto. Dove siamo? Al Campo della Farnesina, a Roma. La data: 1° maggio 1970, la prima delle tre giornate dei Campionati nazionali universitari (altra manifestazione lasciata andare in malora). Le altre due giornate furono invece ospitate nel più imponente scenario dello Stadio Olimpico. Nella immagine sotto a destra si riconosce senza fatica, Primo Nebiolo, presidente della Federatletica da pochi mesi, il quale aveva fatto dello sport universitario il suo trampolino di lancio verso le vette della dirigenza sportiva mondiale. L’Assemblea Straordinaria  F.I.D.A.L. che lo aveva «incoronato» si era tenuta, a Roma, il 7 e 8 dicembre 1969. Il successivo giorno 14 si era riunito il nuovo Consiglio federale che aveva distribuito i molti incarichi operativi. Eccone alcuni che riguardano persone a noi vicine: al nostro attuale vicepresidente Augusto Frasca fu assegnato il delicato ruolo di Capo Ufficio Stampa; uno dei nostri soci fondatori, Luciano Fracchia, entrò a far parte del Centro Studi con incarico per la documentazione cinematografica (se non lui, chi?), e il nostro socio Gian Franco Carabelli fu il Segretario di quella struttura. Ruggero Alcanterini (estrazione A.I.C.S.) fu chiamato a dirigere la rivista federale, con Gianfranco Colasante redattore capo, rivista su cui scrivevano Roberto L. Quercetani, nostro socio fondatore e primo presidente, e Sandro Aquari, poi giornalista alla redazione del quotidiano romano «Il Messaggero», oggi nostro socio. Al vertice della Direzione tecnica fu chiamato il prof. Marcello Pagani, che è la persona fissata nella foto in basso a sinistra.

Occupiamoci adesso delle persone che fanno bella mostra nella foto di gruppo sulle gradinate della «Farnesina». Iniziamo dai primi in basso. Sorridente, folti baffi spioventi, impeccabile in giacca e cravatta, Angelo Cremascoli, il fedele scudiero di Primo Nebiolo, paziente «vittima» del vulcanico presidente. Piemontese, era stato atleta bravino nelle gare dai 100 ai 400. Accanto a lui un atleta del CUS Torino, al quale non riusciamo però a dare un nome e cognome (ci fosse mai qualcuno che se lo ricorda...e ce lo facesse sapere). Saliamo di un gradino. Da sinistra: Mario Valpreda, mezzofondista, 1:53. e decimali sugli 800, poi dottore in veterinaria, uomo schietto, leale, un non-politico di mestiere però apprezzatissimo in Piemonte anche dagli avversari ideologici, chiamato a ricoprire ruoli importanti nella Sanità pubblica regionale da un presidente che militava in un partito che era l'opposto di quello suo (Rifondazione Comunista); se volete leggere un po' della sua storia personale andate su questo indirizzo. Il vicino, con i mitici occhiali scuri, è Tino Bianco, per tutti e per sempre «Blanche», che possiamo definire con un termine pugilistico lo «sparring partner» di Franco Arese: gli apriva il «passo» durante gli allenamenti, e talvolta anche in gara, lo consigliava, lo seguiva ovunque. Leggete quanto scriveva di lui la rivista «Atletica Leggera» a pagina 21 del numero di maggio 1970:

“È il giovane tecnico che segue Arese dal giorno in cui cambiò maglia, passando dal Fiat all’Atletica Balangero all’inizio del 1969. Non pretende di essere qualificato allenatore del campione, ma soltanto suo consigliere. Conosce il mezzofondo non per sentito dire, ma per averlo praticato. Ancora lo scorso anno è sceso in pista a fare il treno ad Arese. Sa il fatto suo ed ha il coraggio delle proprie opinioni. È certamente un consigliere di lusso se è vero, come è vero, che il rendimento di Arese è progressivamente migliorato da due anni in qua”.

Alla sinistra di «Blanche», già stempiato ma ancora sufficientemente crinito, il ventisettenne Elio Locatelli, dal quale ci siamo congedati nel dicembre 2019 in maniera repentina, brusca come una frenata improvvisa. Di lui qualcuno ha scritto un sentito e genuino ricordo su questo spazio. Elio - due partecipazioni olimpiche nel pattinaggio su ghiaccio - era già entrato con qualche ruolo nello staff tecnico nazionale, guidato da Pagani. Ancora un gradino: con gli occhiali scuri pure lui, Tommaso Assi, pugliese, classe 1935, buon mezzofondista dai 1500 ai 10.000 e fino alla maratona, aveva iniziato nella Landolfi Molfetta, alla data di questa foto doveva essere, ci pare, allievo della Scuola Centrale dello Sport. Non ebbe vita lunga, quella umana intendiamo, e a 48 anni, dopo una malattia inesorabile, in pochi mesi se ne andò. Ebbe tante soddisfazioni professionali in molti sport: oltre all'atletica, la scherma, il ciclismo, la pallacanestro, l' hockey e pattinaggio.

Compagno di banco di «Tom», il professor Carlo Vittori, di Ascoli Piceno, velocista non di seconda fila nei suoi anni giovanili  (due titoli nazionali sui 100 metri) tanto da guadagnarsi la partecipazione olimpica, Giochi 1952 , in terra di Finlandia: 100 metri, secondo in batteria (la terza) in 10.9, dietro al britannico McDonald Bailey (che sarà poi terzo in finale), sesto nei quarti di finale (il quarto) ancora in 10.9. Poi la staffetta: batterie, la seconda di tre, Italia preceduta solo  dalla Gran Bretagna, ma davanti a Cuba, 41.5, con Carlo Vittori – Antonio Siddi – Giorgio Sobrero – Franco Leccese. Sembrava un promettente avvio, e invece...una serie di infortuni mise in ginocchio il nostro quartetto: Siddi, Montanari , Leccese, tutti lesionati, a marcar visita. E così l'Italia non si presentò al via della seconda semifinale, che era difficile ma non impossibile. Se adesso ci venisse mai la malaugurata idea di raccontare non l'atleta Vittori ma il tecnico, «u professore» Vittori, poveri noi! Sarebbe, riteniamo, una mancanza di rispetto.

Perciò tirèmm innànz, e parliamo di un altro che figura su quella tribuna. Guardando verso sinistra si vede un giovanotto, basetta pronunciata, collo della camicia bianca su un maglione, sguardo che va verso l'alto. Altro studente della Scuola dello Sport, altro futuro Maestro dello Sport. Veniva dalla nidiata di atleti piacentini che intrapresero questa affascinante strada, i fratelli Felice e Claudio Enrico Baldini, Gian Piero Aquino, Renzo Malagisi (giavellottista poi passato al canottaggio), Carlo Devoti, e appunto lui, Roberto Costaldi. Buon velocista e saltatore in lungo, negli anni romani vestì i colori dell'Aeronautica. Crediamo che «Bob», così era per gli amici, potrebbe aiutarci ad identificare altri di quella tribuna, alcuni volti ci ricordano qualcuno ma non ci avventuriamo senza certezze. Provaci «Bob»!

Last Updated on Monday, 10 May 2021 20:03
 
Trekkenfild dà la parola alle vittime della «congiura del silenzio» mediatica PDF Print E-mail
Thursday, 06 May 2021 09:09

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Numero 93. Apertura sulle staffette medagliate in questo Campionato che la Federazione mondiale si ostina a organizzare tanto per aumentare il numero delle manifestazioni inutili. Ma visto che ci siamo facciamo una proposta. Proprio oggi pomeriggio (6 maggio) stavamo sfogliando una rivista  italiana del 1925, avete capito bene l'anno: millenovecentoventicinque. Allora esisteva la F.I.S.A., Federazione italiana sport atletici. Nei programmi delle riunioni atletiche di allora c'era anche una staffetta 200x200x400x809, totale 1.609 metri, vale a dire la distanza del miglio inglese. Ecco, la prossima volta, metteteci anche questa: son tre medaglie in più da distribuire. In ogni caso, onore agli atleti, loro corrono, si divertono,  ce la mettono tutta, fanno sfoggio sacrosanto delle loro medaglie.

La parte robusta di questo numero sono invece le pagine dedicate alle interviste rilasciate da quattro oneste persone finora senza voce, quattro persone danneggiate, prese per i fondelli, massacrate umanamente e professionalmente. E anche nel portafoglio. Ma per loro non ci sono collette, sottoscrizioni, mancette annuali di migliaia di euro. I quattro onesti sono Rita Bottiglieri, Michele Didoni, Pierluigi Fiorella, Beppe Fischetto. La vicenda di cui sono costretti a parlare è sempre quella, stucchevole, stantia, stomachevole. Ma quelli che aderiscono al «cerchio poco magico» si ostinano a tenerla viva, e vien da chiedersi: per amore della verità? o per qualche altro recondito motivo? o solo per divertimento (leggi: notorietà) televisivo, giornalistico, sportivo? Molti sperano, e noi fra quelli, che gli ultimi soggetti giudiziari cui è stata chiesta la ennesima «ultima parola» la dicano, la dicano ma una volta per sempre. Che emettano un giudizio tombale, come quelli del nostro Fisco che, manovrato dai politici, è espertissimo in questo. E poi, per favore, facciamola finita. Il giudizio darà ragione a una parte o all'altra, ma che sia davvero la fine di questa farsa e di questa angustia per le persone oneste.

E anche su questo argomento, onore ai redattori di «Trekkenfild» che hanno dato voce alle vittime dell' afonia. Ci viene in mente il titolo di quella straordinaria pellicola di anni fa, tratta da un forte romanzo di Thomas Harris, «Il silenzio degli innocenti», cinque premi Oscar, con quella mitica interpretazione di Anthony Hopkins (altro Oscar come miglior attore pochi giorni fa). «Il silenzio degli innocenti» fu la traduzione italiana del titolo, quello vero era «The Silence of the Lambs», il silenzio delle pecore, degli agnelli. Quelli destinati ad essere sacrificati.

Last Updated on Thursday, 06 May 2021 16:15
 
Dany Eynard, di lui si può davvero dire: una vita dedicata all'atletica e a Bergamo PDF Print E-mail
Friday, 07 May 2021 09:11

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Abbiamo ricevuto poco fa dal nostro socio Paolo Marabini:

L’atletica bergamasca è in lutto. All’età di 90 anni ci ha lasciato Dany Eynard, uno dei padri fondatori dell’Atletica Bergamo ’59, ma soprattutto un personaggio che ha speso almeno 70 anni della sua intensa esistenza a favore dell’atletica leggera, in varie vesti: prima atleta, poi allenatore, quindi giudice, ma soprattutto dirigente, ruolo che è culminato con i 29 anni di gloriosa presidenza della stessa società cittadina, di cui era poi diventato presidente onorario quando, nell’aprile 2012, aveva ceduto il testimone al suo “delfino” Dante Acerbis.

Nato il 23 giugno 1930, “Dany” era cresciuto in una famiglia di sportivi artefici delle prime fortune anche di altre discipline. Lo zio Arnaldo fu uno dei fondatori della Federazione Italiana Pallavolo, mentre il padre Giancarlo un pioniere proprio dell’atletica leggera a Bergamo. E fu quindi automatico per il figlio raccoglierne l’eredità. Così, dopo gli anni da atleta - con particolare attitudine per il salto in alto e per gli ostacoli (si vedano le foto he corredano questo ricordo, n.d.r.), nonostante all’età di 15 anni avesse perso la mano sinistra a causa di un tragico incidente – indossò tutti gli altri vestiti.

C’era anche lui il 9 febbraio 1959 quando alla Borsa Merci, nell’allora sede del comitato provinciale del Coni, agli ordini del primo presidente Giuseppe Tombini si accese la fiammella di quella che sarebbe poi diventata una delle società modello dell’atletica italiana, capace di fare incetta di titoli italiani e maglie azzurre come poche altre e di cavalcare un ventennio ai vertici dell’attività giovanile. E c’era di nuovo lui quando, sul finire del 1982, dopo l’improvvisa uscita dai ranghi societari del presidente Mauro Capponi, l’Atletica Bergamo si ritrovò vicina a sparire. Insieme a Giulio Mazza, a Bice Marabini, ad Antonio Grasseni a Giuseppe Mostosi e a un giovane Dante Acerbis, oltre che a un manipolo di giovani allenatori, Eynard raccolse entusiasmo, idee e qualche indispensabile assegno, portando in salvo la società e raccogliendo subito le prime soddisfazioni sul campo. Poche settimane dopo, in seguito alla morte di Mazza, si ritrovò suo malgrado alla presidenza. Ruolo a cui non ambiva, ma che ricoprì appunto per quasi un trentennio, con la sua proverbiale signorilità.

Dalla sua aveva una grande passione e una spiccata conoscenza tecnica derivante anche dai suoi brillanti trascorsi come allenatore, in un’epoca in cui quel tipo di figura non era così diffusa e professionale come oggi. Poi a livello dirigenziale ha ricoperto anche ruoli federali, prediligendo però sempre il lavoro sul territorio, quando peraltro avrebbe potuto aspirare anche a cariche nazionali. Il tutto in parallelo con la sua attività professionale di architetto, specializzato soprattutto nella realizzazione di impianti sportivi. Il fiore all’occhiello resta a tutt’oggi il Palazzetto dello Sport di Bergamo, di cui fu progettista insieme al padre Giancarlo. Ma nella maggior parte degli impianti sorti in provincia – e non solo – nell’ultimo mezzo secolo c’è stata la sua matita.

Con Dany Eynard non ci lascia solo una parte importante dello sport bergamasco. Se ne va soprattutto un gentiluomo: mai una parola fuori posto, mai toni accesi, l’equilibrio e il buon senso come modalità abituali. E in questo momento, se mi è consentito un riferimento personale, mi tengo stretto il privilegio di aver condiviso con lui tanti momenti. E di aver assorbito più di una lezione.

Last Updated on Monday, 10 May 2021 15:15
 
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