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1968: baschi neri, aria rarefatta, quattro giovanotti italici che danno l'anima (3) PDF Print E-mail
Sunday, 30 May 2021 08:46

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Le copertine dei primi due numeri della rivista della Federazione nel nuovo formato: quella di marzo fu riservata a Renato Dionisi, primo saltatore con l'asta a superare i cinque metri in una gara al coperto al Palazzo dello Sport di Bologna. La seconda fu un omaggio alla superiorità di Eddy Ottoz, che aveva pochi rivali sugli ostacoli, sia nelle corte gare in pista coperta sia all'aperto

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Prima di mangiare il panettone a Natale, i consiglieri federali fecero il loro ultimo compitino dell’anno: si riunirono il 2 e 3 dicembre e ratificarono i primati nazionali conseguiti nei 12 mesi. Furono 25 (di cui sei eguagliavano la prestazione precedente), ventitré degli uomini e solamente due delle donne: Paola Pigni (800 metri) e Maria Vittoria Trio (salto in lungo, il 6.56 di cui abbiamo parlato nella puntata precedente). Silvano Simeon ed Eddy Ottoz fecero incetta: quattro cadauno. Eddy era un metronomo: avrebbe fatto tempi fra 13.6 e 13.9…anche correndo all’indietro. Gian Paolo Urlando (padovano, che aveva iniziato come lanciatore di peso, emigrato alla nuova disciplina nella stagione 1965) fece crescere il lancio del martello (due primati); due pure per Franco Arese (1500 metri) e Pasquale Giannattasio (100 metri, anche di questi abbiamo detto riferendo della Preolimpica messicana). Con un record: il modenese Renzo Finelli, il finanziere friulano Giovanni Pizzi (3000 metri siepi), il giovanotto Renato Dionisi (asta), l'atteso Giuseppe Gentile (triplo) e il «senatore» Abdon Pamich (20 km marcia in pista). E poi le staffette: CUS Roma (Troito-Sicari-Frinolli-Del Buono, 1:53.6 la frazione del campione europeo dei 400 ostacoli) 7:29.6 nella 4 x 800 metri; poi i velocisti della Lilion Snia 40.3 per la 4 x 100 (Agostoni-Sguazzero-Sardi-Preatoni); e per due volte venne migliorato il primato della non frequentissima 4 x 1500: 15:30.2 per le Fiamme Gialle (Gaddeo-Valenti-Ardizzone-Pizzi), poi 15:26.8 per il CUS Roma (Sacchi-Troito-Risi-Del Buono).

Con il numero 43 datato 23 dicembre 1967, direttore responsabile il presidente della Federazione, Giosuè Poli, si chiude la prima parte della vicenda editoriale della pubblicazione federale, che, nel 1933, salutò sulla sua copertina…il primo degli atleti italiani dell’epoca. Dice: chi? Luigi Beccali! No, era molto di più di un campione olimpico, era un Dux. Vedasi "Mussolini, primo sportivo d'Italia" di Lando Ferretti, «Lo Sport Fascista», gennaio 1933. La pubblicazione,  la nostra, quella atletica, nel corso dei precedenti 34 anni, aveva cambiato formato, titolo, periodicità. Ma aveva mantenuto fedelmente la sua ragione di essere: informare il mondo composito dell’atletica leggera italiana. Un trafiletto, con qualche passaggio non proprio felice, annuncia la trasformazione da «notiziario» a «qualcosa di nuovo, moderno, più adeguato ai tempi». Arriverà, dopo qualche mese di tribolata gestazione, «Atletica» formato rivista con cadenza mensile, nelle intenzioni, non sempre è stato ed è così.

1968 – Era di marzo. Su quella copertina nero-verde spiccava un rigoglioso ciuffo capelluto che parzialmente nascondeva una faccia simpatica, sorniona, un sorrisetto sotto il baffetto malandrino. La meritava Renato Dionisi, giovanotto dell’Alto Garda dove inizia quell’imbuto che imbriglia verso Sud il Pelér, vento del Nord che fa volare le vele e i surf che popolano a migliaia quelle acque. L’atletica leggera vive la sua epopea anche nella narrazione dei «muri» abbattuti: il primo sotto un certo tempo…, il primo oltre una certa misura. E ogni specialità ha il suo «muro». Renato Dionisi, in quelle prime settimane, vent’anni compiuti un paio di mesi prima, aveva demolito il suo muricciolo: era il 10 febbraio nell’angusto spazio del Palazzo dello Sport di Bologna, quindi dentro una struttura coperta, fu il primo abitante del nostro allungato stivale a superare i 5 metri nel salto con l’asta. C’erano voluti trentuno anni per elevare di un metro la barriera, da 4 a 5: allora, il 5 agosto 1936, nella finale olimpica ci era riuscito il fiorentino Danilo Innocenti. Altri tempi, altri attrezzi, ma l’atletica è continuità nel progresso. Il resto è aria fritta.

La nuova vetrina editoriale federale si presenta con ricchezza di firme, quindi con un «taglio» più giornalistico che non da bollettino informativo. Poi si avvertirà la necessità di bilanciare i due aspetti. Nuova firma (e obiettivo fotografico) Eddy Ottoz, che raccontò come aveva vissuto il nuovo tartan della pista, e l’altitudine di quella megalopoli più vicina al cielo, e che scrisse in anteprima come sarebbe stata l’Olimpiade, quella Olimpiade. Nelle altre pagine: quasi profetiche quelle (nove) dedicate al salto triplo, con l’analisi degli 83 fotogrammi di un salto del polacco Josef Schmidt, l’unico oltre i 17 metri, fino a quel momento. Vi basti pensare cosa sarebbe stata la finale del 17 ottobre.

E se qualcuno ha ancora un briciolo di buon gusto e di amore per il bello scrivere, ecco allora si vada a rileggere l’esercizio di retorica (per gli antichi stava a identificare l’arte del parlare e dello scrivere in maniera esteticamente piacevole) firmato da Gianni Brera. Scrisse uno dei suoi «profili» (altri ce ne saranno nei mesi successivi, ne riparleremo) e lo dedicò a Eddy Ottoz. Titolo: «Eddy Ottoz o l’esatta follia». Leggete l’attacco: “Il nome Eddy non è nei calendari, non vi fu mai un santo chiamato Eddy…”. La scelta degli ostacoli: “Lui dice di aver seguito l’astuzia, cioè la ragione, nel dare sfogo a un istinto: ai campionati studenteschi, nessuno valeva un granché negli ostacoli: per eccellere in corsa, non vi era che da scegliere quelli: e lui infatti li scelse e vinse”. Un altro brano: “Ottoz non rientra in alcun personaggio che faccia maschera o addirittura macchietta. È semplicemente Ottoz, anzi Eddy, un nome che non è nei calendari. Fa corsa esatta e vale un grandioso 13”4. Se l’ossessione agonistica non riuscirà a bruciarne gli estri, correrà la finale olimpica per la prima o la seconda medaglia”.  “Eddy Ottoz ironizza sull’equilibrio muscolo-intelletto di Giovenale enunciando una sua massima astrusa ma intelligente: mens nevrotica in corpore pathologico”. “Nella nostra religione, che pure non è pagana, l’Olimpo è riservato ai soli grandissimi atleti: poiché Eddy Ottoz lo sa, dovrà ricordarsene a Mexico City”. Non se ne dimenticò.

E da leggere anche il «Roberto Frinolli» di Alfredo Berra, e il «Franco Arese» di Gianni Romeo, due scriba che sapevano far cantare i tasti delle loro Olivetti. Corposa la parte riservata a contributi più propriamente di analisi dell’atletica italiana e internazionale. A chiusura parecchio materiale tecnico, con un taglio più divulgativo che scientifico.

(segue)

Last Updated on Tuesday, 01 June 2021 08:59
 
Trekkenfild 94: dalla gara più veloce (100 metri) a quelle più lente (la marcia) PDF Print E-mail
Wednesday, 26 May 2021 07:31

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Banale. Lo avranno già detto, scritto, ripetuto, centinaia di milioni di individui. Sarà banale però è una verità: quello che chiamiamo «atletica leggera» è un mosaico di tante espressioni sportive diverse ma che unite insieme compongono un disegno. Un disegno bellissimo, una armonia di plastici gesti del corpo. Che talvolta qualche somaro tenta di rovinare, tanto per essere originale. Ne conosciamo qualcuno...Lancio del martello? Che senso ha? Salto triplo? Innaturale? La marcia? Per carità? Antiestetica. Siano bandite dal regno dello sport. Poi, per fortuna, qualche santo provvede, il mondo dell'atletica si compatta, fa mischia, e il temporale si allontana. Ma bisogna star sempre vigili, gli avvoltoi son sempre lì pronti.

Il nuovo numero della pubblicazione online «Trekkenfild» ci propone uno spaccato di questo mosaico, approfondendo i due argomenti del momento: il nuovo primato italiano dei 100 metri e gli ottimi risultati dei nostri marciatori, donne e uomini, nella Coppa Europa di marcia. Quindi lasciamo a loro la parola.

Last Updated on Wednesday, 26 May 2021 08:20
 
1968: baschi neri, aria rarefatta, quattro giovanotti italici che danno l'anima (2) PDF Print E-mail
Monday, 24 May 2021 08:34

Seconda parte delle nostre cronachette che hanno preso abbrivio da alcuni fatti che, casualmente, si sono intersecati: la morte del grande quattrocentista americano Lee Evans, la richiesta di adesione al nostro gruppo A.S.A.I del quattrocentista italiano Furio Fusi, che partecipò nella stessa finale olimpica dove c’era il californiano, e alcuni nostri articoli di questi ultimi mesi. Riprendiamo da dove abbiamo lasciato: Furio Fusi ma non solo Furio Fusi…

1967 – L’anno precedente si era chiuso con la omologazione di ventuno nuovi primati nazionali, quattrodici per gli uomini e sette per le donne. Eddy Ottoz, ingordo, dei 14 ne aveva siglati sette: tre sui 200 ostacoli (altra disciplina molto bella lasciata nel dimenticatoio dalla ignavia dei moderni) e quattro sui 110 classici. A seguire: due Renato Dionisi, uno Erminio Azzaro, uno Franco Arese, uno al quartetto 4x200 della S.A. Lilion Snia Varedo (Sguazzero-Sardi-Preatoni-Bello), e infine due della staffetta 4x400: 3:07.6 (Petranelli-Frinolli-Fusi-Bello) e 3:06.5 (Fusi-B.Bianchi-Frinolli-Bello). Fra le donne Paola Pigni tre (due sugli 800 e una sui 400), e uno ciascuno per Donata Govoni, Maria Vittoria Trio, Elivia Ricci Ballotta e la staffetta 3x800 dello Sport Club Italia (Tocchetti-D’Addato-Pigni).

Comunicato della Federazione n.26 del 18 febbraio 1967: la Presidenza Federale autorizza Furio Fusi a trasferirsi dalla Fratellanza Ginnastica Savonese alla S.A. Lilion Snia Varedo. Altra decisione federale: Furio viene insignito della Palma al Merito Atletico di IIº Grado.

Sfogliando i vecchi giornali ne scopri di ogni…Sentite queste estrapolate dal settimanale federale, che non risparmiamo al nostro attuale vicepresidente Augusto Frasca. «Atletica» n.8 dell’11 marzo: a pagina 2 il nostro mette la sua augusta firma, per esteso, sotto un colonnino dove si riferisce del Campionato di corsa campestre riservato alle ragazze juniores. Era il 5 marzo, località Sora, provincia di Frosinone, organizzava il G.A. Bibite Conte. Vinse la modenese Venturelli. La presenza di Frasca nella capitale dei mostaccioli, della cicerchiata e dei ciecamarini, è quasi sicuramente dovuta al suo ruolo di presidente della Associazione Sportiva Ostia. Infatti, sempre lo stesso «foglio», al n.12 dell’8 aprile, riporta: “La Associazione Polisportiva Ostia, sorta nel 1962 e affermatasi in atletica e in altre discipline sportive, ha cambiato denominazione sociale in «Atletica Ostia» e dalla presente stagione curerà esclusivamente il settore atletico femminile con intento di rinverdire le prestazioni individuali e complessive raggiunte nel passato. Con il presidente Augusto Frasca collaboreranno i consiglieri Luzzietti, Marrone, Ballanti, Milesi, Scuzzo, mentre Direttore Tecnico sarà il prof. Curri”. Il cursus honorum del nostro Augusto centurione ostiense, sceso dai monti dell'Abruzzo, era ancor più ricco: da poco componente del Comitato regionale laziale, presidente il colonnello Giampiero Casciotti, altri membri Luciano Barra, Sandro Giorgi, Sandro Giovannelli. E, in vista dell’Assemblea nazionale a Campobasso, fece parte anche dei delegati del Lazio, dove (insieme al nome di Ercole Tudoni, un mito della marcia romana) troviamo pure Barra ed Enzo Rossi.  Oggi li etichetterebbero come «cerchio magico» … Ma anche tutto questo fa parte di quella vicenda atletica nazionale che abbiamo la presunzione di raccontare. Lo sapevate, per esempio, che in quel Congresso F.I.D.A.L. i delegati approvarono all’unanimità un ordine del giorno presentato da Giuliano Tosi in appoggio alla Città di Firenze che aveva avanzato la sua candidatura per ospitare i Giochi Olimpici 1976?

Negli stessi giorni di febbraio convolò a nozze Roberto Frinolli, fresco di titolo europeo, con la nuotatrice Daniela Beneck, sorella di Anna, pure lei ondina, moglie di Tito Morale. Sulla pubblicazione federale intercettiamo anche una foto, la prima, di un ragazzo della U.S. Maurina Imperia, Claudio Trachelio, altro ligure con Bruno Bianchi (Sampierdarena) e Furio Fusi che troverà gloria sui 400 metri e nella staffetta. Al tempo di quella immagine era allievo; iniziò la prima stagione da junior con un 49.4 a Imperia e in seguito 48.3 a Milano e poi 48.2 e 21.8 nel corso dell’anno.

Ed eccoci ad una giornata da evidenziare nel libro dell’atletica nostra: domenica 16 aprile, Arena Civica di Milano, ventunesima edizione della Pasqua dell’Atleta, fiore all’occhiello della società Riccardi. Nel napoleonico complesso che aveva applaudito, diciannove anni prima, il terzo primato del mondo di Adolfo Consolini (55.33), viene superato il suo primato nazionale (56.98) che era stato misurato l’11 dicembre 1955 sul campo di atletica di Bellinzona, nella vicina Svizzera. Silvano Simeon, un giovanottone friulano (che pochi giorni prima aveva già evidenziato una ottima condizione: 56 metri a Roma), incrementa il primato tre volte: al terzo lancio (57.86), al quinto (57.90) e definitivamente al sesto che accarezza la linea dei 60 metri: 59.96. Se vi dicessimo che esiste un collegamento fra quella gara e l’ A.S.A.I. di oggi, ci credereste? Fareste bene: al sesto posto (44.22) leggiamo il nome di Marco Tirinnanzi, toscano che vestiva quell’anno i colori dei Carabinieri Bologna, il quale solo due-tre giorni fa ha aderito al nostro Gruppo Facebook.

Eddy Ottoz lima un altro decimo (22.8) al primato dei 200 metri ostacoli. Nella serie precedente, Carlo Giordani, che meriterebbe un premio speciale, per esempio «un gentleman per l’atletica», corse in 24 secondi netti, il secondo miglior tempo dopo Eddy. Giordani, una vita in mezzo agli ostacoli: per dirne una, nel prossimo fine giugno, fra un mesetto, l’inestinguibile Carlo sarà ancora a capo della sua amata Quercia Rovereto per organizzare i Campionati italiani assoluti. 

Che Pasqua quella Pasqua! A curiosare fra i risultati si viene investiti da una marea emotiva rileggendo i nomi di giovanotti con i quali molti di noi hanno lungamente condiviso, dalle tribune, la stessa passione. Li dovremmo citare tutti, ma siate comprensivi e lasciatecene elencare solo alcuni: quella stupenda persona, oltre che grande sprinter, che è sempre stato Ennio Preatoni; i nostri soci Gianfranco Carabelli e Albertino Bargnani; un amico piacentino, Gildo «il rosso» Cappucciati, vigile del fuoco in pensione, assessore allo sport a Salsomaggiore e candidato sindaco; Alfredo Rizzo, un grande in tutto e per tutto, piacevole compagno di tante belle chiacchierate sul porto di Montecarlo qualche anno fa; Vittorio Ottonello, consigliere federale nei primi anni ’90 e poi lungamente presidente del C.O.N.I. ligure; Attilio Monetti, spalla dell’indimenticabile Paolo Rosi nelle dirette RAI, poi, mentre piazzava polizze assicurative a tutti, Casa Italia, 15-20 notiziole dettate a braccio a giornali ed agenzie; Gaetano Dalla Pria, il discobolo che più si era avvicinato a Consolini, anche lui consigliere federale negli anni '90. Un altro compagno del nostro lungo viaggio in atletica: Giorgio Reineri, quel giorno scrisse un articolo per «Tuttosport» e, ricorda lui, finì in prima pagina, ovvio con il record di Simeon. Ma Giorgio più che giornalista (dopo «Tuttosport» inviato al «Giorno» e infine Capo Ufficio Stampa alla I.A.A.F.) era lì come atleta (maglia CUS Torino): corse la seconda serie dei 3000 siepi, quarto 10:00.4; notare il nome di Bianco, pure cussino, undicesimo in 10:21.4, per noi trattasi di Tino Bianco da tutti conosciuto come «Blanche» (verificare).

Ci siamo smarriti: del nostro Furio Fusi che ne è stato? C’era, con la nuova maglia gialloblù della Lilion Snia, nella seconda serie dei 400, li corse un po’…lentamente, 49.3. Andò adagino anche sui 200 a Carpi: 23.0. Simeon invece allungò le parabole: 61.72 a Livorno. Fusi figurava nelle liste di stagione con un 48.4, datato 13 maggio. Di nuovo a Milano per un incontro Lombardia-Baviera un po’ striminzito: Fusi secondo dopo Bello (47.7, 48.7). Poi una 4x4, Ottolina-Morimondi-Fusi-Bello, 3:07.9. La stagione avanzava ma Furio rimaneva inchiodato a ‘sto 48.4 di maggio. Venne messo in squadra per l’incontro al limite dei 21 anni con la Germania Federale, a Rovereto il 25 giugno. Gli toccò l’ultima frazione della 4x4, con Morimondi-Dell’Omodarme e Scatena, tre secondi dietro ai tedeschi, che ce le suonarono di santa ragione. Tre annotazioni. Esordio di Trachelio in una Nazionale, quarto nei 400, 48.8. Nei 1500 lottò fino alla fine Giorgio Bozzini, un ragazzo piacentino di grandissime qualità. Scrisse Fiammetta Scimonelli (Capo Ufficio Stampa del C.O.N.I. dopo Donato Martucci):” … non una vittoria ma un primato personale e un secondo posto ad opera di Bozzini, sciolto e potente, altra nostra speranza”. Rimasta tale, e in più Giorgio morì giovane stroncato da grave malattia. Quel 3:51.4 del 1967 dovrebbe essere ancor oggi primato piacentino (speriamo di sbagliarci). Sui 110 ostacoli Carlo Giordani non volle piegarsi: i primi tre finirono in mezzo centimetro, 14.7…lui terzo…esempio di giudici casalinghi ma mastini.

Ancora Milano con il 1º Trofeo dell’Industria, aperto anche alla partecipazione di atleti stranieri. Fusi sempre su livello medio: 48.6, terzo. Poi la 4x4 societaria, con Palaro, B. Bianchi, lui in terza, Bello in ultima: 3:13.6. A Bologna, agli «Assoluti» il punto più basso: ultimo in finale, 50.6 (49.2 e 48.6 nei turni preliminari). Zuccherino il successo nella 4x4 con Palaro-B. Bianchi-Bello. Niente convocazioni né per la semifinale di Coppa Europa a Ostrava né per i due incontri con Finlandia e Norvegia. Rientrò in azzurro a Viareggio per Italia-Stati Uniti-Spagna: staffetta con Ottolina-Puosi-Bello, lontanuccia dagli Usa (che schierarono Bill Toomey, decatleta da meno di 46”): 3:05.2, 3:09.4. Scrisse Scimonelli sul giornale federale: “In prima frazione noi abbiamo Fusi perché Frinolli in extremis decide di non partecipare alla staffetta. Fusi non è nelle migliori condizioni e la sua frazione contro Toomey (…) non è molto felice”. Furio si era guadagnato la selezione correndo a Brescia una prova indicativa il 12 agosto: 48.0, miglior tempo dell’anno.

Dalla Versilia a Tokyo per le Universiadi: sempre staffetta, con Cellerino-B. Bianchi-Bello, quinti, stesso 3:09.4 di Viareggio. Vendemmiata italiana di medaglie a Tunisi, che ospitò i Giochi del Mediterraneo: 14 ori su 22 discipline (aggiungere 6 argenti e altrettanti bronzi), più due metalli dorati per le donne in un programma molto ridotto: Carla Panerai (80 metri ostacoli) e Maria Vittoria Trio (lungo), la quale, appena rientrata a Torino, ottenne quel 6.52 (terza misura mondiale dell’anno) che resterà per sempre la sua miglior misura. Tornando in Tunisia, “vittoria senza troppe preoccupazioni” – il commento di Sergio Gatti – per Ottolina-Fusi-Puosi-Bello: 3:12.6, Spagna lontana, gli altri di là da venire. Spunta anche un risultato da Lugano, 3:14.2, quartetto societario Preatoni-B. Bianchi-Fusi-Bello.

Si va verso la conclusione della stagione preolimpica. Tanto spazio per i giovani, allievi soprattutto, liste juniores (anni 1948-49) dentro cui ci siamo soffermati a curiosare. Di Trachelio s’è detto; poi quel trottolino di Pasqualino Abeti; il romano Fabio Arcioni che spaziava dai 400 ai 3000, anni dopo sarebbe entrato alla Federazione dove restò a lungo ad occuparsi di graduatorie federali; Gigi D’Onofrio, ostacolista, cresciuto poi alla scuola di Sandro Giovannelli come manager-organizzatore, portando il Golden Gala nei primi del mondo; in testa ai 1500 metri siepi il genovese Vittorio Ottonello, di cui già abbiamo avuto modo di parlare; Erminio Azzaro «o’ saraceno», un lungo pezzo di storia del salto in alto italiano; sempre nell’alto un cognome, Rosa Salva, a Venezia emanava profumi di storiche pasticcerie, ancor oggi in Sestriere di San Marco: Piero – che superò poi i due metri e anche qualcosa in più – fu l’ideatore della Venicemarathon; anche di Luigi Filipponi abbiamo detto, aggiungiamo che rimane uno degli uomini più forzuti che abbiamo conosciuto, atletica a parte; e nel decathlon un cognome cui noi siamo affezionati: Fracchia, di Asti, e i suoi chilometri di filmati di atletica, gioielli rari come e forse più di quelli della Corona inglese per noi folli dell’atletica; Giorgio, uno dei figli di Luciano, nostro socio fondatore, figura nelle liste del decathlon, la sua disciplina preferita, da quel che sappiamo ne ha conclusi alcune decine a tutte le età.

Poi i migliori andarono ad annusare l’aria dei 2240 metri, metro più metro meno, di Ciudad de México, dal 15 al 22 ottobre. Ne riferì Scimonelli sul settimanale federale. I messicani etichettarono questo test «La Semana Preolimpica». Ottimi risultati per Pasquale Giannattasio (10.2, due volte, primato nazionale uguagliato, in uno dice Fiammetta il cronometraggio elettrico segnò 10.153), poi nella finale dei 200 eguagliò John Carlos (20.8 per entrambi) con Ito Giani a 20.9; Renzo Finelli e Gianni Del Buono fecero degna figura sui 1500; Antonio Ambu, dopo una sgambata sui 10 mila, provò la maratona, il medico lo fermò dopo 38 chilometri (un piede malandato); Eddy normale (per lui): 13.6.  Era impegnato a scattare fotografie e prendere appunti che poi tradurrà in articoli, ma volle provare il tartan e si presentò sulla pedana del lungo: 7.44, nella gara che incoronò primatista del mondo il «principe» sovietico Igor Ter Ovanesian, alla pari con Ralph Boston (8.35). Ma non è finita: la curiosità e l' esuberanza (chiamiamola così) spinsero Eddy ad accettare la proposta di correre una frazione di 4x400 in un quartetto con tre americani: lui in prima, Whitney (aveva vinto i 4 acca in 49.8), il decatleta Bill Toomey (secondo nei 400 in 46.5) e McLaren: 3:08.5, dopo Polonia e Cuba. Silvano Simeon oltre i 56 nel disco, a ridosso di Danek e prima di Silvester. Abdon Pamich e Vittorio Visini provarono cosa significava marciare 20 km a quell’altezza. C’era anche Giuseppe Gentile ma preferì non gareggiare ma solo allenarsi, e i frutti si videro al rientro. Le nostre due migliori donne saggiarono le condizioni differenti: tre impegni per Pigni (un 400 e due 800), due per Trio (una batteria di ostacoli e un ottimo 6.37 in lungo).

Dopo la «Semana» messicana ecco quella romana, dal 28 ottobre al 5 novembre, al campo dell’Acquacetosa, pista in rubkor. C’erano molti dei migliori italiani. Il 29 si corse una 4x4 e noi ritroviamo Furio Fusi con i suoi colleghi della Lilion: lui in prima, poi Preatoni-Bello-B. Bianchi, 3:13.4. appena davanti ai quattro finanzieri, tra i quali c’era anche Giannattasio. Il sigillo venne messo da Gentile il 4 novembre con il nuovo primato italiano: 16.32. Una nota: fra il 29 ottobre e il 5 novembre Arese corse un 1500 (3:42.4) e due 800 (1:48.4 e 1:48.6). Il minimo (periodo valido 1 ottobre 1967 – 30 settembre 1968) per la partecipazione olimpica era fissato a 3:42.0…Il 12 novembre, sulla stessa pista, anche Pamich mise a frutto il lavoro in altura abbassando il già suo primato sui 20 km in pista (1ora 30:57.4). Al termine della stagione ’67 undici azzurri avevano timbrato l’obbligo olimpico, nove uomini e due donne, Pigni sui 400 e Trio nel lungo, proprio nelle gare messicane.

L’atletica leggera si fece onore anche sui banchi di scuola, una scuola particolare in questo caso: quella Centrale dello Sport, voluta dal C.O.N.I. a Roma. Al termine del primo corso, chi furono i migliori? Gianfranco Carabelli (1:50.9 quell’anno) e, appena dietro, Giacomo Crosa (2.05), vicino a loro Felice Baldini; più distanziati, Giuseppe Gentile e parecchi altri provenienti dal nostro sport. Al secondo corso ‘67-’68 furono ammessi, tra i 50 previsti, nomi a noi noti come Giampiero Aquino e Sandro Aquari (oggi nostro socio). A distanza di oltre cinquant’anni due nomi di quel corso sono tornati alla ribalta recentemente: Roberto Fabbricini che era uno dei candidati alla carica di presidente F.I.D.A.L., e proprio la settimana scorsa Renato Di Rocco che ha tentato di contrastare, con scarsa fortuna, il terzo mandato di Giovanni Malagò alla presidenza del Comitato Olimpico Italiano.

Ci rivediamo nel 1968 (segue)

Last Updated on Sunday, 30 May 2021 08:45
 
1968: baschi neri, aria rarefatta, quattro giovanotti italici che danno l'anima (1) PDF Print E-mail
Friday, 21 May 2021 09:02

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La sequenza delle immagini. La prima in alto a sinistra: il terzo cambio fra Furio Fusi e Sergio Bello nella finale dei Giochi Olimpici '68. Un primo piano di Fusi. Sotto: lo straordinariao assetto di corsa di Lee Evans e un suo primo piano dopo lo sforzo della finale olimpica. L'ultima: il quartetto della staffetta 4 x 220 yard del San Jose State College; da sinistra un altro grandissimo, Tommie Smith, campione olimpico sui 200 metri, Lee Evans, Bob Talmadge and Ken Shackelford (Courtesy of San Jose State Athletics)

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"Un ricordo al caro vecchio amico Bruno Bonomelli. Riposi in pace". Questo il primo breve messaggio che abbiamo ricevuto da Furio Fusi, nel momento in cui ha deciso di aderire al nostro gruppo ASAI presente su Facebook. Messaggio che ci ha fatto molto piacere e glielo abbiamo scritto. E lui in risposta:"Indimenticabile con la sua notevole capacità critica ed innata ironia al di sopra della media". L'esatto contrario dello stereotipo proposto da qualche omino che ha sempre dipinto Bruno solo come un attaccabrighe e un rompiballe. Basterebbe guardare la montagna di materiale documentale, gli scritti, le statistiche, per comprenderne la statura che dovrebbe essergli riconosciuta dall'atletica italiana: un gigante, al confronto di certi pigmei. Vabbuó...

Furio Fusi, chi è stato costui? La controfigura giovane di Bruno Bonomelli, se guardate le foto che pubblichiamo: capello lungo, baffoni imponenti, a volte anche gli scintilioni che incorniciavano il volto. Furio Fusi da Savona, corridore soprattutto di 400 metri, quel giro di pista (da quando le regole inventate a tavolino hanno imposto questa lunghezza) che gli americani, con linguaggio colorito, chiamano il «killer event», la gara che uccide, quella che non ti lascia respirare. E loro, diciamo gli yankee, si intendono di killer, basta leggere un po' di storia - quella vera - della cosiddetta Frontiera. Giovanotto di taglia alta, di gambe lunghe, Furio - tesserato per la Fratellanza Ginnastica Savonese - si fa un nome già nel 1965, non ancora diciottenne (è di dicembre, il 4, come Sandro Giovannelli e Sergey Bubka, così, per dire, en passant) corse in 48.1, tempo importante per un giovincello. In luglio, all'Olimpico romano, nei Campionati assoluti, aveva già dato un saggio delle sue buone doti: primo in batteria (48.6), quarto in finale (48.7). Verso fine mese, a Bologna, nei nazionali juniores, cedette solamente a Giacomo Puosi; quarto il futuro Maestro dello Sport, Tiziano Petracca, veneto. Infine l'8 agosto, a Dôle, nel Giura francese, nell'incontro con transalpini e polacchi, il nuovo progresso: 48.1, secondo dietro a Puosi, 47.9, per guidare la straordinaria rimonta degli azzurrini sui «galletti» (105 pari alla fine). In una lunga articolessa, Renato Tammaro, capo delegazione, scrisse sul settimanale della FIDAL:" Molta attesa per i 400 metri, una delle più belle gare della giornata. Puosi è in terza corsia, parte piuttosto lentamente. Anche nel rettilineo opposto non sfoggia la sua magnifica accelerazione. Fusi, relegato in ultima corsia, trotta come un disperato senza badare a niente, ed è primo all'uscita dell'ultima curva incalzato dai due francesi. Poi Puosi esplode con un finale vertiginoso che lo porta a vincere in 47.9, uguagliando il suo primato italiano juniores. Fusi è ottimo secondo in 48.1, largamente migliorando il suo record personale. Una magnifica doppietta azzurra". Furio fu il miglior diciottenne di quell'anno.

1966: a diciannove anni gli si aprirono le porte dei Campionati d'Europa, quelli assoluti, che si rappresentarono a Budapest. Intanto aveva fatto un balzo avanti significativo nel cronometro: 47.3, terzo dopo Bello e Ottolina nelle graduatorie. Riassuntino pre-Budapest: 12 giugno, Rovereto, Palio della Quercia, secondo, 48.2; 19 giugno, Sindelfingen, Germania - Italia atleti fino a 21 anni: corse solo in staffetta; 26 luglio, Siena, Meeting dell'Amicizia, quarto, 48.6; a Grosseto scese sui 200, 22.3; ed eccoci agli Assoluti a Firenze: batteria 49.9, semifinale 48.7, 10 luglio, finale, secondo 47.5, primo Bello 47.3. Quindi, 23 - 24 luglio Modena, incontro con Ungheria e Svizzera: primo in 47.3, nuovo primato nazionale juniores. In quella gara, al terzo posto quell'István Gyulai che Primo Nebiolo chiamerà, negli anni '90, alla Segreteria Generale della Federazione mondiale (I.A.A.F.) dove rimarrà fino alla morte, avvenuta nel marzo 2006. Gyulai, il giorno dopo corse anche i 200, terzo dopo Ottolina e Berruti, oltre alla 4x400. Staffetta testa a testa fra italiani e magiari: vinsero Petranelli-Frinolli-Fusi-Bello in 3:07.6, primato italiano eguagliato, contro 3:07.8, nuovo primato ungherese. A casa sua Gyulai ebbe poche soddisfazioni: non corse la gara individuale sui 400, e fu schierato sui 200: batteria, quarto 21.3, semifinale. settimo 21.6. Si dovette poi accontentare di una frazione di staffetta 4x4 in batteria, ma non corse la finale. Budapest agrodolce anche per Fusi : fuori subito in batteria (la quinta, 48.2), ma finalista nella 4x4, Bello-B.Bianchi-Frinolli-Fusi, sesta, 3:06.5, nuovo primato. Ancora due Nazionali, assoluta in Romania a fine settembre ma con le pile ormai scariche: la staffeta chiuse male in 3:13.7; e poi una juniores contro i sovietici all'Olimpico a Roma: per Furio solo staffetta, tiratissima vittoria 3:13.3 contro 3:13.6 grazie alla grinta finale di Giacomo Puosi.

(segue)

Last Updated on Monday, 24 May 2021 08:32
 
Lee Evans, spirito libero sempre e ovunque, dentro e fuori la pista di atletica PDF Print E-mail
Thursday, 20 May 2021 19:23

Una serie di eventi concatenati in questi ultimi due giorni (19 e 20 maggio) ci invita a intrattenere i nostri lettori su fatti, personaggi, risultati, di una cinquantina di anni fa. Sperando che quel pelandrone del redattore di questo sito domani sia disponibile - oggi aveva un giorno di libertà - vi racconterà, a modo suo, delle cronachette (come le chiamava Leonardo Sciascia). Noi cerchiamo di «tamponare» la notizia di oggi: è morto Lee Evans. Chi fu costui? Ragazzi, se lo sapete avete fatto solamente il vostro dovere basilare; se non lo sapete, non avete che da spendere una manciata di eurospiccioli e comperarvi un libro di storia dei Giochi Olimpici, andare alle pagine che parlano della edizione messicana del 1968 e documentarvi. Dice: ma queste Evans par straniero? Che c'azzecca con l'atletica italiana? C'azzecca, c'azzecca. Vedrete. A domani, o postdomani. Intanto leggetevi le poche righe che il «New Yort Times» gli ha dedicato a firma di Robert D. McFadden.

"Lee Evans, the Black American runner who won two gold medals at the racially charged 1968 Summer Olympic Games in Mexico City and at a presentation ceremony wore a Black Panther-style beret and raised his fist to protest racism in the United States, died on Wednesday. He was 74.

His death was announced by USA Track and Field, which did not say where he died or cite the cause.

The newspaper The Mercury News in San Jose, Calif., where Evans grew up, quoted friends of his as saying that he had died in a hospital in Nigeria after suffering a stroke. Evans was an assistant track coach at a sports academy there run by the Nigerian soccer star Segun Odegbami and had coached African track teams for many years. The paper quoted Odegbami as saying that Evans collapsed last week while having dinner with him and other friends."

Last Updated on Friday, 21 May 2021 16:02
 
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