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Liste femminili di ogni tempo: rinnovamento in vista per alcune discipline PDF Stampa E-mail
Mercoledì 06 Marzo 2024 00:00

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Ritornano oggi protagonisti Enzo Sabbadin e Enzo Rivis con le loro puntuali e aggiornate liste di ogni tempo, stavolta quelle che vedono protagoniste le donne (messa a punto a fine 2023). Come nostra abitudine, non ci limitiamo a pubblicare le compilazioni sic et simpliciter, ma ci «guardiamo dentro», anzi ci curiosiamo dentro. Come insegnò Bruno Bonomelli a qualcuno di noi che siamo stati ad ascoltarlo, compilare è un nobile e meritorio esercizio, soprattutto in uno sport come il nostro che usa strumenti di misurazione. Ma davanti a questi dati, fondamentali, il passo successivo è capire cosa ci dicono. E dicono sempre qualcosa, magari anche in negativo, quindi non piacciono molto...ai manovratori...

Stavolta abbiamo tirato i bussolotti e ci sono uscite le quattro distanze del mezzofondo: 800, 1500, 3000 e 5000. La prima. Sulle 23 migliori prestazioni iniziali, nove appartengono a Gabriella Dorio (nella foto a sinistra). La più vicina, anzi vicinissima, come tempo - questione di millesimi di secondo - è stata la bolognese Elisa Cusma, atleta con una carriera oltre ventennale cosparsa di molte belle e importanti soddisfazioni. Cusma, in quelle prime 23 prestazioni, fa meglio della vicentina: ne conta undici. E sempre tenendo conto del computo iniziale, il titolo di aspirante alla successione va a Elisa Bellò, anche lei vicentina, originaria di un paese vicino a Thiene. Ha un tempo personale risalente al 2022 ma è tornata sotto i due minuti (che alle nostre latitudini è sempre limite da perforare) anche nel 2023. La più giovane, romana, Eloisa Coiro, classe 2000, sesta a scendere sotto i 120 secondi. Nelle dieci migliori di ogni tempo, rimangono ben salde Fabia Trabaldo, Patrizia Spuri e Agnese Possamai.

Sul doppio di 800 sottraendo 100, per ora ancora saldamente regnante Gabriella Dorio: unica sotto i quattro minuti,  e cinque delle prime prestazioni su sei. Ma attenzione, qui c'è una nouvelle vogue che preme dappresso. L'anno scorso in tre si sono avvicinate: Gaia Sabbatini, Ludovica Cavalli e Vissa Shintayehu, etiope di nascita ma friulana di adozione, in giovanissima età. Il nostro occhio retró ci fa rilevare che ben 16 delle migliori prime 42 pretazioni assolute fanno parte dell'eredità intoccabile e non trasferibile di Gabriella Dorio. Ancora una annotazione: il 4'02"85 che valse il terzo posto a Paola Pigni  ai Giochi Olimpici di München '72, è sempre il quinto tempo. Insoma l'altro ieri...cinquantadue anni fa...

Monarchia assoluta  (non vogliamo usare il sostantivo «dittatura» che ci fa venire i brividi) nei 3000 metri: su 22 prime prestazioni la metà esatta sono timbrate Roberta Brunet, alla quale trasfuse la sua competenza tecnica e la sua bonaria umanità Oscar Barletta. Ingessatissime le prime posizioni con i nomi di Agnese Possamai, Nadia Dandolo, Margherita Gargano e Silana Cruciata. L'orizzonte attuale è rischiarato da Federica Del Buono, figlia di cotanti genitori, Rossella Gramola e Gianni Del Buono, e dalla citata Shintayehu. Una giovanissima Roberta, ancora con la maglia dello CSAIn Torino appare nella foto di destra, lei è al centro, alla sua sinistra (numero 2) Alba Milana.

E chiudiamo con la distanza più lunga, dodici giri e mezzo di pista. Ci son voluti 27 anni ma il nome al vertice, quello della primatista, è cambiato: Roberta Brunet non più monarca ma principessa di un'epoca andata. Oggi regna Nadia Battocletti, trentina di Cles, lei che ha l'allenatore in casa, il padre Giuliano, mezzofondista e maratoneta. Battocletti, Brunet e Maria Guida, prima nella maratona ai Campionati d'Europa nel 2002, le uniche tre sotto i quindici minuti.

Pensierino della sera: abbiamo citato nomi di ragazze, signorine, signore, che hanno scritto le più belle pagine del mezzofondo di questa nostra penisola. Alle generazioni presenti e future il gravoso incarico di sostituirle.

Chiunque può approfondire e fare le sue riflessioni su tutte le altre discipline, soffermandosi sulle liste che potete agevolmente consultare su questo link.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 06 Marzo 2024 14:30
 
Gianfranco Carabelli, dai due giri di pista ai molti giri attorno alla scrivania PDF Stampa E-mail
Venerdì 01 Marzo 2024 00:00

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Recita l'articolo 7 dello Statuto dell'ASAI, registrato la prima volta nell'anno 1994 nello studio di un notaro fiorentino:

"L'associazione si propone di promuovere e favorire la ricerca e la raccolta di ogni notizia, risultato, dato e materiale (programmi gare, manifesti, fotografie, risultati, ecc.) di qualunque tipo e genere inerenti la storia dell'atletica leggera italiana..."

Chiaro? La storia dell'atletica leggera italiana. Lo ricordiamo sia ai soci (che avrebbero dovuto leggere almeno una volta lo Statuto, ma sono sempre in tempo...) sia ai non soci, gli uni e gli altri che, talvolta, ci mandano materiali, richieste e proposte fuori tema, facendoci solo perdere tempo. Ma non di questo vogliamo occuparci, ma, molto più piacevolmente, di celebrare un «pezzo di storia» che oggi compie gli anni. Ci sembra di sentire quello che dirà l'interessato, come reagirà, seppure con la sua compassata flemma che sempre lo ha contraddistinto. Ma sentirsi chiamare «pezzo di storia», beh, sì, lo ammettiamo, è un po' troppo. Ma lui sa che noi tutti, asaini bonomelliani, lo facciammo con grande affetto, per augurargli una serena giornata.

Oggi celebra il suo genetliaco Gianfranco Carabelli, atleta di conclamata eleganza, dirigente di alta preparazione, uomo di cultura sportiva per davvero, e, alla fine ma non ultimo, nostro socio da parecchi anni. E autore, di tanto in tanto (nota di rimprovero), di scritti che nobilitano il nostro sito. Non gli abbiamo preparato la torta con le candeline, ma ci affidiamo a due ritrattini di due mani diverse che ricordano un momento sportivo, e, l'altro, un momento dirigenziale.

Campionati italiani assoluti, Firenze, 9 luglio 1966

Bruno Bonomelli, sulla pagina sportiva de «L'Unità» descrisse così la finale degli 800 metri:

“Rapida partenza di Arese, che viaggia in sesta corsia. Ma, quando i concorrenti all’uscita delle corsie si mettono in fila indiana, dietro al trampoliere torinese, l’andatura cala a tal punto che i 400 metri sono superati in 59”2, quanto a dire un tempo ultra-modesto. La gara diventa perciò tattica. Arese sulla dirittura opposta opera un vivace allungo, ma Sicari gli si avvicina poi nuovamente, trascinandosi Carabelli. In curva le posizioni non mutano. Sul rettilineo duro attacco di Carabelli e tenace la resistenza di Arese che viene piegato nella zona dei rettangoli bianchi. Carabelli (1’52”5) corona quindi un sogno lungamente accarezzato. L’ombra di Bianchi, il grande assente, campione dal 1961 al 1965, non oscura il suo meritato successo. Arese (1’52”6), Sicari (1’53”5) resiste a Gervasini (1’53”6), quinto è Sandon (1’54”5) e infine sesto Bozzini, il più giovane della compagnia, in 1’55”8.”

Il commento della rivista federale – “Corsa tattica per gli 800 metri. La gara vive sul duello fra Gianfranco Carabelli e Francesco Arese, forze emergenti dopo la rinuncia di Francesco Bianchi fuori condizione. Gli altri finalisti sono il nervoso siciliano del CUS Elio Sicari, lo junior Roberto Gervasini, il forte padovano Franco Sandon ed il ventenne Giorgio Bozzini. Passaggio lento ai 400 in 59, 600 metri percorsi in 1.25.5 e marcamento stretto. Guida Arese, ai 700 metri attacca di forza Carabelli e resiste sul rettilineo, imballato, al ritorno tardivo di Arese. Esce molto bene nel finale Gervasini, mentre terzo sarà Sicari”.

Il commento della rivista «Atletica Leggera» – Nessuno, solo un passaggio di una riga che dice:” Nelle gare di mezzofondo, ad eccezione dei 10.000, tutti gli altri vincitori appartengono alla nuova guardia: Carabelli GF, Arese, Finelli, Begnis…”.

Noterelle a margine – Carabelli (che quell’anno vestiva la maglia della Pro Patria San Pellegrino) aveva vinto la sua gara nell’incontro Germania – Italia per ventenni a Sindelfingen. Era la prima volta che una squadra di giovani azzurri superava una tedesca: 99 punti a 98. Gianfranco vinse in 1’51”5. In quella stessa occasione, Erminio Azzaro stabilì il nuovo primato italiano dell’alto, valicando 2.11 (terza prova). Il precedente era di Mauro Bogliatto, un centimetro meno. Qualche tempo prima, a Formia, aveva migliorato il primato juniores, con 2.08. Dopo Sindelfingen (19 giugno) il milanese scese ancora in pista, il 26 al «Rastello» di Siena, Meeting dell’Amicizia: si classificò secondo dietro al belga Coquit, segnò 1’50”3, che rimarrà la sua miglior prestazione stagionale. Il 29 rieccolo a Grosseto, vinse: 1’51”0, su Del Buono, Sicari e Gervasini. E poi i Campionati nazionali a Firenze, batteria l’8, finale il 9 luglio. Batterie, la prima: vinse tenendosi a spalla (1’54”3) Giorgio Bozzini, un piacentino con un gran fisico, una corsa bella, rotonda, peccato, non ha fatto, secondo noi, quello che avrebbe potuto; vestiva la maglia dell’Atletica Piacenza; poco o nulla motivato negli allenamenti, si faceva trascinare dal suo amico Sergio Morandi, gran persona, oggi presidente onorario della società piacentina dopo anni di presidenza effettiva. Il fratello gemello di Gianfranco, Giancarlo, accasato ai Carabinieri Bologna, venne eliminato nella seconda batteria, vinta da Arese.

Congedo dagli incarichi dirigenziali

Riprendiamo brani di uno scritto che Augusto Frasca, nostro attuale vicepresidente, scrisse, qualche annetto fa, quando Carabelli decise di lasciare il mondo dirigenziale.  

"Carabelli iniziò da atleta, e raramente ci fu nel mezzofondo veloce stile d’eguale eleganza. Dalla pista, alle aule della Scuola dello sport, primo corso con Crosa e Tommaso Assi, diplomati con lode, e con Gentile, Fabbricini, Devoti, Contento, Mazzeo, Mica, Veneri. Docenti, memoria obbligatoria, Giorgio Oberweger e Nicola Placanica, vecchie querce dello stampo siculo di Giuseppe Russo e dispensatori dialettici di scienza come Carlo Vittori. Il passaggio successivo alla federazione rappresentò un atto dovuto. Periodo migliore, quello vissuto nelle cure della perla – venne spontaneo definirla “oasi di civiltà” - rimasta unica nel panorama dellosport italiano, costituita dal Centro studi e ricerche. Poi, prima ancora di corpose soglie di responsabilità dall’altra parte del Tevere e in varie segreterie generali, atletica compresa, in due fasi, il rientro alla Scuola dello sport, succedendo al comunista Mario Vivaldi, che da direttore della struttura fra i molti meriti ebbe anche quello di disfarsi, dalla mattina alla sera, di un paio di sicofanti". 

Commento alle fotografie. Nella prima, in alto a sinistra, un giovane Gianfranco Carabelli, diciasettenne, con la maglia della Riccardi, vince una gara sui 250 metri, distanza allora nel programma della categoria allievi. A destra, fianco a fianco con Francesco Bianchi, sulla pista dello Stadio Olimpico romano, durante l'incontro con svedesi e norvegesi, anno 1964. La prima foto, sotto a sinistra, è unica, non l'ha mai vista neppure l'interessato: siamo nel 1962, a Pescara, incontro juniores con francesi e polacchi. La foto viene dall'archivio personale del bresciano Giulio Salamina, che in quella gara corse i 1500 metri con siepi. Oltre a lui e a Carabelli, c'è il cuneese Giampaolo Iraldo, quattrocentista, che fu quarto in 49"1. Stesso piazzamento di Carabelli sugli 800, 1'55"1. A chiudere, un Carabelli in giacca e cravatta, all'epoca segretario generale della Federazione; con lui il cav. Mario Bruno, mai dimenticato presidente del Comitato lombardo, e, a destra, Nino Moleti, dirigente dell'Atletica Riccardi.

Ultimo aggiornamento Venerdì 01 Marzo 2024 15:20
 
Trekkenfild ci informa dalle rive dell'Adriatico, ma non solo, ci sono anche i rumors PDF Stampa E-mail
Lunedì 26 Febbraio 2024 09:35

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Numero variegato questo 127 della pubblicazione telematica che ormai veleggia nel suo undicesimo anno di vita. C'è atletica con il tetto sulla testa, commenti, sfruguliamenti, perfino rumors, quelli che molto più banalmente potremmo chiamare pettegolezzi, in attesa di verifica. E, a completamento, qualcos'altro. Come sempre, di tutto di più, motto che non si addice più alla RAI, che ormai ha cambiato lo slogan: di meno, e solo quello che vogliono i padroni del vapore.

Ultimo aggiornamento Lunedì 26 Febbraio 2024 09:49
 
Guardi le liste italiane di ogni tempo, e vieni preso da acuta, profonda nostalgia PDF Stampa E-mail
Martedì 20 Febbraio 2024 00:00

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1990, 1993, 1985, 1986, 1995, 1981, 1999, 1977. Abbinati a 13'05", 13'06", 13'10", 13'11", 13'17", 13'19", 13'20", 13'21". Adesso accostiamo il calendario e i tempi ai cognomi: Antibo, Panetta, Cova, Mei, Di Napoli, Ortis, Battocletti, Fava. L'operazione di miscelatura di questi tre elementi ci porta alla lista dei cinquemila metri corsi da giovanotti del nostro Bel Paese (non sempre...) nella lunga cronaca dell'atletica leggera. Sono otto nomi e altrettanti tempi nei primi undici della compilazione che, come sempre alla fine di ogni anno, ci offrono Enzo Sabbadin e Enzo Rivis, che di questo si occupano nella nostra lillipuziana setta cui piace ancora questo sport, soprattutto conservarne, come qualcuno ha detto, «la memoria storica». Scorrendo, pizzicati da curiosità, la nuova compilazione chiusa alla fine dell'anno 2023, ci siamo soffermati, casualmente, sulla lista dei dodici giri e mezzo di pista. Chissà perchè, o forse perchè chi scrive questa nota molti di quegli eventi li ha vissuti in diretta, non televisiva o streamingzita. E la lista ha fatto tornare a galla i ricordi e le emozioni vissute.

Mettiamo da parte i sentimentalismi, e andiamo alla sostanza. Abbiamo appena detto: otto dei migliori undici catalogati all'alba del 2024. Un dato che fa riflettere, almeno ha fatto riflettere noi. Nell'intervallo temporale 1977-1999, ventidue anni, sono rimasti lì ben saldi otto dei migliori specialisti della distanza. Solo tre son venuti dopo. E, ad osservare attentamente, fra il 2000 e il 2011 non si è inserito nessuno: oltre un decennio vuoto, al vertice della specialità. Considerazioni che, a occhio, potrebbe essere ripetute pari pari per la doppia distanza. Tanto per dire, Franco Fava è inchiodato al settimo posto con quel 27'42", coronato dal terzo posto in quella stupenda gara sulla pista dello Stadio Olimpico di Helsinki a fine giugno 1977, vinta a suon di primato del mondo dal maestro elementare di un villaggio nelle montagne popolate dalla tribù Pokot, Samson Kimobwa, persona mite ed educata, deceduto una decina d'anni fa. Oppure, il quarto posto del furlan Venanzio Ortis da Paluzza nell'indimenticabile finale europea nello stadio praghese Rošický, nel 1978.

Ogni prova, di pista e di campo, ha la sua storia. Noi, casualmente, ci siamo soffermati su questa. A chi avrà voglia, tempo e curiosità di fare lo slalom fra le migliaia di cifre lasciamo la libertà di fare le proprie considerazioni. Intanto oggi "beccatevi" le liste degli uomini disponibili qui. Ad una prossima puntata quelle delle donne, come si conviene.

Nelle foto: in alto a sinistra, Venanzio Ortis e Luigi Zarcone in allenamento; la copertina dell'Almanacco dell'Atletica 1990, edizione Panini, riservata a Salvatore "Totò" Antibo; sotto Stefano Mei e Alberto Cova al termine di una gara. Tutti grandi protagonisti che ritroviamo ancora alla fine dell'anno 2023 nelle posizioni di vertice delle graduatorie nazionali sui cinque e diecimila metri

Ultimo aggiornamento Martedì 20 Febbraio 2024 21:00
 
Daniele Segre, dalla pedana del triplo alla cinepresa della regia cinematografica PDF Stampa E-mail
Venerdì 16 Febbraio 2024 08:32

Quello che leggerete sotto le fotografie è un articolo che vorremmo pubblicare più spesso sul sito dell'Archivio storico dell'atletica italiana. E, a dire il vero, farebbe parte del nostro acido desossiribonucleico (sapete tutti vero che cos'è?) fin dalla sua nascita. Alcuni di noi lo vanno ripetendo da anni, troppo spesso inascoltati. Per fortuna non sempre. A che scritti ci riferiamo? A quelli che ci raccontino, a noi e a chi verrà, chi sono stati nella vita i giovani che hanno frequentato gli stadi di atletica nella loro gioventù. Che ne è stato di loro una volta usciti per sempre dal cancello dello stadio? Rimane solo qualche numerino che indica una misura metrica o un tempo cronometrico. Ma la vita di questa persona? Buio, spesso completo. Che fine ha fatto? Non si sa. Né di lui, né della sua professione, né della sua famiglia. Non si sa neppure, spesso, se è vivo o se ha già compiuto l'ultimo viaggio.

L'articolo che presentiamo oggi è un esempio di questo nostro "sentire". Ce lo regala Giorgio Barberis, torinese, una lunga militanza professionale nella redazione sportiva del quotidiano «La Stampa», osservatore e commentatore attento e colto del nostro sport. Giorgio Barberis, da anni, nostro socio, ma prima ancora nostro caro amico. Questo suo contributo è nato da una chiacchierata telefonica, diciamo di cortesia, di amicizia, con un altro nostro socio. E, incidentalmente, esce fuori un "Ti ricordi di Daniele Segre?". No, l'interlocutore non ne ha memoria. Eppure, nella chilometrica lista del triplice zompo compilata da Enzo Rivis per questo nostro sito (si apra questa finestra) Daniele Segre figura al 269esimo posto, uno degli atleti che ha superato i 15 metri. Ma dopo chi è stato Daniele Segre? Questo abbiamo chiesto a Giorgio Barberis e lui ce lo racconta qui sotto.

Era la fine degli anni '60 primi '70, ancora avevamo ancora negli occhi il luccichio della medaglia di Giuseppe Gentile a Giochi Olimpici di Mexico '68, la gloria italica di ben due primati del mondo. Chissà, forse il giovane Daniele divenne saltatore di triplo trasportato da quel momento esaltante. Indossò la canottiera della FIAT Torino; alla fine del 1969 fu quarto nelle liste giovanili, aveva davanti tre giovanotti di un anno più grandi di lui: Ezio Buzzelli, Claudio Moretti e il bresciano Crescenzio Marchetti, tutti classe 1951, lui, il Daniele, 1952; nella stagione 1970 aveva saltato 14,68. E con questa misura era il dodicesimo delle liste italiane assolute. Anno '71: quarto ai Campionati assoluti, ebbe davanti «Giasone» Gentile, il ligure Norberto Capiferri, il bolognese Adriano Maselli. E dietro? Troviamo Crescenzio Marchetti, passato ai Carabinieri Bologna, il piacentino Gian Piero Aquino, studente alla Scuola Centrale dello Sport, e al penultimo posto (su 27 classificati...) Giovanni Tucciarone, che in un futuro prossimo venturo sarebbe stato elevato al rango di responsabile tecnico nazionale del salto triplo. Ai Campionati della categoria juniores Segre era stato meno efficiente: quinto, che comunque gli valse la convocazione nella Nazionale Under 19, che, a Dôle, le buscò dai coetanei transalpini. Abbiamo fatto un po' di ripasso, adesso andiamo a conoscere Daniele Segre come lo racconta Giorgio Barberis.

Una bella immagine di Daniele Segre; a seguire la locandina di uno dei suoi lavori, «Ragazzi da stadio» che viene riproposto proprio in questi giorni sui programmi di RAIPLAY, lo trovate alla voce «Documentari»; sotto, il regista al Torino Film Festival, e, a lato, premiato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

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Appena quattro giorni prima di completare il suo settantaduesimo anno di vita, si è spento Daniele Segre da riviste e siti legati allo spettacolo giustamente ricordato come regista, sceneggiatore e montatore italiano, che nel suo iter terreno ha messo il suo indubbio talento al servizio della realtà sociale, raccogliendo meritati riconoscimenti.

Ma per chi si interessa di atletica e non vive solo nel presente o di gossip (la latitanza dei media per commemorare un grande come il francese Michel Jazy ne è la più recente testimonianza) un giovane Daniele Segre ha trovato spazio nei primi Anni Settanta del secolo scorso, come buon triplista, indossando anche due volte la maglia azzurra a livello assoluto e un’altra a livello juniores.

Nato ad Alessandria l’8 febbraio del 1952, da una famiglia di chiare origini ebraiche (il nonno fu anche rabbino nella città piemontese), Daniele scalò le graduatorie atletiche quanto diciottenne si trasferì a Torino per gli studi universitari e atleticamente venne tesserato dal Gruppo Sportivo Fiat, dove ad introdurlo fu Rinaldo Camaioni, che nelle prime gare giovanili del ragazzo alessandrino aveva intravvisto una qualità che meritava di essere curata e migliorata.

La sua crescita sportiva fu quasi immediata: nel 1971 ottenne un significativo quarto posto agli Assoluti con 14,94, migliorando di una po

sizione il piazzamento dei campionati tricolori juniores dove aveva saltato 14,67. Quel risultato gli valse la maglia azzurra in un incontro, al limite dei 20 anni, tra Francia e Italia disputato a Dole dove fu quarto con 14,53. Ciliegina finale dell’anno un 14,98 che lo pose al settimo posto nelle graduatorie stagionali assolute e al 27° di quelle italiane all-time.

Muscolarmente abbastanza fragile (64 chili distribuiti su 179 centimetri), nella stagione successiva dopo un 14,91 indoor a Genova, superò due volte i 15 metri nella stagione estiva: una prima volta il 6 agosto a Pisa (15,11, che rappresenta il suo top), quindi a fine ottobre a Terni (15,05). In mezzo le due maglie assolute, la prima a Lugano il 26 agosto (Svizzera-Italia, quarto con 14,60) e la seconda a Palermo il 29 settembre (Italia-Bulgaria, terzo con 14,70).

Dalle scene atletiche, principalmente perché sempre più rapito dalla passiona maturata dapprima per la fotografia quindi per la cinematografia, praticamente scomparve nei primi mesi del 1983 dopo un pur promettente 14,86 indoor.

Come uomo di cinema fu assai prolifico, realizzando quasi un centinaio di film, dai quali emerge la sua costante attenzione e l’impegno per rappresentare la realtà sociale a tutto tondo. E per meglio testimoniarlo ci affidiamo a quanto scritto da Ilenia Scollo sul sito on line dell’Ateneo Niccolò Cusano di Roma, che lo descrive come “figura poliedrica e dai molti interessi, che sapeva scrivere, dirigere, montare, produrre, fotografare e persino creare scenografie”. “Applaudito – prosegue Scollo – in numerosi festival internazionali e pure alla Mostra del Cinema a Venezia, Segre è stato docente di Cinema presso il celebre Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e anche direttore didattico del corso reportage della sede Abruzzo del Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale del Cinema”.

Daniele Segre ricevette numerosi riconoscimenti, non soltanto in Italia, e nel 2012 in una cerimonia al Quirinale gli venne consegnata la medaglia del Presidente della Repubblica da Giorgio Napolitano.

Ultimo aggiornamento Venerdì 16 Febbraio 2024 18:01
 
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