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Les garçons di Francia corsero il loro campionato di cross nel 1917, capito? 1917 PDF Stampa E-mail
Mercoledì 11 Gennaio 2023 00:00

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“Tous le garçons et le filles de mon âgecantava la malinconica Françoise Hardy agli inizi degli anni ’60, una canzone che fece epoca tra i giovani e i giovanissimi di quel tempo, e chi scrive oggi era fra quelli ieri. Ci è venuto in mente quel garçons leggendo un pezzo del nostro amico Luc Vollard sulla più recente – gennaio 2023 – Lettre (perché usare Newsletter in inglese, quando lettre è perfetto in francese?) edita dalla CDH, Commission de la Documentation et Histoire della Federazione francese. Luc ci narra, nel suo consueto e documentato editó, editoriale, di una corsa attraverso i campi, nei dintorni di Colombes, nella quale potevano essere iscritti anche garçons di 18, 19 e 20 anni, quelli che sarebbero poi stati chiamati juniores, e oggi, per essere originali (!) U20. Non c’erano dunque le filles, sarebbero arrivate l’anno dopo, il 28 aprile, a Meudou, con il cross organizzato dalla FSFSF: lo vinse con netta superiorità mademoiselle Marie-Antoinette de Tinguy. Ma la data che ci ha stupito è quella del 1917, piena Prima Guerra Mondiale, anno decisivo per le sorti di quel conflitto che sarebbe meglio definire immensa macelleria umana. Noi, italici intendo, ci dovemmo leccare la bruciante ferita della disfatta di Caporetto; i francesi non furono da meno e incassarono, in primavera, sonore batoste a seguito delle non azzeccate iniziative militari volute dal generale Robert Nivelle, comandante in capo dell’esercito transalpino, che usciva dai disastri di Verdun e della Somme negli ultimi mesi del 1916.

Eppure, nonostante la guerra e le catastrofi, alle porte di Parigi si correva un cross nazionale, denominato Criterium, i cui risultati per un pasticcio sul percorso, dopo la prova, furono annullati. Luc Vollard ci trasporta con il suo racconto al 1928, anno del primo vero e proprio campionato nazionale juniores. Solo una appendice: nel 1917 in Italia non si ebbero campionati nazionali di atletica causa il conflitto; inoltre, la corsa campestre stentò sempre a farsi spazio nel nostro Paese. Vale solo considerare che la Francia entrò nel «Cross des Nations» nel 1907, l'Italia la prima volta nel 1929, e solo nel 1965 la seconda! E, in più, la categoria juniores fu istituita solamente nel 1955.

Ringraziamo l’amico Luc e vi lasciamo alla lettura del testo francese, ma di facile comprensione anche per chi non ha studiato l’idioma di Voltaire.

 

Le 25 février 1917, l’USFSA proposa un critérium de cross à Colombes et la presse annonça que pour les juniors, ce serait le premier championnat de France. Les juniors des classes 18, 19, 20 et suivantes, allaient courir avec les seniors, mais une erreur d’orientation des leaders entraîna une grande pagaille et l’annulation des résultats. Il fallut attendre le 22 janvier 1928, cette fois-ci sous l’égide de la FFA, pour revoir des juniors au départ d’une course nationale, baptisée Critérium des Jeunes, à l’hippodrome de la Courneuve. Ces premiers championnats de France juniors, disputés dans le cadre du cross de l’Intran, proposaient une distance de 8,4 km, la même distance que le cross des as qui suivrait, aux 36 équipes engagées. 29 étaient des sélections régionales et 7 représentaient des clubs parisiens. Cinq individuels complétaient le peloton qui allait courir au son de la musique du 21e Régiment d’Infanterie Colonial.

Les commentaires allaient bon train pour savoir si l’on y détecterait la ou les futures vedettes de la spécialité. Après une longue ligne droite, c’est Robert Trapon, sociétaire de l’AS Montferrand dont l’entrainement était dirigé par l’ancien international de perche André Francquenelle, qui prenait déjà le commandement. Au troisième kilomètre, il se détachait avec le Lyonnais Daniel Gillot, lequel ne pouvait suivre longtemps tandis que Roger Rérolle, du SC Vichy, mais courant pour la Ligue du Centre comme Trapon, revenait aux avant-postes et prenait 80 mètres d’avance.

L’issue de la course ne faisait plus de doute et Trapon, qui avait déjà gagné le cross de l’Intran en 1927, finit par laisser Rérolle derrière lui, terminant très frais en 29’37’’, devant Rérolle, Gillot et un peloton de 164 classés. Par équipe, la Côte-d’Argent l’emporta avec une équipe très homogène, ses quatre premiers coureurs se situant entre la cinquième et la quinzième place. Des trois athlètes sur le podium, c’est Roger Rérolle qui fit la plus belle carrière, avec 10 titres nationaux, 20 sélections en équipe de France dont la victoire collective au Cross des Nations dès 1929. Daniel Gillot termina quatrième des championnats de France sur 1500 m en 1931 ce qui lui valut une sélection en équipe de France B contre la Suisse. Robert Trapon gagna de son côté un titre militaire en 1929 sur 1500 m, affronta la Finlande la même année sur 5000 m, côtoyant à cette occasion Paavo Nurmi et poursuivit sa carrière dans plusieurs clubs parisiens

Crédit photo : Match l’Intran – Trapon mène devant Rérolle

Note della redazione - Spiegazione di alcune sigle usate nel testo. USFSA sta per Union des sociétés françaises de sports athlétiques (fondata nel1890); FSFSF sigla della Federazione delle società sportive femminili francesi (1917); FFA, Fédération française d'athlétisme (1920), che ha festeggiato il secolo di vita con la pubblicazione di un bellissimo libro.

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 12 Gennaio 2023 18:13
 
Il «cross-country» all'inglese fa timidamente capolino anche al di qua delle Alpi PDF Stampa E-mail
Lunedì 09 Gennaio 2023 00:00

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Non son molti giorni fa, su questo stesso spazio, abbiamo titolato più o meno così: “Chi fu a vincere il primo cross dell’umanità?”. Riportammo un articolo di Bruno Bonomelli il quale, con la sua immaginifica scrittura, ci portò sotto le mura di Troia e in mezzo a campi con cacche di mucche su cui scivolavano i corridori. Il maestro (rigorosamente minuscolo) di Rovato aveva la capacità di scrivere di atletica come se stesse raccontando una favola ai ragazzini delle scuole elementari dove insegnava. Ma Bonomelli non raccontava solo storielle, si documentava, passò una gran parte della sua esistenza sui campi di gara, ma anche nelle biblioteche, nelle emeroteche, negli archivi dei giornali, in Italia e non solo. E così trovò un articolo del 1898, che – quasi sicuramente per la prima volta – descriveva, in italiano, la corsa campestre, importata dall’Inghilterra: il cross-country.

Oggi ci fa piacere regalare ai nostri lettori il piacere di osservare le due pagine originali del giornale che pubblicò quell’articolo. Se siete interessati, potete cliccare sopra e si apriranno in un formato leggibile. Dobbiamo questa chicca a Alberto Zanetti Lorenzetti, socio fondatore della nostra associazione, da qualche anno segretario-tesoriere, ricercatore instancabile. Alberto ci ha girato questi documenti, e per questo lo ringraziamo.

Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Gennaio 2023 20:12
 
Un anno di numeri del nostro sito ci conforta: c'è ancora chi vuol bene all'atletica PDF Stampa E-mail
Giovedì 05 Gennaio 2023 20:09

Oggi ci prendiamo licenza di parlare di noi, nel senso di Archivio Storico dell’Atletica Italiana “Bruno Bonomelli”. Niente storielle del nostro sport ma una banale esercitazione di matematica, con somme e divisioni. Sono i numeri del nostro sito, piccoli numeri, se confrontati con i milioni di «like» (li chiamano così) di bambole di plastica che esibiscono porzioni di natiche, o energumeni che gonfiano i muscoli, o mettono in mostra ripugnanti tatuaggi. Nell’Era dell’esibizionismo ad ogni costo, ad ogni prezzo, contro ogni buon gusto ed ogni sentimento, occuparsi di narrare storie pur piccole come quelle di uno sport, pare anacronistico. Ma a noi va bene così, abbiamo scelto una strada, ormai son quasi ventinove anni, pur in uno spazioso deserto culturale, e la percorriamo senza rincorrere chimere fatue, o sirene omeriche.

Riportiamo una frase captata in una recente intervista a Toni Servillo, attore di teatro e di cinema fra i più bravi. Tanto che il New York Times lo ha inserito nei migliori venticinque attori degli ultimi venti anni. A una domanda della intervistatrice Servillo ha risposto:” Da tempo mi chiedo cosa possa fare l’arte in questa epoca in cui si vive come disidratati nell’anima, sottomessi da un feudalesimo digitale dove i feudatari ci ordinano di cliccare, digitalizzare, smartizzare, cloudizzare, softerizzare…”. Lui parla di arte, ma vale lo stesso per noi nello sport.

Noi ci siamo scavati la nostra piccola nicchia, e ci fa piacere vedere che ci sono appassionati di atletica leggera che ci seguono con continuità sull’unico strumento informatico in cui ci esponiamo. Prima di passare ai numeri, ringraziamo coloro che, anche nel 2022, ci hanno seguito, sempre esprimendoci consenso con quel pollice alzato che ormai è una parola d’ordine. Ma prima di alzare il pollice, per favore amici, leggete, leggete, leggete, non fermatevi alla prima impressione, e, se dopo aver letto, il pollice si girerà in basso come all’epoca dei circenses nel Colosseo, per noi sarà ugualmente uno stimolo, a far meglio, a trovare altri argomenti, altre storie. E se vi piace ciò che facciamo, diventate cassa di risonanza del nostro sito, fatelo conoscere dentro i vostri club, ad altri amici cui piace l’atletica, e la vogliono conoscere meglio.

Ed ora i numeri. Nei dodici mesi del 2022 abbiamo contabilizzato 362 mila 069 contatti. Li abbiamo sezionati per mese e per semestre, e abbiamo fatto anche una media. Roba da scolaretti lontani dalla sufficienza in matematica.

Mese per mese: il più scarso, febbraio; il migliore, dicembre

gennaio 24.850; febbraio 21.168; marzo 22.902

aprile 32.401; maggio 30.750; giugno 30.259

luglio 31.320; agosto 30.098; settembre 32.693

ottobre 35.090; novembre 34.057; dicembre 36.381

Primo semestre: 162.430

Secondo semestre: 199.639

Media mensile dei contatti su dodici mesi: 30.172

Contatti complessivi aggiornati al 5 gennaio 2023: 2.750.193

Ultimo aggiornamento Giovedì 05 Gennaio 2023 20:16
 
1953 - 2023, son passati settanta anni, com'era l'atletica italiana a quel tempo? PDF Stampa E-mail
Mercoledì 04 Gennaio 2023 18:10

Ma come eravamo settant’anni fa? Ci siamo dovuti occupare dell’anno 1953 cercando notizie per differenti piccole ricerche, che poi proponiamo in questo spazio. La nostra base è stata, da un lato, la collezione di «Atletica», quindicinale della Federazione italiana, e, dall’altro, i quadernoni – proprio «oni» viste le dimensioni – di ritagli di giornali e articoli raccolti e annotati con meticolosa attenzione, e talvolta caustici commenti, da Bruno Bonomelli, documentazione di grande utilità per questo tipo di lavori retro. Visto anche che siano all’inizio del 2023, ci siamo allora proposti di conoscere più da vicino l’atletica italiana di settant’anni fa, anno che non fu molto impegnativo sul piano internazionale: i Giochi Olimpici di Helsinki erano alle spalle, i Campionati d’Europa si sarebbero celebrati l’anno dopo a Berna. All’epoca erano i soli due veri grandi eventi per il nostro sport. Si tennero invece, entrambi in agosto, i Campionati internazionali militari a Bruxelles, e la Settimana F.I.S.U. (così si chiamavano allora i Campionati universitari) a Dortmund.

Iniziamo la narrazione di quell’anno lontano sette decadi attraverso le fonti che abbiamo citato. Un lavoro che ci accompagnerà, di tanto in tanto, lungo tutto il corrente anno. Saremo grati a quanti vorranno integrare i nostri articoli con foto, documenti, ricordi di quel tempo. Al fine di evitare malintesi, chiariamo che non pubblichiamo sul nostro sito articoli che vengano da persone che non siano soci. Eventualmente, nel caso di materiale interessante, sarà rielaborato e contestualizzato dalla nostra redazione, citando la fonte.

Cominciamo dalla lettura del primo numero di «Atletica», che porta la data del 15 gennaio, Anno XIX (fu editata per la prima volta nel 1933). Direttore responsabile Giovanni Guabello, redattore capo Pasquale Stassano. Lo stampava la tipografia La Fiaccola, che teneva bottega al numero 70 di Borgo Pio, storica strada a ridosso del Vaticano, la cui edificazione è certificata da una Bolla Papale del 1565 di Pio IV, che ne fece iniziare la costruzione e per questo porta il nome di Borgo Pio.

Pezzo di apertura la pubblicazione integrale di una intervista concessa dal presidente della F.I.D.A.L., Bruno Zauli, al «Corriere dello Sport», e che era apparsa sul quotidiano romano qualche giorno prima. Il titolo dato dal foglio federale fu «Orientamenti tecnici – Allenamenti collegiali». Zauli esordì con questa affermazione: “In linea di principio non sono e non sono stato mai favorevole agli allenamenti collegiali. Cioè ritengo che gli atleti non debbano mai essere allontanati dal loro ambiente naturale, dagli usi e costumi della loro vita, tanto sportiva, quanto sociale, che va dal vitto al campo di esercitazione, dalla casa alle più diverse espressioni di abitudine e di conforto della propria giornata e della propria attività, compresa quella atletica. Tuttavia debbo ammettere e riconoscere che in taluni casi non si può fare a meno degli allenamenti collegiali. Quando si producono tali necessità non c’è che da ridurre il periodo collegiale al minor tempo possibile…”. L’intervistatore gli chiede a che necessità si riferisce. Risposta degna di monsieur de la Palisse: si tratta delle staffette nazionali:” O si ha la fortuna di poter prendere in blocco una squadra di Società – evenienza tanto difficile da rasentare l’impossibile – e vestirla di azzurro, oppure bisogna raccogliere dai vari centri i migliori staffettisti e affiatarli in un sufficiente periodo di allenamento…”. Staffette ma non solo, il resto della intervista ribalta completamente il postulato iniziale: ridurli al minimo, nossignori, degli allenamenti collegiali non si può fare a meno. Vuoi perché l’atleta non ha le condizioni per allenarsi nel suo paese, non ha impianti, oppure non ha un tecnico preparato che lo segue; eppoi ci sono i giovani sparsi in tutta Italia che abbisognano di “un controllo e di una ricognizione dei frutti che ogni stagione produce…”. Ergo: i raduni servono.

La prima pagina venne riempita con l’Ordine del giorno dell’ottavo Congresso nazionale della Federazione, in calendario domenica 15 febbraio nella sede del C.O.N.I. al Foro Italico. Si legge anche la prima parte di un altro lungo articolo, a firma Guido Vianello, sulla validità del Gran Premio dei Giovani, giunto alla quarta edizione. Vale la pena ricordare che in quegli anni non esisteva ancora la categoria juniores, mentre invece, nel 1951, era stata varata la legge sullo sport nella scuola e istituiti i Campionati studenteschi, che furono la vera fucina dell’atletica italiana per molti anni.

Giriamo pagina, la seconda: lasciamo perdere, completamente illeggibile, riservata al Gruppo Giudici Gare e riempita con centinaia di nomi di persone passate da una mansione ad un’altra, da Aspirante ad Effettivo, e via elencando. Si deve però mettere in conto che le quattro paginette federali servivano prevalentemente da bollettino per comunicare con le società per far conoscere decisioni, regolamenti, convocazioni, approvazione gare, insomma tutta la parte burocratica.

La terza pagina si apre con il titolo «Notiziario estero», e porta la firma prestigiosa di R.L. Quercetani (Roberto Luigi, lo sapete vero?), una collaborazione fra il sommo statistico e la Federazione, rapporto che durerà praticamente fino alla scomparsa dello scrittore fiorentino nel maggio del 2019. In questo spazio egli parlava dell’attività sudamericana, della tournée del primatista del mondo di salto triplo (16,22 ai Giochi di Helsinki) Adhemar Ferreira da Silva in Giappone; quindi largo spazio all’atletica del Continente australe, Nuova Zelanda e Australia; infine, fari sulla corsa campestre negli Stati Uniti, in particolare su quella universitaria, il cui campionato, a East Lansing, nel Michigan, fu vinto da uno studente italo-americano, Charlie Capozzoli. Due colonne riservate ai Comunicati federali con i passaggi di serie, che allora erano tre, passaggi che venivano sanciti automaticamente dai risultati conseguiti dagli atleti, i bravi nella Prima Serie e gli altri a decrescere. A chiusura, al piede, una tabella sull’attività femminile dal 1938 al 1952, con le medie delle prime dieci per ogni specialità. Salta subito agli occhi che dal ’38 al ’50 l’atletica delle donne rimase come pietrificata. Non poteva essere diversamente con cinque anni di scellerata guerra voluta dal regime fascista. Qualche segno di ripresa nel 1952.

A parte i «continua dalla pagina…», la quarta presenta finalmente una notizia di atletica-atletica. In un colonnino titola:” A San Paolo buona prova di Peppicelli». È l’esito della partecipazione di Giacomo Peppicelli alla Corrida de São Silvestre, affollatissima corsa su strada che si corre, l’ultima notte dell’anno, fin dal 1925, nel cuore della città paulista, idea poi imitata in ogni borgo, sobborgo e quartiere in ogni angolo del mondo. Il piccolo fondista umbro, nato a Moiano di Città della Pieve, ottenne un buon sesto posto, vinse lo jugoslavo Franjo Mihalić, che ripeterà il successo due anni dopo.  Qualche mese prima, inizio ottobre, a Zagabria, nell’incontro Jugoslavia-Italia, aveva rifilato un pesante distacco a Peppicelli, due minuti sui 10 mila metri (29’48”6 contro 31’47”2). Franjo non era uno qualunque: in Italia vinse tre volte la «Cinque Mulini», stesso bottino al «Giro al Sas» a Trento, fu medaglia d’argento nella maratona olimpica a Melbourne ’56 alle spalle del francese Mimoun. Si è spento nel 2015, a quasi 95 anni. Peppicelli fece un’altra gara in quella trasferta, sempre a San Paolo, il giorno della Epifania, stavolta in pista: fu secondo dopo il giapponese Onishi, tempo 15’22”3, non male visto il periodo della stagione.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 04 Gennaio 2023 18:52
 
Anno Nuovo 2023: prendiamo quello di buono che verrà, senza illuderci troppo PDF Stampa E-mail
Domenica 01 Gennaio 2023 00:00

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"Assieme ci auguriamo l'arrivo di un anno sopportabile". È la frase più bella che abbiamo ricevuto. Quell'aggettivo, «sopportabile», è leggero come una piuma per il nostro animo. In una società che fa sfoggio di un lessico imbarbarito, con un uso smodato, incompresibile, di un assurdo numero di punti esclamativi solo per dire semplicemente «auguri», quell'aggettivo è una preziosa rarità, un ossequio alla straordinaria poesia della lingua italiana. Quella frase è entrata nella nostra posta elettronica in arrivo dal nostro amico (e socio neofita) Marino, geologo, allenatore di pallacanestro, atleta dei 400 metri ad ostacoli, autore di documentatissime raccolte di dati sui club nei quali ha militato, ricerche originali che gli hanno richiesto tempo e impegno, come deve essere per chi fa ricerca. La facciamo nostra per invitare tutti coloro che ci seguono alla moderazione, a non lasciarsi andare a facili entusiasmi solo perchè chiamiamo il 2023 Nuovo Anno. Difficile immaginarsi qualcosa di nuovo guardando la follia del mondo. La follia di chi fa della guerra uno strumento per risolvere controversie. La follia di chi vuole riportare in auge immonde ideologie che speravamo sepolte per sempre. La follia di uno sport che sta sforzandosi di imitare il peggio dell'affarismo, dell'imbroglio; troppo spesso abbiamo dovuto fare i conti con ominicchi disonesti, prezzolati e comperati.

Allora cerchiamo un po' di serenità, e perchè no?, anche di speranza, immergendo lo sguardo nella foto scattata da un amico di Gargnano, Franco, che ama queste montagne gardesane, dove l'Archivio Storico dell'atletica Italiana «Bruno Bonomelli» tiene dimora ormai da parecchi anni, ospitato in una accogliente struttura privata, a Navazzo, mezza collina. Franco queste montagne, questi sentieri, li conosce centimetro per centimentro, pietra per pietra, albero dopo albero. Ha scattato questa foto pochi giorni fa, alla Malga Denervo, sul Monte Devervo, 1.463 metri, el Dènerf, come lo chiamano da quelle parti. L'augurio, in questo giorno 1 del 2023, è che il rossoarancio che domina la foto, sia foriero di positivi annunci per ciascuno di noi. Non si diceva una volta "rosso di sera, bel tempo si spera"?

Anche l'amico Gennaro, preferisce Rino, napoletano, ultimo del 2022 ad essere entrato a far parte della nostra famigliola del corri-salta-lancia, ci ha inviato qualcosa su cui riflettere, almeno oggi, prima di tornare alla quotidiana disattenzione. È una poesia di Johann Wolfgang von Goethe. La dedichiamo a tutti. 

A noi che siamo

tra il vecchio e il nuovo,

la sorte dona 

queste ore liete;

e il passato impone

d'aver fiducia

a guardare avanti

e a guardare indietro.

Ultimo aggiornamento Lunedì 02 Gennaio 2023 08:51
 
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